Aleppo, ultimo atto

sabato 7 maggio 2016


Da febbraio i soldati di Assad, appoggiati dai miliziani di Hezbollah, hanno sferrato una micidiale offensiva, con artiglieria pesante e bombardamenti aerei, contro le forze ribelli e i jihadisti che ancora occupano alcune zone della città di Aleppo. A dare man forte ai reparti di Assad ci sarebbero anche unità di élite dell’esercito russo. I morti, moltissimi civili, sono già migliaia. I bombardamenti hanno distrutto quel poco che restava ancora in piedi, dopo anni di combattimenti, e non hanno risparmiato neppure i pochissimi ospedali che erano ancora funzionanti.

Aleppo, che prima della guerra era una città bellissima, con una storia ultra- millenaria e una popolazione che contava quasi due milioni di abitanti, più della stessa capitale Damasco, era stata l’epicentro delle proteste anti-regime scoppiate nel maggio del 2011, con la “Primavera araba”; Assad aveva reagito con efferata durezza, inviando l’esercito a reprimere nel sangue i manifestanti ed era stata la miccia dello scoppio della guerra civile. Aleppo divenne il simbolo della ribellione e luogo di feroci combattimenti, con le forze ribelli sostenute in soldi, equipaggiamenti e istruttori militari da Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Agli schieramenti contrapposti pro e contro-Assad, si erano poi aggiunti i jihadisti dell’Esercito Islamico, gli estremisti vicini ad Al Qaeda del Fronte Al-Nusra e anche gli indipendentisti curdi del Pyd. La storia degli ultimi cinque anni di Aleppo è diventata la storia stessa del conflitto civile che ha distrutto la Siria e provocato l’ondata di milioni di profughi.

In questi frangenti ad Aleppo si combatte la battaglia decisiva che, secondo molti, deciderà le sorti stesse della guerra. Per la verità le armi stanno tacendo e lo faranno ancora per qualche ora, secondo la tregua, fragilissima, che hanno concordato le parti, su pressione internazionale, per evacuare i feriti civili. Tutti però temono che i combattimenti riprendano da un momento all’altro, perché Aleppo ha una enorme importanza strategica per tutte le parti in lotta. Assad e i suoi alleati sanno che conquistando la città verrebbe eliminata ogni possibilità di approvvigionamento, in particolare la rotta dalla Turchia, per le forze ribelli, che sarebbero dunque destinate a soccombere in poco tempo. I ribelli, a loro volta, i “moderati” sui quali puntavano Arabia Saudita, Qatar e Turchia, devono resistere a tutti costi, pena la disfatta totale e 1 la fine di un sogno. I curdi del Pyd (Democratic Union Party) cercano di approfittare della confusione per occupare una fascia di terreno tra le città di Afrin, Kobane e Jazeera e creare una zona indipendente curda a ridosso del confine con la Turchia. I jihadisti dello Stato islamico sentono ormai la pressione sulla loro capitale siriana, Raqqa, e sono pronti alla guerra finale, costi quel che costi.

Il Fronte Al-Nusra, il ramo siriano di Al-Qaeda, ad Aleppo potrebbe riprendere vigore e rioccupare spazio, sostituendosi ai seguaci del Califfo Al-Baghdadi. E poi si aggiungono le potenze straniere coinvolte direttamente o indirettamente nei combattimenti: i russi, gli iraniani insieme agli hezbollah, i mercenari afghani, pakistani e iracheni, a combattere fianco a fianco con i soldati di Assad. I ribelli possono contare sul sostegno dei sauditi, del Qatar e soprattutto dei turchi, per i quali la battaglia di Aleppo ha una valenza fondamentale: Erdogan ha chiesto ai suoi ufficiali sul campo di fare di tutto per evitare che i soldati di Assad, i curdi del Pyd e i jihadisti del Califfato possano occupare l’ultima zona ancora in mano ai ribelli, sul confine turco-siriano.

Gli ordini perentori del presidente turco ai suoi militari sarebbero stati uno dei motivi di attrito e delle conseguenti dimissioni del primo ministro Davitoglu. Americani ed europei, infine, sembrano stare alla finestra, anche se Washington ha autorizzato recentemente la fornitura di nuovi equipaggiamenti militari ai ribelli anti-Assad e diversi osservatori militari statunitensi sarebbero dislocati intorno alla città. Le prossime ore ad Aleppo ci diranno se la guerra in Siria è arrivata al capitolo finale.


di Paolo Dionisi