giovedì 26 luglio 2018
Pecunia non olet. Sembra essere questa la vera e unica stella polare della politica estera italiana. Della tanto decantata vocazione intermedia, quella che farebbe dell’Italia un attore capace di facilitare la risoluzione negoziale di crisi e conflitti, non restano che la retorica e il rimpianto, vista l’assoluta irrilevanza nei dossier di maggiore interesse per il Paese, dalla Libia alla Siria. Senza falsi moralismi, la dimensione economica delle relazioni internazionali riveste carattere fondamentale e certi compromessi con la dimensione etica fanno parte della realtà delle cose. Tali compromessi, tuttavia, rischiano di diventare molto pericolosi se si arriva al punto di vendere l’anima al diavolo. Ed è quello che l’Italia sta facendo con il Qatar.
Comprovato sponsor di estremismo e terrorismo (Fratelli Musulmani, Isis, Al Qaeda e milizie armate d’ogni sorta), destabilizzatore di interi quadranti regionali (dal Golfo al Medio Oriente e Nord Africa con la cosiddetta Primavera Araba), sodale di Stati altrettanto canaglia quali la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan e l’Iran del regime khomeinista: il Qatar e i suoi governanti meriterebbero la condizione di paria della comunità internazionale, non meno della Corea del Nord e dei suoi dittatori di turno. Eppure, pecunia non olet è l’unico parametro che conta ed ecco l’Italia mettersi al servizio del clan di Tamim bin Hamad al-Thani e del suo sistema di potere.
Con la diarchia Renzi-Alfano e poi Gentiloni, Doha ha potuto “invadere” il sistema-Italia con i suoi petrodollari, mettendo le mani sul settore pubblico e privato, e assoldando uomini chiave nelle istituzioni, nel mondo della politica e in altri ambiti strategici. L’obiettivo è rendere l’Italia uno stato vassallo, inondando la rete di “photo opportunity” con cui uscire, almeno virtualmente, dall’isolamento internazionale conseguenza delle misure sanzionatorie comminate dal quartetto arabo antiterrorismo.
Il gran cerimoniere dei sorrisi, delle strette di mano e dei tappeti rossi riservati agli esponenti del Qatar risiede a Doha ma ha la valigia pronta per tornare a Roma, dove punta a incarichi ancor più prestigiosi, come Alto consigliere diplomatico e volto aggiunto della politica estera italiana. È lui l’uomo che tuttora garantisce continuità all’intreccio tra il tricolore e la bandiera del Qatar sullo sfondo blu stellato dell’Unione europea.
Quello faticosamente insediatosi non doveva essere il governo del cambiamento? Eppure il neo primo ministro Giuseppe Conte non ha fatto attendere a lungo il vice premier e ministro degli Esteri del Qatar, ricevendolo pochi giorni dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi. Mentre il business as usual sull’asse Doha-Roma prosegue senza ostacoli, così come il rafforzamento della Fratellanza Musulmana in seno alla comunità islamica in Italia.
di Souad Sbai