Il circus dei mullah

venerdì 26 febbraio 2016


Probabilmente Khomeini, già quando arrivò in Francia, nell’ottobre del 1978, si sentiva un impresario teatrale. Gli attori erano i suoi uomini che trattavano il passaggio di potere con altri attori, i partner stranieri, gli americani e gli uomini del regime monarchico in via di dissoluzione. Mentre il vecchio ayatollah arrivava in Iran, sull’onda dell’entusiasmo popolare eccitato dalla rivoluzione, nel febbraio del 1979, si erse a regista dell’incredibile scenario che all’improvviso gli fu offerto e il generoso popolo iraniano fu considerato una comparsa del suo spettacolo.

Dopo pochi mesi il teatro, in cui ognuno recitava la sua parte, si trasmutò non in farsa ma in un circo, un macabro circo. Il regista di quell’orrendo circo era un Khomeini sempre più cupo e attorniato da domatori, saltimbanchi e clown, ma le comparse – il popolo – non intendevano più essere tali. Della repressione, delle torture e delle impiccagioni ideate e dirette dal despota regista ed eseguite da spietati domatori con la giustificazione dei clown di turno si è più volte parlato.

Dopo la morte del vecchio Khomeini arrivò il turno del più perfido allestitore di circhi, Ali Khamenei. Un mullah di seconda fila, che si rivelò assai scaltro. Il nuovo regista del circo della Repubblica islamica degradò a comparsa persino uno degli attori principali di Khomeini, Rafsanjani. Assecondò con maestria il balletto occidentale “oltranzisti contro moderati”. Ridusse il presidente “moderato” Khatami a fare la maschera del circo e incitò il suo clown pupillo Ahmadinejad ad abbaiare a tutti. Mise il Paese sul lastrico, riempendosi le tasche e quelle del suo entourage.

Oggi, 26 febbraio 2016, lo spettacolo non cambia. Mentre milioni di iraniani disincantati verso il circus dei mullah non partecipano alle elezioni farsa e completamente truccate, i mass media occidentali non si stancano di diffondere gli spot pubblicitari di regime – beninteso, ben pagati – dello spettacolo dei mullah in Iran.

Il Consiglio dei guardiani in mano a Khamenei ha già selezionato i candidati “adeguati” e il resto lo farà nelle urne. Senza dimenticare che il potere del majlès (il parlamento) dei mullah, insieme a quello della presidenza della repubblica, conta poco meno del due di picche. Nelle elezioni legislative del 2000, due terzi dei deputati “moderati” misero solo in ridicolo l’impotente Khatami. Se le elezioni nella Repubblica islamica andassero a beneficio del popolo iraniano, non le permetterebbero di sicuro. Molti prigionieri politici, le madri delle vittime del regime hanno già dichiarato nei comunicati stampa che diserteranno le urne, che non sono altro che faide di regime. Gli iraniani sanno molto bene che la via del cambiamento non è il voto ad un regime totalitario.

A riscaldare lo spettacolo del regime teocratico è prevista, immediatamente dopo il rito delle elezioni, la visita in Iran della presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, naturalmente col velo obbligatorio sul capo. Una data non proprio casuale. I mullah sono maestri nell’arte del circo. Fu un politico italiano, il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli, il primo occidentale a suggellare l’arrivo del “neo moderato” Rouhani al potere il 6 agosto del 2013. Pistelli poi tolse la maschera e con un passo non troppo lungo entrò a far parte dell’Eni, mentre Rouhani ottenne il record mondiale di impiccagioni. C’è un rapporto tra morale e politica? C’è chi lo crede e chi no. Scriveva Machiavelli che gli Stati non si governano con i “Paternoster”. Ma di fronte allo zelo dei politici italiani che affilano la lama dei tiranni alla corte-circo dei mullah sanguinari, viene spontaneo pensare che “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”.


di Esmail Mohades