giovedì 19 gennaio 2017
Donal Trump rottama la Ue? Strano, pensavo che l’Europa avesse deciso di suicidarsi da sola fin dall’introduzione dell’Euro, lavorando ai fianchi la crescita dei Paesi membri sudisti, stroncati dalla ghigliottina dell’Austerity, del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio. Tutti lì pronti a inveire contro il roboante Trump (che dice ciò che pensano centinaia di milioni di cittadini in Occidente), dimenticandosi che gli States sono federati da centinaia di anni e che noi, dal 1957 a oggi, per colpa solo nostra, non abbiamo fatto un solo passo verso l’unione politica e finanziaria. Vogliamo parlare di difesa comune, già affossata dagli egoismi nazionali (e francesi, in particolare)? Quanti eserciti e ministeri della Difesa ci sono nel nostro malconcio club dei “28”? E diciamola tutta, alla Trump, quante greppie nazionali si muovono nell’ombra affinché le cose rimangano tali? Quali interessi corporativi fanno sì che vengano tenute in piedi industrie decotte degli armamenti, che assorbono molte più risorse di Pil di quante ne sarebbero necessarie per finanziare un vero esercito europeo, traendo per di più immensi benefici dalla ricerca avanzata e dall’utilizzo a fini civili di tecnologie sviluppate in ambito militare? Chiediamoci: perché l’America riesce a farlo e noi no? È colpa del martello se noi ci pestiamo da soli le dita?
Direte voi: ma è stata proprio l’America, con il suo Piano Marshall e con la Nato monopolizzata dagli Usa, a tenerci al palo impedendoci di camminare da soli per la strada dell’autosufficienza militare. Ma se così fosse, allora come non gioire del “Tana libera tutti” di Trump? Forse perché all’inizio l’autonomia ci costerebbe un po’ di più di ieri, quando a pagare era quel “Pantalone” dello zio Sam? E secondo voi lo faceva gratis, oppure per mantenere saldi i suoi sogni da superpotenza? Altra questione dolente: se Trump dovesse chiudere l’ombrello militare americano che fa scudo all’Europa allora Vladimir Putin dilagherà facendoci fare la fine della Georgia? A parte l’immensa ignoranza geostrategica che questo ragionamento comporta, vorrei dire sommessamente che qualcuno, anche qui da noi, ha sempre di riserva un arsenale nucleare di difesa, utile a dissuadere il rinnovo di pratiche desuete del passato. Ma qui voglio fare un paio di serie considerazioni rispetto a Putin e ai presidenti democrat americani.
La prima riguarda la determinazione di Mosca nell’intervenire in modo deciso nella guerra civile siriana, dicendo chiaramente una cosa: nessuna nazione cristiana ha mai osato da secoli schierarsi contro l’Islam radicale e le sue milizie armate. Si accusa Mosca di aver fatto molte vittime tra i civili a causa dei suoi bombardamenti indiscriminati. Vero, stando alle fonti Onu. Ma la bilancia è sempre formata da due piatti, quanti morti dello stesso tipo hanno causato le guerre americane in Medio Oriente e in Afghanistan dal 2001 in poi? Qualcuno le ha calcolate? Ancora: Putin sostiene l'arcinemico Iran - che non ha mai cessato di inseguire il sogno del nucleare militare - contro il resto dei Paesi arabi produttori di petrolio, nostri alleati. Vero, ma che cosa dire dell’Arabia Saudita e degli Emirati, che hanno nutrito, allevato e armato il volto peggiore e il più feroce della guerra jihadista contro l’Occidente? Perché a tutti costoro non abbiamo mai dato la lezione che meritano, in termini sia militari che di sanzioni economiche? A causa del petrolio? Ma davvero? La cristianissima Russia ne ha in abbondanza, per noi e per loro, di energia da ricavare dai suoi immensi giacimenti; eppure, contro di lei abbiamo decretato un embargo economicamente suicida per le nostre economie!
E perché tutto ciò è accaduto? Ancora una volta per seguire le mire delle varie presidenze statunitensi, loro sì che possono essere accusate di aver spregiudicatamente armato e appoggiato le peggiori milizie dell’Islam radicale, generando il mostro dell’Isis grazie all’invasione dell’Iraq e a una pessima gestione dell’occupazione militare, nelle terre islamiche dove erano presenti eserciti occidentali. La seconda considerazione è la seguente: possibile che debba essere l’America di Trump a fermare per l’ennesima volta (stavolta in modo “pacifico”, dato che la guerra è di tipo economico-commerciale) le mire espansionistiche della Germania riunificata? Ricordiamolo, per cortesia: una moneta unica è il simbolo e la sintesi identitaria di un popolo; il dollaro lo è, l’Euro no. L’Euro è e resta una moneta germanica. Dovremmo, quindi, per coerenza, invitare Angela Merkel a riprendersi il Marco e noi a ricominciare da tre, assieme a chi ci sta, garantendoci una ben diversa flessibilità monetaria. Primum vivere. Ricordiamocelo!
di Maurizio Bonanni