Charlie Hebdo, uccisi perché liberi

giovedì 8 gennaio 2015


Uccisi perché liberi. Assassinati perché osavano ridere e far ridere. Potrebbe essere questo l’epitaffio sui dieci morti subiti dalla rivista satirica Charlie Hebdo e dei due poliziotti che cercavano di proteggerli. L’ultima copertina del quotidiano satirico francese “irresponsabile”, come amava auto-definirsi, è stata drammaticamente profetica. Ieri, in Francia, usciva il romanzo “Sottomissione” di Michel Houellebecq e i vignettisti dell’Hebdo gli avevano dedicato il primo piano. Houellebecq ha previsto, nel suo romanzo, la “sottomissione” della Francia al suo primo presidente islamico, che impone la legge coranica a un paese ormai stanco e privo di una sua identità. Accadrà, secondo lo scrittore, nel 2022. Il Charlie Hebdo, sempre sotto la minaccia costante del terrorismo islamico (quello vero) per aver pubblicato un numero satirico sull’islam e aver continuato a scherzarci sopra, aveva ritratto un Huellebecq decrepito che dice “nel 2015 inizio a perdere i denti, nel 2022 rispetterò il Ramadam”. Ebbene, quella è l’ultima copertina, l’ultima vignetta e l’ultima battuta. Perché nella realtà, non nella fantapolitica, questa mattina tre terroristi hanno fatto irruzione nella redazione del giornale satirico e hanno sparato a tutti. Dodici morti, fra cui due poliziotti e sette i feriti, alcuni in gravi condizioni. E’ morto il direttore, l’anima del giornale a fumetti, Stephan Charbonnier. In una delle sue ultime vignette aveva quasi anticipato la sua fine: “Ancora nessun attentato in Francia” e un jihadista armato fino ai denti risponde: “Aspetta, c’è tempo fino a fine gennaio”. Ora l’attentato c’è stato, il 7 gennaio, e assieme a lui sono stati assassinati tre vignettisti storici, noti con i loro pseudonimi Cabu, Tignous e Wolinski.

Non si può neppure pensare di considerare questo attentato, nel cuore della capitale francese, come una “vendetta” per le operazioni militari francesi contro movimenti islamici, in Africa e in Medio Oriente. Il Charlie Hebdo era nel mirino per i contenuti irriverenti delle sue vignette, già dal 2011. Le vittime di questo attentato sono state deliberatamente assassinate per aver preso sonoramente in giro l’islam. E averlo fatto, ripetutamente, anche dopo che era arrivato un primo grave avvertimento, nel novembre 2011, quando una bomba molotov lanciata nella loro redazione aveva incendiato la sede del giornale. L’associazione islamica francese Uoif ne aveva chiesto il sequestro per via giudiziaria. La polizia francese, allertata per quel bersaglio sensibile, lo presidiava. Ma fra le 12 vittime ci sono, appunto, anche i due poliziotti di guardia.

Il terrorismo islamico non “reagisce”, ma agisce, attivamente, a diffondere la propria visione totalitaria e religiosa della società. Colpisce i musulmani e i non musulmani: proprio nella stessa mattinata dell’attentato di ieri, una bomba di Al Qaeda ha ucciso venti allievi poliziotti yemeniti, a Sanaa, tutti musulmani, ma pronti a combattere contro il totalitarismo islamico. La stessa matrice ideologica (se non proprio la stessa rete del terrore, per questo dobbiamo attendere le indagini) ha armato la mano di almeno tre persone, i membri del commando che ha sparato sui giornalisti.

L’intento è chiaro, a Sanaa così come a Parigi: imporre un regime in cui vige solo la legge coranica, interpretata solo in un unico rigoroso modo, sunnita, puritano. Può sembrare comprensibile che vengano colpiti degli allievi poliziotti in un Paese, come lo Yemen, in cui c’è una prolungata guerra civile. E’ meno comprensibile, per noi, che vengano ammazzati, nel cuore dell’Europa occidentale, dei vignettisti che non hanno mai fatto del male a nessuno, né tantomeno si preparavano a combattere con le armi in pugno, se non la loro matita. Eppure è la stessa guerra, perché nel disegno dei radicali islamici, di Al Qaeda così come dell’Isis, c’è la soppressione, oltre che dei nemici armati, anche della satira religiosa, di tutti i punti di vista non islamici o anti-islamici, di tutta la letteratura “blasfema” dalla più seria alla meno seria. Un disegno totalitario, questo è: distrugge tutto ciò che contraddice il proprio potere assoluto, senza confini, in ogni paese del mondo.


di Stefano Magni