L’Unione politica dell’Europa che verrà

sabato 26 settembre 2015


Ecco cosa è successo in Europa per arrivare ad essere il disastro che è. Italia, Francia e Germania, sessanta anni fa, avevano un prodotto interno lordo di poco superiore a quello degli Stati Uniti. Sessanta anni dopo, cioè oggi, i tre maggiori Stati fondatori della Comunità europea, poi Unione europea, hanno un Pil complessivo che è meno della metà di quello degli Stati Uniti. Per tornare ai livelli di sessant’anni fa, il tasso medio di sviluppo di Francia, Germania e Italia dovrebbe oggi essere non inferiore al 3 per cento per una durata di almeno trenta anni. In pratica, noi Stati europei che nel 1950 eravamo i primi nel mondo nello sviluppo, oggi ci collochiamo tra gli ultimi.

Tecnicamente è andata così. Il Trattato Cee, detto anche di Roma, approvato il 25 marzo 1957 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1958 si è occupato di agricoltura e trasporti, di libertà di movimento per le persone, le merci, i servizi e ha riconosciuto il diritto di stabilimento. Si è occupato anche di materie attinenti allo Stato sociale. Per l’agricoltura ed i trasporti è stata recepita, migliorandola, la regolamentazione esistente, quanto allo Stato sociale si è pensato che in futuro, con l’ampliamento dell’ambito del mercato, da nazionale a comunitario, ciò avrebbe prodotto effetti benefici soprattutto per Paesi con economie in fase di forte espansione, quali erano Francia, Germania e Italia, difatti l’Italia ne beneficiò per il lancio del made in Italy.

Il Trattato di Roma ha affidato il governo della Comunità europea al Consiglio e alla Commissione, due organi di cui l’unico che abbia una connessione, un nesso, con la volontà popolare è il Consiglio. La Commissione infatti è composta da membri scelti di comune accordo tra gli Stati “in base alla loro competenza generale”, slegati cioè da qualsivoglia elezione o rappresentanza. Nel Consiglio è cioè presente un minimo di derivazione popolare. Nella Commissione, al contrario, la derivazione popolare manca del tutto. Vi partecipano persone, con qualificazione generale. Stabilendo con l’art. 149 del Trattato che, se vi è una proposta della Commissione, il Consiglio se ne può discostare solo all’unanimità, la preminenza o primarietà è stata data alla Commissione e non come sarebbe dovuto essere al Consiglio, dato il suo rapporto, pur minimo, con l’elettorato e la cittadinanza europea. Ruolo e primarietà dominanti sono quindi stati dati alla Commissione che è mera organizzazione di funzionari burocrati, non è stata data cioè al Consiglio, che è e sarebbe stato più un organo politico. E la Commissione, con l’estensione e ampliamento dei partecipanti all’Europa, si è ancor più appiattita nella amministrazione burocratica, pur non esistendo alcuna norma o regola in tal senso. Direttive, normative, proposte e ogni altro atto della Commissione sono opera di uffici. La Commissione più l’intera sua organizzazione burocratica, gli uffici, hanno via via assunto un ruolo permanente. E la loro funzione è consistita nel vigilare sull’applicazione delle disposizioni del Trattato e nell’esercitare le competenze attribuite, mentre l’obiettivo perseguito dagli Stati europei fondatori non era certo quello di dare vita ad uffici ma quello di creare un organismo politico in grado di realizzare il sogno della creazione del grande Stato europeo. Con la sostituzione degli uffici (Commissione e amministrazioni burocratiche) al posto di un organo politico, si è salutato il sogno progettato, mai ancora creato, dell’Unione politica dell’Europa. Si è creata cioè una Commissione più tutta la sua organizzazione burocratica, laddove il grande sogno di uno Stato unitario europeo avrebbe comportato un organo politico europeo. La Commissione e tutto il suo complesso, una volta insediata e consolidatasi, ha vissuto di vita propria fino a divenire il mostro inutile (utile solo a chi la occupa, ne riceve gli stipendi) che è, difficile da rimuovere. In pratica si è estromessa la politica, e la gestione, le decisioni e l’applicazione sono state affidate e svolte dalla Commissione, dalle amministrazioni, dagli uffici. Stante l’antidemocraticità delle imposizioni provenienti dalla Commissione, nel tempo si è inventato un altro modo o meccanismo, come è stato quello della introduzione di vincoli attinenti a punti qualificanti del sistema economico generale. Gli Stati sono stati impegnati a rispettarli ed i vincoli è stato stabilito divenissero sempre più severi.

