mercoledì 1 febbraio 2017
Una misteriosa lettera di Donald Trump ad Abu Mazen. Di generiche “rassicurazioni” che l’ambasciata americana in Israele non sarà spostata a Gerusalemme. Qualche giorno fa sul quotidiano saudita stampato a Londra, “Asharq al-Awsat”, sono comparsi un articolo, uno scoop, con tanto di editoriale di appoggio, che sosteneva questa ardita tesi. Ma nei giorni successivi nessuno ha parlato più di quella che sembra, se non una bufala, quanto meno una cosiddetta “post-verità” della propaganda palestinese contro Israele e contro gli stessi Stati Uniti.
Più precisamente nell’articolo del 25 gennaio si faceva riferimento a questa fantomatica “risala” (che vuol dire in arabo sia lettera sia messaggio) privata scritta da Trump in persona e inviata proprio al leader dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) per promettergli che l’ambasciata americana sarebbe rimasta a Tel Aviv. Lettera più volte citata nell’articolo e nell’editoriale ma da cui neanche un virgolettato era stato estrapolato. Leggendo nel dettaglio i due pezzi si parlava poi di “hadith”, che nel contesto si può tradurre con “voci”.
Insomma, anche la stampa araba “liberale”, così viene definito il quotidiano saudita stampato a Londra e dall’inconfondibile colore verde della prima pagina, ha iniziato una politica fatta di “rumors” e di retroscena. Neanche fossero venuti a scuola in Italia da “Repubblica” o dal “Corriere della sera”. La verità, tanto, quando viene fuori, arriva sempre troppo tardi rispetto ai titoli che permette di fare la post-verità.
Va detto che nei giorni seguenti, dopo che lo stesso Trump aveva iniziato ad applicare alla lettera, e in certi casi brutalmente, le promesse del proprio programma elettorale, nessun giornale, neanche di quelli ufficiali dell’Anp, ha più ripreso la notizia. E tantomeno se ne è parlato su Al Jazeera o in altri media arabi.
La rivelazione che aveva permesso lo “scoop” al quotidiano saudita, d’altronde, era, come vuole la scuola delle bufale, anonima e interna all’Autorità Nazionale Palestinese. Né era indicata la maniera in cui questa lettera fosse arrivata ad Abu Mazen. Ma la prova che fosse arrivata, sempre secondo la fonte anonima dell’Anp, sarebbe consistita nel fatto che “tuttavia c’è grande soddisfazione in queste ore a Ramallah”.
Insomma, avrebbero fatto festa per una lettera di generiche rassicurazioni che nessuno ha mai visto.
Ora, a parte le analogie che fanno ricordare la lettera di Totò e Peppino alla “malafemmina” di cui all’omonimo film, sembra assai strano che uno come Trump, che pensa e agisce come lui, abbia scritto di proprio pugno un messaggio diplomatico diretto a un leader come Abu Mazen che di sicuro non rientra nelle grazie del nuovo presidente. Magari un giorno verrà fuori che l’aveva scritta Barack Obama prima di lasciare la Casa Bianca. O magari la post-verità palestinese verrà coperta con un velo di carità di patria.
di Rocco Schiavone