Ministero della Felicità

martedì 16 febbraio 2016


Finalmente una bella notizia: è stato creato un ministero della Felicità con l’obiettivo di studiare e attuare politiche pubbliche che facciano finalmente vivere sereni e contenti i cittadini. È proprio quanto avete capito. È successo nei giorni scorsi negli Emirati Arabi Uniti, ricca nazione petrolifera del Golfo Persico, quando il primo ministro, che è uno sceicco e anche vicepresidente del Paese e anche Emiro di Dubai - le cariche in quel Paese spesso si accumulano - ha formato un nuovo governo istituendo un ministero della felicità, tutto nuovo. Il ministro che dovrà occuparsi del benessere psicologico e morale dei suoi concittadini è una affascinante economista, Ohood Al Roumi, neppure quarantenne. Fino ad ora era il capo di gabinetto proprio dello sceicco Primo Ministro, ma vanta un lungo curriculum che l’ha vista capo del dipartimento economico del governo di Dubai e prima ancora capo dell’ufficio studi della Camera di Commercio di Dubai, sua città natale.

Come capo di Gabinetto del primo ministro, la signora Al Roumi ha impressionato per la sua capacità innovativa di dirigere le persone da lei dipendenti - che ha probabilmente reso felici - e per alcune iniziative di ammodernamento della macchina statale. La nuova ministro sta anche curando la realizzazione del Museo del Futuro, il progetto da oltre 140 milioni di dollari, dalla struttura ovale, dagli esterni scintillanti e dall’approccio futuristico, che sorgerà nel distretto finanziario della città, all’ombra del grattacielo più alto del mondo e che dovrà stimolare, secondo la visione dell’Emiro di Dubai che l’ha voluto, le menti creative del nostro pianeta a testare, creare e commercializzare servizi e prototipi futuristici.

Il perseguimento della felicità dei cittadini sarà quindi parte integrante degli indicatori di successo dell’azione di governo negli Emirati Arabi Uniti. Per un Paese che è il sesto più ricco al mondo, con un Pil pro-capite di quasi 48 mila dollari, senza tasse, con servizi di assistenza, dalla culla fino alla bara, gratuiti e di altissima qualità per la popolazione locale, immaginiamo non sarà impresa complicata rendere i propri sudditi felici. In realtà il concetto di rendere felici i cittadini parte da più lontano e non è solo proprietà intellettuale dei paesi arabi o asiatici e neppure dei soli paesi ricchi. I padri fondatori che il 2 luglio 1776 a Filadelfia dichiararono l’indipendenza delle tredici colonie nordamericane dall’Impero britannico vollero che la “ricerca della felicità” dei propri concittadini fosse alla base del nuovo stato e la parola “felicità” venne perciò solennemente menzionata non una, ma due volte nella Dichiarazione di Indipendenza. Nel tempo, pagine e pagine di studi e di ricerche, nei quattro angoli del mondo, hanno dimostrato inequivocabilmente che la felicità allunga la vita, è l’antidoto contro le malattie e aumenta perfino la produttività sul posto di lavoro.

Felicità quale obiettivo di governo deve dunque aver pensato Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, quando nel 2013 ha creato il viceministero della suprema felicità, con il mandato di coordinare i programmi di welfare del governo per migliorarne la loro portata e muoversi verso obiettivi sociali, come ad esempio l’eliminazione della povertà. Ministro è stato nominato Rafael Rios, pediatra e ex parlamentare. Dai numeri dell’economia venezuelana e dalla progressiva erosione del consenso elettorale verso il governo del presidente Maduro, sembra che l’esperimento del viceministero per la suprema felicità non abbia avuto in Venezuela l’esito auspicato.

Un altro governo che crede nella ricerca della felicità è quello indiano. Nel 2014 il neo primo ministro, Narendra Modi, ha istituito il ministero Aayush, noto anche come il ministero dello Yoga e della medicina tradizionale, che ha affidato al ministro della Cultura e del turismo, Shripad Naik. Il premier Modi ha dichiarato che la pratica dello yoga rende più sereni e quindi più felici e ha chiesto che diventi disciplina obbligatoria nelle scuole, nelle università e negli uffici pubblici. Modi è addirittura arrivato a chiedere formalmente alle Nazioni Unite, nell’ultima Assemblea generale dello scorso settembre, l’istituzione di una Giornata internazionale dello yoga.

Ma chi è andato ancor più lontano nella ricerca della felicità, è stato il re del Bhutan che nel 1971 ha deciso che il Prodotto interno lordo non dovesse più essere l’unico modo per misurare i progressi economici del proprio paese e il benessere della popolazione e ha invece stabilito un nuovo parametro, la Felicità interna lorda (Fil), arrivando perfino a creare una Commissione reale per la Felicità. È quanto recita la Costituzione del piccolo regno all’articolo 9: lo Stato deve impegnarsi a garantire il benessere del paese, sotto tutti i punti di vista. Tutti i partiti, qualsiasi ministro, politico o economista, devono impegnarsi a rispettare i principi della felicità interna lorda. I criteri presi in considerazione per la Felicità interna lorda sono lo sviluppo economico eco sostenibile, la conservazione e promozione della cultura, la conservazione dell’ambiente, il buon governo. Il Bhutan è sì uno dei paesi più poveri dell’Asia, con un Pil pro capite di poco superiore ai 2000 dollari ma, secondo un sondaggio, è anche la nazione più felice del continente asiatico e l’ottava più felice del mondo; oltre il 66 per cento dei Butanesi è sufficientemente felice.

La necessità di completare o sostituire il Pil quale unico indicatore di sviluppo di un paese è stata evidenziata negli anni Novanta anche da alcuni economisti, a cominciare dall’americano Herman Daly, inventori del Genuine progress indicator (Gpi), che hanno osservato che l’incremento della produzione dei beni e la conseguente espansione dei servizi, in alcune situazioni danneggia la salute e la cultura, in una perdita reale del benessere umano e psicologico, in altre parole della felicità di un popolo. Secondo questi economisti, lo sviluppo che si crea violando l’ambiente e le sue risorse deve essere considerato negativo.

Felicità interna lorda e indicatore del progresso autentico (Gpi) concordano sul fatto che il benessere e quindi la felicità sono più importante dei consumi. Forse converrebbe istituire anche in Italia un ministero della Felicità, così da concentrarci sulla felicità interna, anche lorda, ed evitare il periodico e ormai noioso balletto di dichiarazioni politiche sulla crescita zero virgola qualcosa del Prodotto interno lordo.


di Paolo Dionisi