Per la moneta unica si è creata una disciplina che, pur in assenza di un effettivo governo comune, fosse sufficiente a conferire carattere politico alla creazione che si andava a realizzare. Si sarebbe cioè raggiunto l’obiettivo riconoscendo un adeguato ruolo ai poteri politici degli Stati membri: ogni Stato avrebbe avuto una sua autonoma politica economica. E le politiche autonome di ciascuno Stato sarebbero state coordinate tra loro con direttive di larga massima. Agli Stati sarebbe stato permesso di indebitarsi nel totale fino al 60 per cento del Pil e nell’anno fino al 3 per cento. Una proposta della delegazione italiana precisò allora che i parametri dovessero essere interpretati ed applicati con elasticità, tenendo conto della tendenza in corso, verso l’alto o verso il basso, nella economia del singolo Paese. Ecco la “flessibilità” delle litanie attuali, dei “riformisti” d’accatto italiani. Guido Carli governatore della Banca d’Italia dal 1960 al 1974, in qualità di ministro del Tesoro italiano nel 1992 ha seguito personalmente la trattativa per la redazione del Trattato di Maastricht ed ha ottenuto che fosse approvato un emendamento italiano che prescriveva che i parametri del 60 per cento e del 3 per cento relativi al debito e all’indebitamento fossero interpretati sulla base di un criterio flessibile. Il Regolamento n. 1466 del 1997, il cosiddetto Patto di Stabilità, redatto da Waigel, ministro del Tesoro della Germania, è il punto di svolta, il trionfo degli uffici, il vero e proprio colpo di Stato, o meglio colpo agli Stati europei. La data del Regolamento, autoproclamatosi Trattato da solo, è stata difatti posposta ai Trattati di Maastricht ed a quello di Amsterdam con l’annullamento nei fatti dei primi (il Trattato avrebbe abrogato il Regolamento) .

Il Regolamento n. 1466 del 1997 ha introdotto l’obiettivo generalizzato del pareggio del bilancio da rispettarsi da parte di tutti gli Stati membri. Entrata in funzione la “macina” dell’amministrazione e degli uffici, ancora una volta la politica è stata bypassata, scartata, rottamata definitivamente.

Mentre i Padri fondatori dell’Europa immaginavano che in futuro si sarebbe parlato e dibattuto, che ci si sarebbe confrontati sullo Stato sovranazionale piuttosto che sulla specie di organo politico da realizzare, la realtà tragicamente quanto ironicamente ci ha arenati invece nell’amministrazione burocratica, negli uffici. Uffici e non politica. Burocrazia e amministrazioni, Commissione, non politica, Consiglio e consenso di tutti. Organizzazioni non organismi ed organi politici.

L’Unione politica, che gli europei avevano sognato, non è stata di fatto mai realizzata. Gli Stati autori dei Trattati o che vi hanno dato adesione, ed il popolo europeo risultante dalla somma dei popoli degli Stati membri, non hanno avuto alcuna parte nella individuazione e conformazione dell’Europa concretamente realizzata. Gli Stati europei che sessanta anni fa erano i primi nel mondo, si collocano oggi agli ultimi posti in una graduatoria basata sul tasso medio di crescita della economia nel decennio 2002-2012. È stata estromessa la politica, l’esistenza e creazione di un centro politico dell’Europa. I popoli europei, stante l’organizzazione che gli uffici hanno creato e voluto per sé, saranno condannati a sempre maggiore, ulteriore deperimento ove le attuali amministrazioni burocratiche non vengano presto rimosse, o almeno rimesse al loro posto.

L’Europa che ci è stata e viene oggi “rifilata” dai titolari degli uffici da essi stessi creati, non corrisponde a quella che gli Stati sovrani ed i popoli europei volevano. Deve essere abbandonata. Quella vera non è ancora nata. È quella che è ancora da “costruire” e creare. L’Europa unita necessita di organo politico europeo.


di Francesca Romana Fantetti