Nella... calza la sorpresa greca

mercoledì 31 dicembre 2014


Dopo aver scartato i regali - pochi - trovati sotto l’albero, ora ci aspetta di vedere cosa metterà la befana nella calza del 2015. Non facciamoci illusioni. Tutti i nodi irrisolti dell’anno che ci sta lasciando li ritroveremo uguali, nella loro drammatica intensità, anche per il prossimo futuro. Con l’eccezione di una sola novità chiamata Grecia. Il paese ellenico andrà al voto anticipato il prossimo 25 gennaio. Praticamente una bomba a orologeria messa sui binari del processo d’integrazione europea e pronta a esplodere. La Grecia è sotto il controllo della cosiddetta “Troika” le cui ricette, imposte per il risanamento dei conti pubblici, hanno determinato una gravissima crisi sociale. Per questa ragione si fa strada l’ipotesi che le urne possano dare la vittoria alla coalizione della sinistra radicale “Syriza”, guidata da Alexis Tsipras (nella foto).

La linea politica del partito anti-austerity è chiarissima. La si può condensare in un solo punto: fare l’esatto opposto di ciò che finora è stato dettato dalla “Troika”. Quindi: ripresa del programma di investimenti pubblici, aumento delle pensioni e dei salari minimi e, soprattutto, ristrutturazione del debito sovrano con i contraenti europei. Insomma, un bel guaio per Bruxelles e per la Bce. Gli analisti, tuttavia, sono moderatamente ottimisti. Pensano che, alla fine, grazie anche alle minacce di Berlino, i greci, nonostante la fame e la miseria, non se la sentiranno di cambiare strada e tutto resterà come prima. Nondimeno è lecito domandarsi: e se non dovesse andare come previsto, cosa accadrebbe? Probabilmente, per evitare il peggio, le autorità di Bruxelles sarebbero costrette a fare concessioni ai nuovi governanti in cambio di un ammorbidimento del programma politico in materia economica. Altrimenti, l’alternativa sarebbe l’uscita della Grecia dall’area euro con conseguenze imprevedibili.

Per i profeti di sventura sarebbe l’inverarsi di una catastrofe. Un crollo rovinoso di un paese in un abisso che, francamente, non sembra poi tanto più buio del clima che si respira già all’ombra del Partenone. Queste le previsioni. Una certezza sarebbe il definitivo affossamento del piano voluto dal governatore della Bce, Mario Draghi, di rilancio dell’economia continentale attraverso lo strumento del quantitative easing. Avrebbero buon gioco i suoi detrattori, tedeschi in testa, a dire: perché pompare liquidità nel sistema acquistando titoli di stato se c’è qualcuno in giro, vedi Tsipras, che dichiara apertamente di non volerli onorare? E, per una volta, non avrebbero tutti i torti i tedeschi a opporsi all’allargamento dei cordoni della borsa europea, dovendo loro per primi rispondere, al 30 per cento, dei buchi procurati alle casse della Bce.

Ma se, per assurdo, la manovra di sgancio dalla moneta unica, invocata dalla sinistra radicale, dovesse rivelarsi non così catastrofica? Se alla fine i greci trovassero il modo di farcela migliorandosi rispetto alle condizioni imposte dalla cura da cavallo della “Troika”? I nostri esperti, cioè la compagnia di astrologhi ambulanti che staziona tra le cattedre delle università trendy e i salotti televisivi, lo escludono categoricamente. “Dura minga, dura no” è il leitmotiv dei bocconiani doc. E se invece dovesse andar bene? Sai che fregatura per la Merkel e soci. Per non parlare dell’Italia. Da noi verrebbe giù un casino di dimensioni bibliche. Sarebbe la fine di un tabù. La caduta degli dei. Anche gli italiani comincerebbero a chiedersi: se ce la fanno i greci perché non tentare anche noi. Certo, conoscendo il coraggio dei nostri imprenditori, in particolare di quelli dei “salotti marci”, è difficile immaginare una levata di scudi.

Però si potrebbe sperare che un governo, sopraffatto dalla disperazione e dalla paura di essere rispedito a casa dagli elettori incavolati, finalmente ritrovi l’animo di andare in Europa a pretendere di rinegoziare alcune delle clausole di quel trattato di Maastricht alle quali l’Italia si è impiccata con le proprie mani. Se si vuole evitare che il meltemi che soffia sulla Grecia finisca per scoperchiare i tetti del bilancio pubblico italiano è bene che si metta mano all’unica soluzione possibile: riscrivere le regole dell’Unione. Non tutte. Certamente quelle che impediscono a uno stato nazionale di fare la propria politica di sviluppo, sebbene inquadrata in un contesto di coerenza e di coesione con il resto dell’Europa della moneta unica. Esiste altra strada per evitare il probabile uragano in arrivo dall’Egeo?


di Cristofaro Sola