Grecia, l’ennesima crisi della democrazia

mercoledì 31 dicembre 2014


Grecia, l’ennesima crisi politica si è aperta lunedì, con la mancata elezione del nuovo presidente della Repubblica. Il candidato Stavros Dimas non ce l’ha fatta neppure all’ultimo scrutinio con maggioranza semplice. Avrebbe avuto bisogno di almeno 180 voti e ne ha raccolti solo 168. E quindi: nonostante la crisi economica e i creditori europei bussino alle porte, si andrà alle elezioni anticipate il prossimo 25 gennaio.

La preoccupazione più immediata è l’effetto della crisi sulle economie dell’eurozona. Il crollo della Borsa greca e poi, a catena, quello delle altre, a Milano, Lisbona e Madrid, le economie più fragili, è una sorta di preannuncio di quel che potrebbe accadere di qui a un mese. Il problema vero, di lungo termine, però, è politico: quanto può resistere la democrazia greca? Sarà ironia della sorte, ma proprio il Paese che storicamente ha dato i natali alla democrazia, due millenni e mezzo fa, rischia di perderla di nuovo, per la seconda volta nell’ultimo mezzo secolo. E per la prima volta da quando è entrata a fare parte della Comunità (poi Unione) Europea.

Prima di tutto il rischio è costituito dalla vittoria del partito che, attualmente, i sondaggi danno in testa: Syriza, la formazione di estrema sinistra di Alexis Tsipras. Non che la sua elezione sia necessariamente antidemocratica, nessuno, tanto meno Tsipras, promette di abolire il voto una volta al potere. Una sua affermazione, però, sarebbe sinonimo di instabilità cronica. Tsipras, stando ai sondaggi di questi giorni, potrebbe arrivare al 27 per cento, abbastanza per superare il partito di centrodestra Nea Dimokratia, ma non sufficiente a governare da solo. Non è molto pensabile una coalizione con il Kke, il partito comunista, che comunque ha solo un magro 5,5 per cento di consensi da offrire. E’ ancor meno plausibile una coalizione con il Partito Socialista, giunto ai minimi storici con il 5 per cento dei consensi e comunque già inserito nella coalizione di “salvezza nazionale” con Nea Dimokratia. Alba Dorata, il pericolo neofascista che ha spaventato l’Europa intera, è stato messo letteralmente sotto chiave (i suoi deputati sono stati portati in aula, per il voto presidenziale, con i cellulari della polizia) e in ogni caso mantiene il suo zoccolo duro del 6 per cento di consensi, non disponibili ad alcuna coalizione.

Tsipras non può permettersi di governare da solo e ha un programma a dir poco improponibile. Sfondando ogni logica contabile, nel Paese più indebitato d’Europa, propone la fine dell’austerity, la fornitura gratuita di servizi essenziali alle fasce di reddito più basse, il ripristino della tredicesima alle pensioni minime (sotto i 700 euro) e tanta nuova spesa pubblica per aiutare i greci a uscire dall’indigenza. Peggio che andar di notte: propone di ricontrattare gli accordi con la Troika (Fmi, Ue e Bce) per ottenere nuovi aiuti a nuove condizioni più “sociali”. Un patto che i Paesi creditori dell’Ue, già in difficoltà per conto loro, sanno di non poter accettare. Il leader dell’estrema sinistra conta sulla paura dell’effetto domino: sa che se la Grecia fallisce, vi saranno ripercussioni anche nel resto dell’eurozona. E per questo ricatta, deliberatamente: nuove condizioni o andiamo a fondo e voi con noi. Questo è il suo ragionamento. Ma proprio per questo motivo, l’Ue, che ha già di fatto commissariato la Grecia, potrebbe essere tentata di “suggerire” una coalizione che escluda il vincitore, con tutte le conseguenze politiche che si possono immaginare.

“E’ meglio per il Paese che non ci siano elezioni anticipate” aveva detto il premier Samaras prima del voto di lunedì. Adesso le elezioni ci saranno e daranno, quale probabile risultato, quello di una democrazia acefala, senza maggioranza, senza governo, senza una guida credibile. Non è realistico pensare a risultati migliori. Ma allora quanto reggerà la democrazia in Grecia? E che ripercussioni avrà, sul resto dell’Europa, sui Paesi più fragili, una crisi apparentemente irreversibile della democrazia in uno dei membri storici?


di Stefano Magni