Catalogna, bufera sul ministro indipendentista

martedì 4 luglio 2017


Il governo di Madrid lo ripete giorno dopo giorno, molti in Catalogna lo pensano, o lo temono, ma per la prima volta oggi un ministro dello stesso governo secessionista del presidente Carles Puigdemont ha ammesso che il referendum sull’indipendenza della Catalogna annunciato per il 1 ottobre potrebbe “probabilmente” non farsi. Il ministro regionale per l’Imprenditoria e l’Occupazione Jordi Baiget del partito PDeCAT di Puigdemont è stato la prima personalità indipendentista ad ammettere che lo stato spagnolo - che ha dichiarato il referendum illegale e promesso di impedirlo - “è troppo forte”. Ed ha innescato una bufera.

Malgrado gli ostacoli che Madrid accumula sul percorso verso il referendum, finora il mantra di tutti i leader secessionisti da Puigdemont in giù è stato un granitico “il primo ottobre si voterà”. Baiget - di cui molti hanno chiesto le dimissioni - a sorpresa ha dato voce ai dubbi che serpeggiano nel fronte indipendentista. La strategia messa in campo dal premier spagnolo Mariano Rajoy fondata sulla costituzione del 1978 - adottata nella transizione fra franchismo e democrazia - che sancisce l’intangibilità del territorio dello Stato, per ora ha funzionato, con l’appoggio della Corte Costituzionale.

Sono scattate inchieste di polizia e magistratura su ogni mossa in preparazione del “referendum illegale”: leader secessionisti come l’ex-presidente Artur Mas sono stati condannati per “disobbedienza” per il referendum consultivo del 2014, la presidente del Parlament Carme Forcadell è indagata, Puigdemont diffidato. Madrid minaccia di processare ministri, funzionari o aziende che collaborino al referendum. L’asta per la fornitura delle urne così è andata a vuoto. Grazie all’art. 155 della costituzione, Rajoy potrà destituire Puigdemont, prendere il controllo della polizia catalana, fare recintare i seggi. Comuni governati dai partiti antisecessione negano locali e personale per il voto.

Il rischio, sottolinea Baiget, è che l’1 ottobre non ci sia un referendum vincolante ma solo “qualcosa di simile” a quello del 2014. La strategia della terra bruciata di Madrid, rileva l’analista Jordi Juan - Puigdemont per ora non ha urne né schede, i funzionari sono intimiditi - è efficace, e il governo catalano ha “enormi difficoltà per organizzare il referendum”. Questo malgrado il fronte indipendentista stia “vincendo la battaglia dell’opinione” interna e mondiale. Due autorevoli quotidiani internazionali, New York Times e Financial Times, hanno chiesto a Rajoy di permettere alla Catalogna di pronunciarsi, come hanno fatto Scozia o Quebeq. Un sondaggio Gad3 per La Vanguardia indica che almeno il 54% dei catalani vuole votare. Ma solo il 12% per ora crede che alla fine ci sarà davvero l’indipendenza.


di Redazione