Libertà ed economia marciano insieme

martedì 10 novembre 2015


La scienza come conoscenza utile, come strumento di progresso, e la comunicazione scientifica per la sua diffusione e facilitazione della condivisione intellettuale sono storicamente gli strumenti in grado di portare il progresso umano. Il progresso materiale visto come conseguenza dell’applicazione della scienza utile. Sono nate così le enciclopedie, si pensi a quella di Diderot emblema dell’Illuminismo, i compendi e i dizionari. Bacone era convinto che l’applicazione sistematica della conoscenza utile avrebbe sospinto il progresso in maniera irreversibile. Benjamin Franklin esprimeva tutto il suo rimpianto per non potere vedere di persona ciò che il progresso “il potere dell’uomo sulla materia” avrebbe riservato all’umanità nel futuro, augurandosi peraltro che uno sviluppo altrettanto significativo potesse essere conosciuto dalla moralità.

Il processo non fu così facile come lo vedeva Franklin. Lo sviluppo di discipline come la fisica, la chimica, la biologia, è avvenuto molto lentamente. Il mondo naturale si è mostrato sin da subito alquanto complesso. La progressiva sinergia tra le invenzioni e le applicazioni tecniche ha reso possibile un processo continuo di interscambio che avrebbe portato ad un progresso inarrestabile. Si pensi alla scoperta del vaccino antivaiolo nel 1796, la macchina filatrice di Hargreaves, la fisica del vapore tratta dallo sviluppo dei macchinari industriali di Watt, l’energia elettrica. Non stiamo parlando di ere fa, mio nonno paterno, in Italia, quando gli ho chiesto un giorno cosa lo avesse colpito più di tutto nella sua vita, quale fosse l’invenzione e l’ innovazione che lo avesse maggiormente sorpreso, ha affermato: la luce, l’energia elettrica che dà e porta la luce nelle strade e nelle case, ovunque. La diffusione dell’acciaio, la teoria dei germi nella malattia, la chimica organica, sono tutte invenzioni, eredità dell’Illuminismo, alla base della crescita industriale ed economica dell’intero occidente. Lo sviluppo continuo della conoscenza utile è uscita, in qualche modo sopravvissuta dalle due guerre mondiali, e ha continuato a rafforzarsi nella seconda metà del ventesimo secolo. L’Illuminismo e gli occidentali sono in ogni caso andati a braccetto con i bagni di sangue della rivoluzione francese, con la schiavitù quasi centenaria in America, le tecnologie al servizio dell’oppressione, violenze su donne e bambini. Di sicuro non c’è stata la fine delle violenze e delle barbarie ma si è messo fine alla povertà e alla miseria dei Paesi in cui sono stati seguiti i principi dell’Illuminismo, ne è stato migliorato il comfort materiale, la salute collettiva, l’informazione e l’accesso all’informazione, non è migliorata la moralità della persona. Cosa vuole dire tutto questo? Vuole dire che dove c’è stata la creazione e la diffusione degli ideali illuministi c’è stato sviluppo democratico ed economico mentre quest’ultimo non c’è stato in quei Paesi che hanno resistito a quella diffusione, si pensi a Paesi quali l’Iran ad esempio. Il ragionamento non “funziona” invece per la Cina in cui la realtà cinese è riuscita a dare vita ad un miracolo economico in assenza di apertura e tolleranza, cioè in assenza degli ideali illuministi. Come mai? Se la libertà e la democrazia sono inscindibili per lo sviluppo e in Cina al contrario hanno camminato separate, come è stato possibile lo sviluppo economico? Come ha fatto lo sviluppo economico ad affermarsi e dare vita ad un vero e proprio miracolo, forse si sono occupate di cose diverse, da una parte la politica, dall’altra l’economia e adesso, prima o poi, si ricongiungeranno?  Taiwan e l’attuale incontro/accordo tra i leaders pro tempore della Cina Xi Jinping e di Taiwan Ma Ying-Jeou dovrebbe esserne l’esempio della ricongiunzione. La Cina avrebbe “mollato” dunque, ed intesse rapporti ed aperture “illuminati”, cercando ruoli nei diversi campi della produzione economica, si pensi a quello tecnologico, con la “costruzione” di istituzioni stesse più “illuminate”.

Ma qual’è stato lo “snodo ed il punto esatto in cui si sono divise, in Cina, politica ed economia? Con  Mao Zedong erano un tutt’uno, e solo dopo, Deng Xiaoping, ha detto ai cinesi: andate ed arricchitevi, in pratica dicendo di fare l’atto glorioso di fare i propri affari ed infischiarsene della politica? Come ha fatto la Cina, come sta facendo tuttora, a togliere di mezzo la politica assorbente comunista e lasciare e dare del tutto spazio agli affari, all’economia?

