Nikki Haley: un terremoto all’Onu

giovedì 28 dicembre 2017


È su tutte la pagine dei principali quotidiani americani, di lei circolano decine di video, dichiarazioni e immagini sui social network internazionali. Stiamo parlando di Nikki Haley, la rappresentante diplomatica alle Nazioni Unite, celebre per aver “rotto” una linea di silenziosa subordinazione alle - sempre più frequenti - contraddizioni provenienti dal Palazzo di Vetro.

Nikki Haley è stata scelta da Donald Trump per rappresentare gli Stati Uniti d’America all’interno della più importante organizzazione internazionale, all’inizio del 2017. Nata da una famiglia indiana sikh, Nikki (nata Nimrata Dandhawa), è figlia di due immigrati trasferitisi prima in Canada e poi negli Stati Uniti: il padre, professore universitario, e la madre, insegnante e imprenditrice. Nikki inizia la carriera politica poco più che trentenne, quando viene eletta rappresentante del Congresso nel collegio di Lexington, in Sud Carolina. Pochi anni dopo diventa governatrice del Sud Carolina e rieletta per un secondo mandato nel 2014.

Una carriera che non passa inosservata nel nuovo Partito Repubblicano di Trump, a caccia di volti “di rottura” e - lo si consenta - anche un po’ televisivi. I video della Haley sono ormai celebri: risoluta, severa, ma mai indisponente, l’Ambasciatrice americana scandisce ai microfoni dell’Onu tutte le contraddizioni su Israele, Corea del Nord, e sulle violazioni dei diritti umani di Paesi musulmani.

È difficile ricordare il nome o il volto di un rappresentante della missione permanente alle Nazioni Unite. Ma oggi, dopo 72 anni, gli Stati Uniti hanno finalmente una loro bandiera al Palazzo di Vetro. E c’è già chi pensa ad un futuro da Segretario di Stato, o, perché no, da presidente degli Stati Uniti. D’altronde Nikki Haley è politicamente perfetta: giovane, ma non acerba, bella, ma non appariscente, intelligente, carismatica, e rappresenta il sogno americano di una self-made-family.

Per ora il suo compito, ben riuscito, è quello di sollevare il grande velo di ipocrisia che copre i vecchi - e lodevoli - scopi e obiettivi delle Nazioni Unite. Tra questi, promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Un obiettivo oggi sacrificato per ragioni politiche e per la sempre maggiore influenza dei Paesi dell’area araba: sempre più importanti, e sempre meno liberi. E chissà che non potrà essere proprio una donna a cambiare la storia della diplomazia internazionale.


di Elisa Serafini