L’imprevedibile crisi fra le due Coree

sabato 12 marzo 2016


Quando si ha a che fare con il regime “eremita” stalinista della Corea del Nord, non si capisce mai dove finisca la provocazione e dove cominci il pericolo reale. Benché finora non sia mai scoppiato di nuovo il conflitto interrotto nel 1953 dall’armistizio di Panmunjon, ogni crisi ha esiti imprevedibili. L’ultima, iniziata con il lancio di un satellite in orbita da parte dei nordcoreani (in violazione delle sanzioni dell’Onu), sta raggiungendo il picco proprio in questi giorni.

In risposta al lancio illegale del satellite (che può costituire un pericolo anche militare, perché è la premessa tecnologica al varo di missili balistici intercontinentali) il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha varato, il 2 marzo, un nuovo pacchetto di sanzioni economiche che è il più duro degli ultimi due decenni. Sotto il nuovo regime sanzionatorio, infatti, l’Onu ordina di ispezionare tutte le navi mercantili, gli aerei e i mezzi di trasporto di terra da e per la Corea del Nord; vieta l’esportazione delle armi leggere di tutti i tipi; espelle i diplomatici nordcoreani che si rendano colpevoli di “attività illecite”. Altre 16 persone e 12 aziende sono inserite nella lista nera internazionale e non potranno più operare all’estero. Le nuove sanzioni sono frutto di una lunga mediazione fra la Cina e gli Usa, protettori militari rispettivamente della Corea del Nord e della Corea del Sud. Oltre alle sanzioni, la seconda misura repressiva consiste nel mostrare i muscoli militari. Gli Usa e la Corea del Sud hanno avviato nuove grandi manovre militari. Inoltre sono cadute tutte le resistenze politiche sudcoreane allo schieramento dei missili anti-missile Thaad, nonostante la Cina sia fortemente contraria.

A queste misure, il dittatore nordcoreano Kim Jong-un ha risposto con i consueti toni bellicosi e con le stesse contromisure adottate nella crisi del 2013, quella innescata dal suo terzo esperimento nucleare. Dunque, anche questa volta, è stata tagliata la “linea rossa” che mette in comunicazione vertici politici e militari delle due coree e volta a evitare malintesi e passi falsi. In questo modo il rischio di incidente militare aumenta notevolmente. Inoltre è stato chiuso l’impianto industriale a gestione mista di Kaesong, anch’esso un punto prezioso di scambi di informazioni e contatti personali fra le due metà della penisola asiatica. In pratica, la Corea del Nord si è definitivamente chiusa in se stessa e non comunica più col mondo esterno. Quel che ne esce, stando alle dichiarazioni ufficiali, non lascia dormire sonni tranquilli. Subito dopo l’approvazione delle sanzioni, le forze armate del “regno eremita” hanno lanciato sei missili a corto raggio nel Mar del Giappone, ufficialmente per un’esercitazione, anche se la mossa suona come un avvertimento chiaro e tondo. Il 3 marzo, Kim Jong-un ha dichiarato che il suo Paese fosse pronto per una guerra atomica. Il 7 marzo, per far toccare con mano a tutti che la minaccia è seria, si è fatto riprendere durante un’ispezione a un sito nucleare. Nelle immagini del video, si può vedere anche una bomba atomica miniaturizzata, dunque adatta all’installazione nella testata di un missile. Se fosse vera e funzionante, sarebbe un gravissimo pericolo immediato per la Corea del Sud e il Giappone. Nel suo proclama bellicoso, il dittatore ha anche dichiarato di essere pronto a lanciare l’atomica sugli Stati Uniti stessi. Ma questo sarebbe tecnicamente molto più difficile, quasi impossibile, perché gli unici missili che potrebbero raggiungere il territorio nord- americano, i Kn08, sono ancora in fase sperimentale.

La minaccia è seria? Come per tutte le crisi precedenti, appunto, non si può capire fino all’ultimo quanto è bluff e quanto è realtà. In un Paese così impenetrabile non si può verificare nulla. L’atteggiamento degli Usa e della comunità internazionale, in genere, è quello di dar per scontato che sia un bluff, come è sempre stato finora. Non c’è mobilitazione pre-bellica in Corea del Sud, tantomeno negli Usa, alle prese con le loro elezioni primarie. La Russia avverte comunque il regime di Pyongyang che queste minacce di guerra nucleare potrebbero “innescare” un attacco preventivo da parte degli Usa, cosa che andrebbe decisamente contro gli interessi di Mosca. Fa parte del linguaggio propagandistico del Cremlino agitare lo spettro di una guerra americana. Nella realtà è praticamente impossibile che Washington decida di lanciare una rischiosissima impresa militare in Asia orientale. Ma questo avvertimento russo è comunque rivelatore: vuol dire che a Mosca temono gesti sconsiderati da parte di Kim Jong-un. Insomma, potrebbe non essere tutto un bluff.


di Stefano Magni