Oggi Xi Jinping  è il capo politico a servizio dell’economia cinese, pare coordini l’economia cinese, dunque la politica è divenuta economia produttiva, non comunista, non spartizione della miseria come era allora, e l’economia “funziona”, ha funzionato salvo lo sparuto, recente rallentamento. Si ricordi, rallentamento di una fitta e forte, veloce corsa e crescita economica degli ultimi anni, cinese.

In realtà la connessione tra ideologia, cultura e sviluppo economico non è così sicura ed è ancora tutta da esplorare. Di sicuro c’è la necessaria indagine perenne e l’impegno, lo studio continuo, per la supremazia dell’uomo sulla materia. In Occidente ci si è abituati all’idea del progresso costante, e siamo divenuti consapevoli del fatto che, a differenza del periodo storico dell’Illuminismo in cui non erano del tutto consci degli effetti sociali, ambientali, istituzionali, personali, politici dello sviluppo in corso, noi oggi sappiamo bene quanto e come sia necessario operare in maniera attenta, rigorosa ed intelligente nell’uso del progresso, a cominciare da quello economico. In che modo e quanto quindi gli scienziati illuministi hanno avuto effetto sullo sviluppo economico senza avere voluto altro che il miglioramento delle 2 condizioni e della società umana? In quale misura e quanto libertà e sistema democratico fanno prosperare l’economia dei Paesi? La politica liberale quale strumento per il libero sviluppo delle economie globali. Per venire ai giorni nostri, si pensi all’accordo sulla trans-pacific partnership raggiunto da dodici paesi dell’area del Pacifico. Il commercio ha un effetto fortemente positivo sulla crescita ma i primi leaders della campagna presidenziale degli Stati Uniti, sia il repubblicano Donald Trump che la democratica Hillary Clinton, hanno espresso la propria contrarietà all’accordo, sebbene in veste di segretario di Stato, la Clinton l’avesse definito “il gold standard degli affari commerciali”.
 Quale è il giusto livello e “grado”, da parte della politica, di apertura al commercio? Storicamente i sistemi commerciali sono passati dall’essere piuttosto aperti all’essere fortemente limitati da regole, dazi e barriere non doganali, spinti dalle varie trasformazioni che hanno interessato il potere della liberalizzazione o forze protezionistiche a livello economico e politico. Ma anche nei sistemi chiusi, per quanto severe siano state e siano tuttora le sanzioni imposte sul commercio, il mercato nero è sempre in crescita, per i “profitti del commercio” generati dalle forze economiche naturali. Si ricordi che il protezionismo estremo all’inizio degli anni trenta, seguito a un periodo di commercio internazionale relativamente libero, ha avuto conseguenze devastanti. La legge americana sui dazi, lo smoot-Hawley tariff act, aveva contribuito a trasformare una profonda recessione in una depressione globale.
Ancora prima che fosse finita la guerra, le grandi potenze si erano già date appuntamento a Bretton Woods, nel New Hampshire, per stabilire un nuovo regime internazionale per il commercio e la finanza, incluso il Gatt, il general agreement on tariffs and trade con il quale, attraverso una successione di difficili e lunghi negoziati globali, i cosiddetti Gatt rounds, i dazi furono costantemente ridotti per un numero crescente di beni, e di conseguenza, il commercio globale crebbe con maggiore rapidità rispetto al pil mondiale per gran parte del periodo postbellico. In pratica la transizione verso un commercio più libero giova fortemente ai cittadini di tutto il mondo, ne incentiva la crescita globale. Ed è il commercio in generale ad avere un effetto fortemente positivo sulla crescita.
Ora è vero che i dazi nei Paesi del Tpp sono già bassi e che il vantaggio netto derivante dalla loro eliminazione sarà modesto ma l’accordo ridurrà anche le barriere non doganali come la burocrazia e la protezione delle aziende statali, armonizzerà politiche e procedure e includerà meccanismi per la risoluzione delle controversie portando centinaia di miliardi di dollari nelle tasche delle proprie economie e rilanciando l’occupazione. Relazioni commerciali forti hanno inoltre la potenzialità di incoraggiare la cooperazione e, quantomeno, diventa interesse comune lo scoraggiare l’escalation di conflitti in aree contenziose. Gli interessi diffusi di tutti i consumatori globali risultano essere molto forti, e la cooperazione porta a intessere relazioni 3 commerciali reciprocamente vantaggiose che possono evitare e talvolta risolvere, di sicuro in grado di tentare di risolvere, questioni militari e geopolitiche, come possono essere oggi la lotta allo Stato islamico o le tensioni nel mare cinese meridionale.


di Francesca Romana Fantetti