Tel Aviv e oltre, terrorismo incompreso

giovedì 22 gennaio 2015


Un uomo armato di coltello sale su un bus e aggredisce 11 persone. Non è un pazzo, non è malato di mente: è un atto di terrorismo. E avviene a Tel Aviv, capitale economica di Israele, lontana dai territori contesi, finora immune da questa strana Intifadah condotta da “terroristi fai da te”.

L’attentatore, un palestinese di 23 anni, è stato ferito ad una gamba e arrestato, dopo che aveva attaccato i passeggeri sull’autobus e alla fermata, sul ponte di Maariv, nel pieno centro cittadino. Tre delle sue vittime versano in gravi condizioni, gli hanno subito ferite leggere. L’attentatore stesso non è in pericolo di vita e ha rilasciato la sua prima dichiarazione. Ha detto di aver attaccato per “vendicare Gaza”. Per questo, Hamas, che ha il controllo su Gaza, lo ha definito già come un eroe. Per aver attaccato passeggeri disarmati, presi a caso e colti di sorpresa…

La notizia ha ottenuto un certo rilievo nelle prime ore successive all’attentato, poi è scivolata nelle pagine interne dei siti di informazione, quelle dedicate al Medio Oriente, o agli esteri in generale. Ieri pomeriggio era già quasi difficile trovarla. D’altra parte, con le tragedie in corso, non c’è tempo e spazio per occuparsi di 11 feriti. Eppure dovremmo aver acquisito una certa sensibilità dopo l’attentato riuscito a Parigi e quello sventato per un pelo a Bruxelles, sempre nel cuore dell’Europa occidentale. E’ lo stesso tipo di guerra strisciante condotta da “lupi solitari” con mezzi di fortuna: la loro auto, il loro coltello, la loro ascia, cose incontrollabili, usate da persone non identificabili e non tracciabili in anticipo. Questo gesto apparentemente folle non è un’azione pianificata da Hamas, ma eseguita volontariamente nel nome di Hamas: prima si fa l’attacco, poi si sceglie e si enuncia la firma. Esattamente come i terroristi parigini, che hanno prima completato i loro massacri e poi li hanno attribuiti ad Al Qaeda e all’Isis, a seconda delle loro ambizioni. Secondo il premier israeliano Benjamin Netanyahu (che è di destra e impopolare in Europa, ma non può che dire le stesse cose dei suoi predecessori di sinistra e centristi), Hamas, Al Qaeda, Isis ed Hezbollah sono tutti rami dello stesso albero. Il tronco ideologico è lo stesso. Le mire sono le stesse. E sono accomunati dalla ferrea volontà di uccidere ebrei purché ebrei, che si trovino su un autobus di Tel Aviv o in un supermercato kosher di Parigi poco importa.

Ma se il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. E la reazione europea a questa nuova guerra terroristica è esattamente quella di guardare al dito. Se ad essere attaccata è la redazione di un giornale satirico, si guarda alle vignette che pubblicava. Se ad essere attaccati sono civili ebrei, si guarda a Gaza. Non si perde mai un’occasione per seguire le indicazioni dei terroristi, dando retta alle loro rivendicazioni, non badando mai alla loro ideologia, ai suoi scopi offensivi e ai tanti elementi che accomunano i bersagli che loro di volta in volta scelgono.

Israele non otterrà giustizia, nemmeno dopo questo e tanti altri attacchi. La Corte Penale Internazionale sta piuttosto indagando sui presunti crimini commessi dall’Idf a Gaza. Mira a punire l’eccesso di legittima difesa, non l’offesa.


di Stefano Magni