venerdì 27 ottobre 2017
Ho appena saputo che è stata insignita del titolo di “Giusta tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, il Museo e Centro Studi dell’Olocausto con sede a Gerusalemme. Le faccio le mie più sincere congratulazioni per questa importante onorificenza! La motivazione è che Lei, assieme al Suo defunto marito Kazimierz - anch’egli insignito dello stesso titolo, postumo - salvaste la vita di Sonia Berkowicz, una giovane ebrea polacca, durante il periodo più buio della Storia dell’Uomo, l’Olocausto. Sonia era la figlia di una coppia di vostri amici. Non ho mai avuto il privilegio di poterla conoscere, ma ho letto e riletto l’articolo su di Lei pubblicato sul quotidiano israeliano Haaretz, e mi sono ritrovato a fissare la foto che La ritrae nella sua casa di Gdynia in Polonia, alla vigilia del Suo centesimo compleanno, nell’atto di ricevere il certificato da un diplomatico israeliano. Nell'osservarla, cercavo di capire cosa La spinse ad agire, cosa La portò a rischiare la vita per proteggere quella di qualcun altro.
Francamente, sono rimasto stupito. Dire che l’occupazione nazista della Polonia fu brutale e spietata è un eufemismo. L’intera popolazione della Polonia era marcata per essere ridotta in schiavitù e annientata dal Terzo Reich, eppure mentre Lei e la Sua famiglia eravate in pericolo, avete deciso di moltiplicare il rischio accogliendo una giovane ragazza ebrea. Fu un atto che vi avrebbe portati immediatamente in un campo di concentramento, se non addirittura fucilati sul posto. Inutile aggiungere quale sarebbe stato il destino di Sonia in quel caso. I genitori ed i fratelli di Sonia furono uccisi dai tedeschi, ma lei riuscì a salvarsi grazie al Suo coraggio, grazie al fatto che Lei vide in Sonia qualcuno che meritava una chance di rimanere in vita; perché Lei sapeva che la nostra comune umanità va affermata e non sacrificata, qualunque cosa stia accadendo intorno a noi. C’è chi dice che viene data troppa attenzione verso coloro che tentarono di proteggere gli ebrei, perché distorce la realtà del periodo storico. Dopotutto, se gli individui virtuosi erano così pochi, perché esagerarne l’importanza, creando un’immagine distorta del loro ruolo? Io la penso esattamente all’opposto. Dobbiamo dargli più importanza.
Secondo l’articolo di Haaretz, lo Yad Vashem ha onorato 26.513 persone per il loro coraggio nel salvare gli ebrei. Uno quarto degli insigniti sono polacchi. Come sappiamo, alla vigilia della Seconda guerra mondiale la Polonia aveva la più alta concentrazione di popolazione ebraica in Europa. Il dieci per cento della popolazione polacca era di origine ebraica, e a Varsavia, la capitale del Paese, circa un terzo dei residenti era ebreo.
È vero anche che considerata la popolazione europea dell’epoca, il numero di persone che salvarono gli ebrei dallo sterminio è minuscolo, anche considerando il fatto che alcuni di loro non sono stati mai giunti all’attenzione ai curatori del Museo, e anche aggiungendovi coloro che fecero parte degli sforzi nazionali per salvare gli ebrei, come accadde in Albania, Bulgaria, Danimarca e Finlandia.
Ma è proprio perché gli eroi sono così pochi – e di veri eroi si trattava, anche se questa parola oggi è vergognosamente inflazionata e svalutata – che dobbiamo capire cosa li ha spinti ad agire, e cosa possiamo sperare di imparare dal loro esempio. A essere sinceri, quanti di noi, trovandoci in circostanze simili, faremmo quello che fecero la signora Cybulska e suo marito, sapendo bene che la conseguenza sarebbe stata la morte nostra e anche quella dei nostri stessi figli? Speriamo di non dover mai conoscere la risposta. Eppure il Suo lascito dovrebbe vivere non solo attraverso Sonia e la sua famiglia, che riuscì miracolosamente a creare dopo la guerra, e non solo attraverso la lodevole aggiunta del suo nome all’elenco dello Yad Vashem, ma anche perché il Suo esempio dovrebbe servire almeno come ispirazione per tutti noi a mirare più in alto e mostrare più compassione verso i più deboli tra noi. Le parole sono inadeguate per esprimere la gratitudine e l’ammirazione nei Suoi confronti, per aver affermato la vita nel mezzo di tanta morte e distruzione. Mi auguro che tutti noi riusciremo ad imparare dalla Sua storia, e che potremo essere degni del dono di umanità che ci è stato dato, nella nostra unica chance di vivere la vita così come dovrebbe essere vissuta.
(*) Ceo dell’American Jewish Committee
di David Harris (*)