Europa in movimento

martedì 13 ottobre 2015


Le condizioni che David Cameron ha messo per il Regno Unito per rimanere nell’Unione europea sono: a) il diritto a sottrarsi a qualunque passo verso un super Stato europeo; b) una dichiarazione esplicita che escluda anche per il futuro l’obbligo per tutti i Paesi dell’Unione ad adottare l’Euro; c) il diritto del Regno Unito di respingere su alcune materie particolarmente sensibili, come la giustizia, ogni futura legislazione europea sgradita; d) una nuova struttura di governo dell’Unione europea che tuteli di più i nove Paesi che non hanno adottato la moneta unica rispetto alla maggioranza degli altri diciannove. Non si può dire che Cameron non sia realista e che, di fronte allo sconquasso dell’Europa tedesca di Merkel, non approfitti per portare acqua al suo mulino. E non è neanche detto che il Regno Unito voglia “solo” questo perché ha, al suo interno, forze ed elettorato che considerano financo troppo soft tali richieste e che vuole troncare del tutto ogni legame con l’Europa tedesca.

Industria e finanza inglesi tuttavia non vogliono rinunciare e perdere i vantaggi che derivano dal Mercato unico europeo. È un dato di fatto conoscere chiaramente cosa vuole il Regno Unito. Tutto ciò Cameron l’ha pronunciato davanti ad un cartello che recita: “A Britain that rewards work”, che significa: “Una Gran Bretagna che premia il lavoro”. Cameron ha ricordato di volere una “più grande Gran Bretagna” e che il suo compito principale è mantenere la gente al sicuro. “Uno dei momenti più solitari da primo ministro è quando leggi i rapporti di intelligence sugli attentati che sono organizzati contro il popolo britannico”. “Nella realtà alla fine, non c’è da discutere, si deve decidere”. E Cameron ha detto di aiutare umanitariamente il popolo siriano e i siriani a rimanere in Siria facendola diventare un Paese in cui voler vivere. Di aiutare i rifugiati nei campi profughi, e di scoraggiarne i viaggi pericolosi per giungere in Gran Bretagna perché sono dodici milioni le persone ridotte senza casa dal conflitto in Siria, e solo il 4 per cento di esse è finora venuto in Europa, e “se apriamo la porta ad ogni rifugiato il nostro Paese sarà travolto”. “Tutti noi sappiamo cosa c’è di sbagliato nell’Unione europea: troppo grande, troppo prepotente, troppo invadente. Ma noi sappiamo anche che cosa c’è di buono nell’Europa: è il più grande Mercato unico del mondo… Non ho un attaccamento romantico all’Unione europea e alle sue istituzioni. Quando abbiamo aderito all’Unione europea ci è stato detto che riguardava l’ingresso in un mercato comune, piuttosto che il fine di creare un’Unione ancora più stretta… Sono interessato solo a due cose: la prosperità della Gran Bretagna e la sua influenza nel mondo… La Gran Bretagna non è interessata ad una Unione ancora più stretta”. E, ancora, “finiamola con la paura di offendere gli islamici, la teoria secondo cui i mussulmani sono perseguitati e che l’Occidente merita quello che riceve dai terroristi. Bisogna contrastare l’estremismo in ogni sua forma, violenta e non violenta, chiudere le madrasse in cui si insegna intensivamente intolleranza, violenza e odio, a fare terrorismo, e finirla anche con la tolleranza passiva, quale è tollerare e non perseguire la pratica della mutilazione genitale femminile o l’invio delle ragazze bambine in Pakistan per matrimoni forzati. Applichiamo la nostra legge che prevede reati e l’arresto”.

Questo è il chiaro punto di vista e la strategia di Cameron per il Regno Unito, e per il Regno Unito in Europa. Che fa l’Europa? Il capo della Nato, Jens Stoltenberg, non ha fatto in tempo a schierarsi con Erdogan in Turchia, il quale accoglie i profughi siriani e facilita finanziando i movimenti di Isis e dei ribelli sanguinari, che si è avuto il tragico attentato di Ankara con 128 morti e la rivolta di manifestanti contro il governo al grido di “Erdogan assassino”, “governo assassino”. In Turchia si sta per votare ai primi di novembre 2015 con voto anticipato dato che non si è riusciti per mesi a formare una coalizione di governo, avendo a giugno il partito di Erdogan perso la maggioranza dei seggi ed il movimento curdo è entrato in parlamento. In Siria Assad ha pronunciato le fatidiche parole “Se serve, lascio” ed è chiaro che si va verso un accordo sulla Siria, perché, anche se all’assemblea dell’Onu Putin ed Obama hanno sostenuto tesi totalmente contrastanti tra loro, hanno poi avuto un colloquio privato i cui effetti si vedono già a cominciare dalla dichiarazione di Assad di andarsene presto, e dunque il sostegno degli Stati Uniti nello sconfiggere l’Is contro cui servono sia bombardamenti aerei che truppe sparse sul territorio, che ha, pur disastrate, solo Assad al momento.

L’Europa tedesca delle sanzioni alla Russia, che da ultimo ha sostenuto di volere inasprire, continua inutilmente a fare danno. L’Italia ha un ministro degli esteri, il pd Gentiloni, sbugiardato internazionalmente sui soldi italiani di riscatto ai terroristi e che si dice certo che “la crisi siriana richiede una soluzione di tipo prevalentemente politico”, mentre la sua collega pd alla difesa, Pinotti, che non ha ancora precisamente capito nulla fatta eccezione per l’uso a sbafo degli aerei militari italiani, va ripetendo che ci “è stato chiesto un impegno più forte” nella coalizione anti-Isis e che “valuterà” l'ipotesi di armare i tornado, “ma solo quando si avrà il quadro completo di quanto avviene sul terreno”. Ecco, aspetta il quadro completo Pinotti, distraiti e prendi nel frattempo un aereo di Stato.

Da ultimo gli illegittimi al terzo governo rubato (agli italiani) Napolitano/Renzi, hanno annunciato un tentativo di ripartire in Europa dai sei Paesi fondatori, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo con affermazioni ambiziose mal riposte “se crediamo veramente nel futuro comune di europei, non dobbiamo esitare a rimettere in discussione l’Europa che abbiamo per costruirne una migliore”. Intanto Renzi mangia, come da una vita, come Marino e tutto il pd, al ristorante gratis, cioè facendo pagare a turno la provincia abolita, poi il comune, gli italiani insomma.


di Francesca Romana Fantetti