Palestinesi di Siria: un anno di uccisioni

martedì 7 febbraio 2017


Il 2016 è stato un anno difficile per i palestinesi. È stata dura non solo per quei palestinesi che vivono in Cisgiordania, sotto il regime dell’Autorità palestinese (Ap) o sotto Hamas, nella Striscia di Gaza. Quando gli occidentali sentono parlare di “situazione difficile” o di “sofferenza” dei palestinesi, immediatamente presumono che si parli dei palestinesi della Cisgiordania o della Striscia di Gaza. Raramente la comunità internazionale sa quello che accade ai palestinesi nei Paesi arabi e questo perché è difficile accusare Israele delle loro sofferenze.

La comunità internazionale e i giornalisti mainstream sono a conoscenza solo di quanto accade ai palestinesi che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Naturalmente, la vita sotto l’Autorità palestinese e Hamas non è una passeggiata, anche se questa scomoda verità potrebbe essere piuttosto sgradevole da sentire per i giornalisti occidentali e le organizzazioni per i diritti umani.

Ad ogni modo, i media mainstream sembrano preferire chiudere un occhio sulla difficile situazione dei palestinesi che vivono nei Paesi arabi. Questa inadempienza danneggia innanzitutto gli stessi palestinesi e consente ai governi arabi di portare avanti le loro politiche di persecuzione e repressione.

Negli ultimi anni, i palestinesi residenti in Siria sono stati protagonisti di storie orribili. Ma dov’è l’attenzione mediatica per i palestinesi di questo Paese martoriato dalla guerra? Essi vengono uccisi, torturati, imprigionati e fatti sfollare. E l’Occidente sbadiglia. A Gerusalemme e Tel Aviv, sono centinaia i giornalisti stranieri che si occupano di Medio Oriente. Eppure, si comportano come se i palestinesi vivessero solo in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Non hanno alcun desiderio di recarsi in Siria o in altri Paesi arabi per parlare dei maltrattamenti e degli abusi perpetrati dagli arabi contro i loro fratelli palestinesi. Per questi giornalisti, gli arabi che uccidono e torturano altri arabi non fanno notizia. Ma quando i poliziotti israeliani sparano e uccidono un terrorista palestinese che alla guida di un camion si lancia contro un gruppo di soldati uccidendoli e ferendoli, i reporter occidentali si precipitano a casa dei familiari dell’attentatore per intervistarli e offrirgli la possibilità di esprimere la loro opinione. Ma i palestinesi di Siria sono meno fortunati. Nessuno gli chiede cosa ne pensano della distruzione delle loro famiglie, delle loro comunità e della loro vita. E soprattutto non lo fanno le centinaia di corrispondenti che lavorano nella regione.

Secondo recenti reportage pubblicati da un certo numero di media arabi, “nel 2016, numerosi palestinesi residenti in Siria sono stati uccisi, torturati e sfollati. L’anno scorso è stato un inferno per questi palestinesi e le gravi conseguenze non saranno cancellate per molti anni a venire. Nel 2016, i palestinesi di Siria sono stati sottoposti alle più crudeli forme di tortura e privazione da parte di bande armate e dal regime siriano al potere. È difficile trovare una famiglia palestinese in Siria che non sia stata colpita”.

Secondo questi articoli, le autorità siriane nascondono i corpi di più di 456 palestinesi che sono morti sotto tortura in carcere. Nessuno sa esattamente dove si trovino i cadaveri o per quale motivo le autorità siriane si rifiutino di consegnarli ai familiari.

Ancor più inquietanti sono le notizie secondo le quali le autorità siriane espiantano gli organi dei palestinesi morti. Le testimonianze raccolte da alcuni palestinesi rivelano che una banda collegata al governo siriano commercia gli organi delle vittime, compresi donne e bambini. Altri 1100 palestinesi sono rinchiusi nelle prigioni siriane dall’inizio della guerra, più di cinque anni fa. Le autorità siriane non forniscono statistiche per quanto riguarda il numero dei prigionieri e dei detenuti né consentono ai gruppi per i diritti umani o al Comitato internazionale della Croce Rossa di visitare le prigioni e i centri di detenzione.

Nel rapporto più recente sul dramma dei palestinesi di Siria si legge che 3.420 palestinesi (455 dei quali sono donne) sono stati uccisi dall’inizio della guerra. Il report, pubblicato dal Gruppo di Azione per i Palestinesi in Siria rivela inoltre che circa 80mila palestinesi sono fuggiti in Europa, 31mila in Libano, 17mila in Giordania, 6mila in Egitto, 8mila in Turchia e mille nella Striscia di Gaza. Secondo il rapporto, 190 palestinesi sono morti per malnutrizione e mancanza di cure mediche, perché i campi profughi e i villaggi in cui risiedono sono sotto assedio da parte dell’esercito siriano e di gruppi armati.

Allarmati dall’indifferenza della comunità internazionale verso la loro tragedia, i palestinesi di Siria ricorrono ai social media per fare sentire la loro voce, nella speranza che i decisori politici occidentali o il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ossessionati come sono dagli insediamenti israeliani, possano prestare attenzione alle loro sofferenze. L’ultima campagna lanciata sui social media, intitolata “Dove sono i detenuti?”, fa riferimento al destino sconosciuto di quei palestinesi che sono scomparsi dopo essere stati arrestati dalle autorità siriane. Gli organizzatori della campagna hanno rivelato che, negli ultimi anni, cinquantaquattro minori palestinesi sono morti sotto tortura nelle carceri siriane e centinaia di prigionieri e detenuti sono dispersi, dopo essere stati arrestati.

Da un altro report è emerso che dall’inizio della guerra civile oltre l’ottanta per cento dei palestinesi che vivono in Siria ha perso il lavoro e la propria attività. Inoltre, molti minori palestinesi sono stati costretti a lasciare la scuola e cercare lavoro per sostenere le loro famiglie.

Eppure, per la comunità internazionale e i media occidentali, questi dati e rapporti sono quantomeno noiosi. Ai Paesi arabi non importa nulla dei palestinesi residenti in Siria che vengono uccisi, torturati e che muoiono per la fame. Nel mondo arabo, le violazioni dei diritti umani non fanno notizia. Quando un Paese arabo rispetta i diritti umani, allora sì che questo fa notizia.

La leadership palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è anche cieca alle sofferenze della sua popolazione che risiede nel mondo arabo, in particolare in Siria. Questi cosiddetti leader sono troppo occupati ad afferrarsi per la gola politicamente per preoccuparsi del benessere della loro popolazione, che è soffocata sotto i regimi antidemocratici e repressivi dell’Autorità palestinese e di Hamas. Questi leader si preoccupano più dell’intenzione del presidente Donald Trump di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme che della loro popolazione. Nelle ultime due settimane, Mahmoud Abbas e i suoi funzionari non hanno perso occasione per dire che il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme innescherebbe tensioni in Medio Oriente. L’uccisione, la tortura e la rimozione dei palestinesi nei Paesi arabi sembrano non attirare la loro attenzione.

Resta da vedere se il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite rivedrà le sue priorità e indirà una riunione d’emergenza per discutere della campagna omicida contro i palestinesi in Siria. Forse questa emergenza prevarrà sulla questione della “costruzione degli insediamenti”, come argomento meritevole di una condanna mondiale.

(*) Gatestone Institute

(**) Nella foto: palestinesi che fuggono dal campo profughi di Yarmouk, nei pressi di Damasco, dopo i duri combattimenti del settembre 2015 (fonte dell’immagine: Rt video screenshot).

Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Khaled Abu Toameh (*)