Germania sotto la lente

sabato 6 dicembre 2014


La maggior parte dei commentatori economici accusa la Germania di approfittare del suo strapotere all’interno dell'eurozona e di inibire lo sviluppo dei paesi della periferia. Con una redistribuzione del reddito tedesco a loro favore, affermano, l’unione monetaria funzionerebbe. Tale argomentazione riceve sempre l’approvazione incondizionata solo perché fa leva sull’emotività. E’ comprensibile che chi ha la pancia vuota incolpi del digiuno forzato chi l’ha piena, ma con i giudizi di impulso e i pregiudizi non si fa luce sulle cause economiche e storiche della situazione in cui ci troviamo. Ora, la prima considerazione che ci viene in mente è: se da sessant’anni le politiche redistributive dal Nord al Sud del nostro paese non hanno mai funzionato, perché dovrebbero essere efficaci nell’ambito dell’euro? Vediamo di analizzare i fatti.

Origine del surplus tedesco

In primo luogo il surplus commerciale della Germania non corrisponde al deficit della periferia avendo la prima differenti aree di specializzazione della seconda per cui i tedeschi non possono importare quello che a loro non serve per farci un favore. Prima di entrare nell’euro, la Germania ha avuto sempre un surplus, ad eccezione dei primi anni 90, quando il rimpatrio dei capitali per riunificare l’Est fece salire il corso del marco, limitando l’export e aumentando l’import. Nell’ultimo decennio l’economia tedesca ha registrato un eccesso di risparmio, il che significa che i tedeschi hanno prodotto più di quanto consumato, creando capitale, fenomeno riflesso dalla loro bilancia dei pagamenti. Il saldo delle partite correnti di un paese è sempre uguale al risparmio meno l’investimento. Quindi un paese con risparmio superiore all’investimento avrà sempre un surplus mentre se il risparmio è minore avrà un deficit. Sinteticamente: Risparmio–Investimento netto = Export – Import. Pertanto l’export aumenta se aumenta il risparmio interno. Il surplus della Germania è in parte dovuto a questo motivo che è lo stesso per cui è aumentato il deficit della periferia europea. Infatti qui, tasse e disavanzi statali hanno falciato il risparmio. Da cui il dramma della periferia. Ma non si può risolverlo tassando i tedeschi per finanziare gli sprechi altrui; si risolve liberando il risparmio, cioè il capitale, dal peso fiscale e rilanciando gli investimenti. La seconda ragione del surplus commerciale tedesco è l’import cinese. La Cina dal 2009 ha investito 6.8 trilioni in infrastrutture: una bolla immensa naturalmente, pari al doppio del valore del PIL tedesco e che la Germania ha concorso a formare esportando beni e tecnologia, ma non a spese della periferia europea. Ora, il rallentamento dell’economia cinese e le sanzioni contro la Russia, ripercuotendosi sulla locomotiva europea ne provocheranno la recessione e all’interno dell’euro si apriranno scenari ancora meno rassicuranti.

Ciò che non sì è ancora capito è che, in economia come nella fisica, la forza di una catena è data dall’anello più debole non da quello più forte. Il funzionamento dell’euro, che è altro non è che un paniere di valute inconvertibili, dipendeva dalla resistenza delle monete più deboli come lira, peseta o dracma, non da quella più forte, il marco, con cui credevano di identificarsi. Le monete deboli, dipendenti dai deficit fuori controllo dei governi, la cui metà è spesa in soldi che non hanno, rompendo la catena, hanno impresso maggior forza all’euro-marco. La redistribuzione che si verificherebbe in un’unione politica e fiscale, in teoria, farebbe funzionare l’eurozona ma renderebbe il marco più simile alla lira o alla dracma facendo precipitare tutti ad un livello più basso. Nessun lavoratore tedesco tollererebbe più tasse per finanziare gli sprechi altrui. Trasporre l’ideologia egualitaria dagli individui alle Nazioni dà gli stessi risultati. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

L’euro non è invenzione tedesca

E’ vero che la Germania ha sempre considerato come sua missione storica il riordinamento e la direzione del’Europa. E’ una tradizione tramandata dall’epoca di Carlo Magno che creò nel centro d’Europa uno stato, dando leggi e ordine nel continente. La tradizione, passando per Federico Barbarossa, arrivando a Hitler, diventava il principio dello «spazio vitale» che tutt’ora suggestiona gran parte degli europei. L’economista britannico ed alto funzionario dell’UE, Bernard Connolly, nel suo libro, L’Anima corrotta dell’Europa (The Rotten Heart of Europe) prevedeva che il ruolo egemone della Germania nell’euro l’avrebbe trasformata in un impero Eurogermanico. Suggestioni a parte, Connolly fu chiaroveggente poiché, scrivendo nel 1996, predisse che l’EU avrebbe creato la “bolla” più pericolosa di tutte: l’Unione economica e monetaria. In realtà l’euro aveva bisogno della forza trainante della Germania come la sterlina ha avuto bisogno della potenza inglese e il dollaro di quella americana. Gli USA dettero l’assenso al progetto europeo proprio perché la Germania ne era il guardiano e il garante. Lo sviluppo è sempre trainato da una «locomotiva». Il fenomeno è analogo a quello che si verifica nell’urbanistica. Per il successo di un’area commerciale è necessario un «magnete»: l’ipermercato attira e fa vivere tutta una costellazione di negozi che, se gestiti bene, prosperano sulle sue economie di scala ma non possono pretendere di essere sussidiati, se gestiti male, dall’ipermercato.

Ora le critiche alla Germania sarebbero giuste se l’euro fosse stata un’invenzione tedesca mirata ad aumentare il suo spazio vitale tramite un’«occupazione monetaria». Ma le cose non sono andate così. A promuovere la moneta unica furono soprattutto i francesi che volevano collocare la Germania entro un cordone sanitario per timore che scatenasse un’altra guerra. In primis, il banchiere Jean Monnet, il più invasato di tutti, quello per intenderci, che dichiarò senza pudore che l’Europa andava fatta sulla testa degli europei. Il lussemburghese Robert Schuman e gli statisti italiani Altiero Spinelli e Alcide de Gasperi erano a favore di un mercato comune e il primo Cancelliere della Repubblica federale tedesca, Konrad Adenauer promosse con tutti trattati di amicizia cercando di far dimenticare in fretta la tragedia nazista. Ma alla Germania non importava proprio nulla di entrare in un’unione monetaria dal momento che aveva una moneta perfettamente funzionante. La Germania fu costretta ad entrarci dalla Francia che, altrimenti, avrebbe posto il veto alla sua riunificazione. Al progetto politico mancava solo un robusto avvallo teorico, fornito più tardi dal Nobel Robert Mundell che inventò il fortunato termine di area monetaria ottimale che presuppone l’unità politica e fiscale. Ma in un famoso dibattito, Milton Friedman fece notare a Mundell che se sua nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata un’automobile, proprio per sottolineare l’impossibilità di fondare l’euro sul presupposto dell’unione politica. A meno di non passare ancora una volta, col metodo Monnet, sopra la testa di tutti, eliminando brutalmente le sovranità per fare dell’eurozona una EURSS in grande stile dove la Germania, ovviamente, avrebbe il ruolo egemone. Un’eventualità, visti i tempi, da non scartare e che confermerebbe ancora una volta che la prima lezione della Storia è che non si impara nulla dalla Storia.


di Gerardo Coco