Boko Haram, una violenza che fa scuola

mercoledì 14 gennaio 2015


L’attenzione di noi europei è stata, comprensibilmente, interamente attirata dalla strage di Parigi, dal 7 al 9 gennaio scorsi. Nella nostra distrazione non ci siamo resi conto appieno che un altro movimento jihadista, mosso dalla stessa ideologia radicale islamica degli stragisti di Parigi, compiva uno dei peggiori massacri di questo inizio secolo. In Nigeria, Boko Haram, un movimento che si è ispirato ai talebani al momento della sua nascita ed ora, da alcuni mesi, è esplicitamente affiliato al Califfato di Al Baghdadi, ha annientato una città intera.

Il 7 gennaio, proprio nello stesso giorno in cui i vignettisti del Charlie Hebdo venivano ammazzati a raffiche di mitra, i miliziani di Boko Haram entravano incontrastati in Baga, ex base militare e cittadina di 10mila abitanti, nell’estremo nordest nigeriano. Hanno saccheggiato, incendiato, raso al suolo le case, passato per le armi tutti gli abitanti che sono loro capitati sotto mano. La stima delle vittime, subito diffusa da fonti governative nigeriane, parla di almeno 2000 morti, cioè un quinto dell’intera popolazione della città.

Se confermata, la cifra di 2000 morti dovrebbe costringerci a una pausa di riflessione. Solo a Zepa, Gorazde e Srebrenica abbiamo assistito a massacri di queste dimensioni. Pensiamo solo a quanto è ricordata la strage libanese di Sabra e Shatila: ebbene quella di Baga potrebbe essere il doppio.

Appena 3 giorni dopo, il 10 gennaio, una bambina veniva usata come bomba umana, sempre dai terroristi di Boko Haram, nel mezzo di un mercato a Maiduguri, la capitale dello Stato del Borno. Oltre alla piccola e involontaria bomba umana, sono morte almeno 16 persone. Il giorno dopo, altre due bambine venivano usate come bombe umane a Potiskum, nello stesso Stato, provocando decine di feriti e almeno tre morti.

Non è la prima volta che Boko Haram usa le bambine come ordigni ambulanti. Il primo caso noto risale al 25 novembre 2014, a Maiduguri. In quel caso, Boko Haram ha usato le due piccole umane, esattamente come Al Qaeda usa le autobombe: facendole esplodere in sequenza, una prima esplosione per far arrivare i soccorsi e una seconda per falciare soccorritori e feriti. I morti sono stati 40. La stessa tecnica è stata impiegata il 10 dicembre successivo, a Kano, impiegando tre bambine-bomba: la terza, in quel caso, non è esplosa. In una conferenza stampa, alla vigilia di Natale, ha confessato di essere stata posta di fronte a una scelta terminale: farsi esplodere per andare in paradiso, oppure essere sepolta viva, come già era toccato ad altre sue compagne di sventura.

Usare bambine minorenni, di 10, massimo 13 anni, è l’ultima frontiera dell’orrore di Boko Haram. E anche questa dovrebbe obbligarci almeno a una pausa di riflessione, non solo morale. I bambini, finora, non sono mai stati risparmiati dai conflitti. In Africa, come nel Medio Oriente, sono addestrati e impiegati in combattimento. I bambini-bomba, per altro già usati anche da Hamas e da altri gruppi terroristi mediorientali, non pongono alcun dilemma morale nella mente di un fondamentalista islamico. Uno shahid, martire, specie se in tenera età, anche se tutt’altro che consenziente, è destinato ad andare in paradiso, è una gloria per i genitori e i parenti che restano in vita. Pone seri dilemmi morali, piuttosto, a chi il terrorismo deve combatterlo. Chi ha il coraggio di sparare in testa a un bambino per neutralizzare la bomba-umana, come già si fa con i terroristi adulti? Con che spirito si può fermare la minaccia di un “terrorista suicida” (in questo caso le virgolette sono d’obbligo veramente) non consenziente, per il semplice motivo che a quell’età non può prendere decisioni autonome e responsabili?

Il massacro di Baga e le stragi compiute dalle bambine-bomba sono eventi africani. Come tali non fanno notizia, specie quando abbiamo la guerra in casa. Ma in un futuro prossimo questi eventi possono ripetersi anche da noi. Il Califfato sta addestrando con gran zelo combattenti di tutti i tipi, fra cui donne e bambini destinati al terrorismo suicida. Il dilemma se uccidere un bambino o una bambina, o essere uccisi a nostra volta, può ripetersi anche nelle nostre città civilissime europee. Il problema di identificare un bambino o una bambina come una potenziale minaccia alla nostra vita, può porsi anche alle nostre forze dell’ordine, nell’Europa dalle frontiere spalancate. Potrà mai esistere una Baga europea? Impossibile, diremmo noi: l’esercito nigeriano è inefficiente e corrotto, di fronte ai terroristi si è vaporizzato. In Europa non accadrebbe mai. Ma quante città europee, specie nelle più remote regioni del grande Nord, sono presidiate dalle forze armate? Quante resisterebbero all’assalto organizzato di grandi bande armate? Quante sono raggiungibili dall’esercito in meno di un’ora? Purtroppo sono domande che dobbiamo iniziare a porci, meglio ora che mai.


di Stefano Magni