L’Europa politica nel contesto globale

martedì 8 settembre 2015


Mentre in Italia i dilettanti (Monti, Letta, Renzi) voluti dal solo Napolitano perseguono e vanno allo sbaraglio gioendo in maniera beota di percentuali irrisorie quanto inesistenti di immaginifiche crescite, e quel che è più grave trascinando con sé l’intero Paese, la realtà si incarica di fare schiantare il muso del nostro Paese contro il muro della perdita del 10 per cento del Pil dall’inizio della crisi e che, da quella data ad oggi, il tasso di disoccupazione è più che raddoppiato, essendo oggi al 35,9 per cento in base ai dati Istat. Quanto è beota chi si pasce e ride? Molto. L’Italia governata da non eletti recita oggi una commedia dell’assurdo, con tuttavia conseguenze ed effetti ben reali. Irlanda e Germania hanno già da un pezzo superato i livelli pre-crisi, la Spagna ci sta arrivando, l’Italia si trastulla tra regimi anti democratici, vale a dire tra incompetenti allo sbaraglio, i nipotini stupidi rimasti nel Paese i quali, in altri tempi, avrebbero ambito al massimo ad un impiego pubblico alle Poste mentre oggi si riempiono tasche e panza, loro, amici e parenti, alla faccia e in spregio agli italiani tutti.

Il problema del lavoro che sta scomparendo in Italia, infatti, non appartiene certo agli ex disoccupati miracolati pro tempore, mentre è il problema numero uno degli italiani e del Paese, che riesce ad essere “disoccupato” peraltro proprio quando da fuori, dal contesto internazionale, giunge una congiuntura che più favorevole non avrebbe potuto essere, vale a dire il prezzo del petrolio che rimane basso, l’euro sempre più vicino alla parità con il dollaro e l’immissione di liquidità fatta con l’operazione Quantitative easing della Banca centrale europea. Impossibile per l’Italia ripartire. Ciò nel mentre Draghi annuncia la proroga che non servirà dell’immissione oltre la scadenza programmata per la fine del 2016 della liquidità e mentre, al fine di rendere l’operazione più efficace, annuncia l’adozione di variazioni nel meccanismo di acquisto dei titoli sul mercato.

Draghi in pratica sta sforzandosi di attuare una specie di elettroshock ad una situazione, quella europea, che dal lontano Regolamento (non Trattato) del 1997 è non solo nata male con l’euro equiparato al marco tedesco ma, se possibile, ancor peggio gestita. L’euro, ove non si proceda cioè ad una ricontrattazione che lo riguardi, potendosi fare ciò legittimamente con una costruzione politica dell’Europa unita costituita da quei Paesi europei che intendano aderirvi e detengano determinate condizioni per parteciparvi, ha condannato l’intera Europa alla non crescita, quando non alla recessione. E non c’è rimedio, bazooka, o elettroshock violento e potente della Bce che tenga. L’Europa va ricontrattata alla base. Possibilmente liberandosi della ottusità politica della Germania della Merkel la quale prepotentemente non solo si è arrogata, arbitrariamente quanto discrezionalmente, la facoltà ed il diritto di rappresentarla per tutti, ma tra caos immigrazione e il caso della Grecia ha compiuto degli errori tali da essersi rivelata una sciagura da cacciare con richiesta di danni sonanti, stanti i disastri chiari e visibili a tutti. Le politiche di investimento, così come quelle fiscali o bancarie, o economiche o ogni politica europee, non possono prescindere oggi dalla fondazione della “testa” politica dell’Europa, capo democraticamente eletto, che possa proporle e disporle.

Lo sviluppo dell’Europa e la costruzione politica europea, passa dalla sua riorganizzazione in base a regole politiche condivise. Ridare un senso ed una visione all’originario progetto europeo comporta rifondare l’Europa, scartando e superando questa, l’attuale. Ed in questo senso, vale a dire per la ridefinizione dell’identità politica europea risultano essere molto importanti i mutamenti e la fibrillazione in corso a livello globale. Vi è infatti la Russia di Putin che discute attualmente con gli Stati Uniti di Obama circa la formazione di una grande coalizione contro il terrorismo islamico che dovrebbe coinvolgere anche altri Paesi e muove l’accusa all’Occidente, specificamente agli Stati Uniti, della responsabilità del caos in Medio Oriente, problema dei profughi compreso, di volere cioè “imporre il proprio sistema politico a tutti senza tenere conto delle caratteristiche storiche, religiose, nazionali e culturali”. Ciò mentre, a detta della stampa britannica, truppe russe sarebbero già state schierate a fianco della Siria di Assad nella difesa dal Califfato della capitale Damasco.

Tenuta a bagnomaria la questione ucraina cioè, condotta e gestita in maniera ridicola da quest’insulsa Europa, la Russia di Putin sta ridefinendo con toni distesi i propri rapporti sia con gli Stati Uniti che con l’Europa, tenuto fermo il corposo rapporto economico del gas alla Cina in flessione economica. Con lo schieramento di Putin nella guerra contro l’Isis, le sanzioni europee contro la Russia rischiano di superare il ridicolo.


di Francesca Romana Fantetti