venerdì 9 gennaio 2015
Secondo un rapporto pubblicato questa settimana in Siria dal Working Group for Palestinians, dall’inizio del conflitto in Siria, scoppiato tre anni fa, sono stati uccisi oltre 2500 palestinesi. Ma questa è una notizia che non ha destato l’attenzione dei principali media occidentali. Anche i media arabi hanno quasi del tutto ignorato il rapporto sulle vittime palestinesi in Siria.
La ragione di questa apatia è ovviamente chiara. In Siria, i palestinesi sono stati uccisi dagli arabi e non a causa del conflitto con Israele. I giornalisti che si occupano di Medio Oriente non credono che questa sia una notizia importante perché Israele non ha avuto alcun ruolo nelle uccisioni. Gli arabi che massacrano, giustiziano e torturano i palestinesi non è una notizia abbastanza sensazionale da meritare un titolo in un importante quotidiano occidentale o arabo. Ed è per questo che la maggior parte dei giornalisti di Medio Oriente hanno preferito ignorare il rapporto. Secondo il documento, tra le vittime ci sono 157 donne che sono state uccise in scontri tra l’esercito di Bashar Assad e i vari gruppi di opposizione in Siria. Si legge inoltre che 268 palestinesi sono caduti sotto i colpi dei cecchini, e altri 84 sono stati giustiziati sommariamente.
E ancora, 984 palestinesi hanno perso la vita quando le loro abitazioni e i quartieri in cui vivevano sono stati bombardati dall’esercito siriano e dai gruppi di opposizione. Si apprende inoltre nel rapporto che il campo profughi palestinese di Yarmouk, nei pressi di Damasco, è stato messo sotto assedio per 567 giorni da parte dell’esercito siriano. Circa 160 residenti del campo sono morti a causa di questo assedio. Il campo è rimasto senza elettricità per oltre 620 giorni e senza acqua per 117 giorni.
Morti a parte, sono circa 80.000 i palestinesi che hanno abbandonato le loro case in Siria a causa del conflitto in corso. Quasi 15.000 hanno attraversato il confine con la Giordania, mentre altri 42.000 sono fuggiti in Libano. E come se non bastasse, la settimana scorsa i terroristi musulmani hanno giustiziato 6 palestinesi del campo profughi di Yarmouk dopo averli accusati di “blasfemia”. Un alto funzionario dell’Olp in Siria, Anwar Abdel Hadi, ha detto che i palestinesi sono stati uccisi dal gruppo terroristico An-Nusra, affiliato ad al-Qaeda.
Abdel Hadi ha detto che sono solo 15.000 i palestinesi che sono rimasti nel campo profughi, che fino a tre anni fa ospitava circa 175.000 persone. Un altro rapporto pubblicato di recente ha rivelato che 264 palestinesi sono morti a causa delle torture inflitte nelle prigioni siriane negli ultimi anni. Il mese scorso altri 3 palestinesi sono morti per le torture subite nelle carceri siriane. I tre erano Bila al-Zari, Mohamed Omar e Mohamed Masriyeh. Questi palestinesi sono stati arrestati dalle autorità siriane perché sospettati di aver aiutato le forze anti-Assad in diverse parti del paese. Le storie di palestinesi torturati a morte in una prigione araba non sono riuscite a catturare l’attenzione dei media occidentali.
Se uno di loro fosse morto in una prigione israeliana o in uno scontro con i soldati dello Stato ebraico, la sua storia e le sue foto sarebbero apparse nella prima pagina di molti quotidiani e riviste negli Stati Uniti, in Canada e in Europa. Al contrario, quando Ziad Abu Ein, un alto funzionario di Fatah, di recente è morto per un arresto cardiaco dopo un alterco con i soldati israeliani in Cisgiordania, la sua storia ha catturato subito l’attenzione dei media internazionali e delle organizzazioni per i diritti umani. Molti giornalisti stranieri che si occupano di Medio Oriente hanno approfondito la notizia da ogni possibile angolazione e hanno intervistato i suoi familiari e gli amici.
Ma i palestinesi uccisi e torturati a morte in Siria e in altri paesi arabi non hanno mai ricevuto la stessa attenzione dagli stessi giornalisti e attivisti per i diritti umani. L’Unione Europea e le Nazioni Unite, che hanno chiesto di aprire un’inchiesta sulla morte di Abu Ein, non hanno ritenuto necessario affrontare la difficile situazione dei palestinesi in Siria. E chi ha sentito parlare del caso di Zaki al-Hobby, un 17enne palestinese che è stato ucciso a colpi di arma da fuoco lo scorso fine settimana dalle guardie di frontiera egiziane? L’adolescente palestinese è morto per essersi avvicinato troppo al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto.
Testimoni hanno detto che è stato colpito alla schiena ed è morto all’istante. Anche la storia di Al-Hobby è stata ignorata perché Israele non è stato coinvolto in questa vicenda. Se fosse stato colpito dai soldati israeliani dall’altro lato del confine, l’Unione Europea e le Nazioni Unite avrebbero invocato una commissione d’inchiesta internazionale. Ma il ragazzo è stato sfortunato perché è stato ucciso dal fuoco di soldati egiziani, cosa che ha reso la sua storia “insignificante” agli occhi della comunità internazionale e dei media. Che i palestinesi vengano uccisi dagli arabi non sembra nemmeno preoccupare l’Autorità palestinese, i cui leader in questi giorni sono occupati a minacciare di accusare Israele di “crimini di guerra” davanti alla Corte penale internazionale.
Secondo l’Autorità palestinese – i media, l’UE, le Nazioni Unite e i gruppi per i diritti umani – i “crimini di guerra” sono unicamente commessi dagli israeliani e non dagli arabi che uccidono, torturano e traferiscono decine di migliaia di palestinesi. E tutto questo accade mentre la comunità internazionale e i media continuano a mostrare un’ossessione solo per tutto ciò che è connesso a Israele.
(*) Tratto da Gatestone Institute
Traduzione a cura di Angelita La Spada
di Khaled Abu Toameh (*)