“Ponti non muri. Garantire l’accesso alla protezione in Europa”

venerdì 19 febbraio 2016


Nei giorni scorsi la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu Onlus) ha partecipato ad un interessante convegno ospitato presso il salone delle conferenze della Sioi, cui hanno preso parte il direttore del Tg3, Bianca Berlinguer; Franco Frattini, presidente della Sioi; Roberto Zaccaria, presidente del Cir; Maria Luisa Parmigiani dell’Unipol Gruppo Finanziario, Gianni Pittella, presidente del Gruppo Socialisti e Democratici al Parlamento europeo; Christopher Hein, consigliere strategico del Cir; il prefetto Mario Morcone, capo dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione e Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il dibattito è ruotato intorno alla pubblicazione del Consiglio Italiano dei Rifugiati “Ponti non muri. Garantire l’accesso alla protezione in Europa”, finanziata dalla Unipol Gruppo Finanziario. Muovendo da uno studio estremamente dettagliato del fenomeno migratorio nel continente europeo, il volume esamina gli attuali strumenti complementari rispetto al concetto territoriale di asilo per accedere alla protezione negli Stati membri dell’Unione europea, i quali possono essere attuati come primo passo per ripensare il sistema al fine di realizzare un ingresso dei migranti che sia legale e programmato.

Infatti, come evidenziato da tutti gli interventi ed in particolare da Bianca Berlinguer, nell’estate del 2015 tutta l’Europa è stata interessata da un aumento esponenziale del numero dei richiedenti asilo. Anche il numero delle vittime è drammaticamente aumentato, al punto tale che, dopo l’ondata di commozione sollevata nell’opinione pubblica e (nei governanti di tutta Europa) dall’immagine del piccolo Aylan riverso sulla costa turca, oggi il susseguirsi di morti ha creato una tale assuefazione alla tragedia da non fare quasi più notizia.

Come evidenziato nel corso del dibattito da Christopher Hein, le proposte avanzate partono da due presupposti fondamentali: in primo luogo, non tutti i migranti vogliono venire in Europa, molti di essi, se le condizioni dei campi di accoglienza lo consentissero, preferirebbero per rimanere nei Paesi di primissimo approdo, come il Libano, più vicini a loro dal punto di vista linguistico-culturale. In secondo luogo, l’adozione di meccanismi d’ingresso protetto potrebbero ridurre considerevolmente il numero di persone costrette ad intraprendere viaggi della speranza, affidandosi a trafficanti senza scrupoli. Entrando nel dettaglio del volume, Hein ha evidenziato come la pubblicazione proponga una vera e propria rivoluzione copernicana in materia di visti, prevedendo una procedura specifica per la presentazione e la valutazione dei visti Schengen concessi per motivi umanitari e l’applicazione di criteri comuni di esame delle domande. Tali visti consentono al richiedente di rivolgersi autonomamente e direttamente alla Rappresentanza diplomatica di un Stato membro, la quale dovrà procedere alla valutazione dei bisogni di protezione dello straniero prima che questo giunga alle sue frontiere, in modo tale da permettere a quest’ultimo, in caso di accoglimento della sua domanda, di giungere nel Paese di destinazione in modo legale, sicuro e protetto. La concessione di visti umanitari potrebbe essere politicamente ed economicamente promossa dalla stessa Unione europea, anche se comunque è prerogativa degli Stati fissare le regole che governano l’ingresso di un cittadino non comunitario nel territorio nazionale, essendo l’Ue una comunità di Stati priva delle caratteristiche di uno Stato federale.

Altre proposte illustrate nel testo prevedono la creazione di hotspot volti all’identificazione, al foto-segnalamento e alla registrazione alle frontiere esterne dell’Europa, attraverso operazioni svolte da una polizia di frontiera europea. Infine un’altra iniziativa molto interessante promossa dal Cir riguarda i programmi di reinsediamento, ovvero quello strumento di condivisione delle responsabilità a livello internazionale che consente a persone che hanno trovato rifugio in un Paese terzo il trasferimento in un altro Stato che ha accettato di ammetterli come rifugiati e che permette loro di stabilirsi permanentemente nel proprio territorio. Quindi, il Cir propone che il reinsediamento venga inserito nel processo legislativo di armonizzazione del diritto di asilo, al fine di giungere ad uno strumento normativo e ad un modello comunitario condiviso che riguardi, in primo luogo, i criteri di selezione e faccia leva su una più dettagliata informazione sulle possibilità di accoglienza e di integrazione nello Stato di reinsediamento. Il vantaggio per i governi dei Paesi di destinazione di adottare questa tipologia di interventi consiste nel fatto di sapere ex ante quante persone entreranno nel proprio territorio in un determinato periodo, facilitando anche l’organizzazione dell’accoglienza e dei programmi d’integrazione lavorativa e sociale.

Apprezzamento verso le proposte volte a realizzare un’immigrazione di tipo legale è giunto da Gianni Pittella, il quale ha fermamente sottolineato come il suo gruppo si opporrà fermamente a qualsiasi proposta di mettere in discussione il Trattato di Schengen, il cui unico risultato sarebbe quello di eliminare una conquista su cui si basa l’idea stessa di Europa, ovvero la libera circolazione delle persone. Da parte sua, Franco Frattini ha espresso pessimismo su quanto l’Unione europea sta facendo finora per affrontare la questione migratoria anche se comunque ci sono le prospettive per una revisione della politica europea in materia di visti rilasciati per motivi umanitari proposta dalla stessa Commissione Juncker.

Inoltre, Frattini ha espresso forti perplessità sulla proposta della Turchia di schierare la Nato ai propri confini a controllo dei flussi migratori, perché un simile schieramento secondo l’ex ministro degli Esteri non solo sottintende un legame fra terrorismo e i flussi migratori ma equivarrebbe ad una dichiarazione di fallimento della stessa Europa nella gestione di problemi umanitari nel suo territorio. È evidente quindi come la necessità di ripensare il sistema attuale non possa e non debba passare dalla chiusura delle frontiere interne, ma richieda un’apertura mentale collettiva e un’assunzione di responsabilità da parte di tutti i Paesi membri che permetta di superare la sindrome dell’“invasione” per giungere ad una riforma delle politiche e delle strategie in materia di immigrazione basata, innanzitutto, sulla creazione di un sistema comune europeo di asilo che sia governabile, pienamente conforme ai valori fondamentali dell’Europa, e che abbia come principale obiettivo quello di ridurre drasticamente la perdita di vite umane.


di Ilaria Nespoli