Italia porto dei mullà?

martedì 12 aprile 2016


Un scarno comunicato - forse per prudenza? - di Palazzo Chigi annuncia la visita, oggi e domani, del presidente del Consiglio Matteo Renzi in Iran. È la prima visita di uno statista occidentale di questo livello in Iran dopo l’accordo nucleare dei 5+1 con il regime teocratico. La Deutsche Bank ha caldamente sconsigliato la Merkel di precipitarsi a Teheran. La visita di Rouhani a Vienna, prevista per il 30 marzo, è stata annullata da Teheran per paura della manifestazione dell’opposizione iraniana, i Mojahedin del popolo, che le autorità austriache, nonostante le pressioni del regime, non hanno voluto cancellare.

La visita di Renzi avviene nel bel mezzo di una nuova mobilitazione dei pasdaran in Siria, dei test missilistici in violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu e del sequestro di tre navi iraniane in acque internazionali che portavano armi agli houthi nello Yemen, in barba alle risoluzioni dell’Onu. Per non citare le esecuzioni capitali che, secondo il relatore speciale dell’Onu, nel 2015 sono state le più alte degli ultimi 25 anni. Durante la presidenza del “moderato” Rouhani, dall’agosto 2013, in Iran sono state impiccate almeno 2500 persone. Il presidente del Consiglio dei ministri del Paese pioniere contro la pena morte può allegramente ignorare tali e gravi violazioni dei diritti umani e internazionali? Un governo democratico può ignorare il fatto che il regime iraniano rimane lo sponsor principale del terrorismo internazionale? I politici italiani sapranno dire qualche no?

In questi giorni abbiamo ricevuto lettere scritte dai prigionieri politici in Iran che non esprimono neanche più delusione o sorpresa per la nefasta politica di appeasement nei confronti degli assassini del popolo iraniano; manifestano la loro rabbia perché i governanti occidentali, in balia delle lobby, stanno calpestando i loro stessi valori e princìpi a danno della popolazione iraniana. Una persona mediamente informata, a parte i buontemponi sensibili alla voce del padrone, non può non sapere che il regime integralista iraniano è la fonte principale della crisi del Medio Oriente e che il regime iraniano fa parte del problema e non della soluzione. Basta guardare alle centrali delle crisi in Siria, Iraq e Yemen, dove appunto è massiccia la presenza del regime iraniano. Non a caso, mentre Barack Obama rassicura i Paesi arabi dell’addomesticamento del regime di Teheran, quelli quasi unanimi ripetono che il regime iraniano è il principale pericolo nella Regione. Come dargli torto. Il regime iraniano è in una guerra perpetua, innanzitutto contro il popolo iraniano e poi contro chi capita e se lo possa permettere. Ogni vacua promessa di cambiamento è per riprendere il fiato e ricominciare. Il regime teocratico iraniano non vuole né può cambiare. Non a caso i pionieri del sedicente riformismo sono Rafsanjani e Rouhani, personaggi da sempre in prima linea nella politica aggressiva e sanguinaria del regime islamico. La guerra intestina tra Khamenei e Rafsanjani-Rouhani è reale, ma il popolo non ne avrà alcun vantaggio.

È chiaro che la visita di Renzi è anche il prodotto della spinta delle lobby che sponsorizzano il regime dittatoriale di Teheran e hanno lo scopo di racimolare commesse commerciali in quel martoriato Paese. Queste scimmie che non sentono e non vedono sanno benissimo che ora in Iran non ci sono le possibilità di allacciare un rapporto serio e strategico, ma forse proprio per questo spingono tanto a combinare affari mordi e fuggi. A questa gente senza scrupoli gli otto milioni di disoccupati iraniani e l’80 per cento di fabbriche chiuse appaiono solo un’occasione di saccheggio. Far affari col Paese campione della violazione dei diritti umani non fa onore a nessuno, è bene però che lo statista italiano sappia che l’intera economia dell’Iran è in balìa della corruzione endemica dei pasdaran che rispondono a Khamenei e non lascia molto spazio ad un interscambio sano e durevole, oltre ad acuire la povertà diffusa del popolo iraniano.

Con un’inflazione e una corruzione che galoppano permanentemente a due cifre, l’economia iraniana, con il tasso di crescita negativo o vicino allo zero, lascia spazio solo agli affari estemporanei. Chissà se non sia proprio questo ad attirare gli imprenditori italiani verso il mercato iraniano.

L’onere dell’abbattimento della dittatura iraniana compete agli iraniani, ma forse è opportuno offrire un paio di suggerimenti al presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi per quanto concerne i rapporti tra l’Italia e l’Iran: moderi l’entusiasmo negli incontri con gli uomini del regime liberticida iraniano detestato dalla popolazione; il vento sta cambiando. Non si può più far finta di non vedere o sottovalutare che l’infestazione dell’integralismo islamico, il cui epicentro è a Teheran, si sta espandendo in tutta la Regione e minaccia seriamente l’Occidente. Chiudere gli occhi sulla drammatica situazione dei diritti umani in Iran rende più debole la posizione dell’Italia, non la fortifica. Cedere alla pressione ricattatoria del regime iraniano è disonorevole e complica la situazione già aggrovigliata del Medio Oriente. La domanda che rimane in attesa di una risposta è questa: escludendo l’imprenditoria e la finanza, per i politici occidentali quanto valgono i diritti umani?


di Esmail Mohades