Nato e Russia, vasi non comunicanti

mercoledì 3 dicembre 2014


Bruxelles, il vertice dei ministri degli Esteri della Nato incomincia dall'Ucraina, la maggior crisi in Europa dalla fine della Guerra Fredda. A distanza, il presidente russo Vladimir Putin ha già dato in anticipo la sua replica: ad Ankara, in Turchia, ha annunciato la fine del progetto del gasdotto South Stream, in cui tanta parte ha avuto anche l'Italia. “Non ci sono le condizioni (politiche, ndr) per completarlo” è la motivazione ufficiale. Potrebbe trattarsi solo di un bluff o di una misura temporanea, come pensano e scrivono gli analisti economici, ma, politicamente parlando, è un segnale chiaro: la Russia considera l'Europa un ambiente ostile e minaccia rappresaglie usando l'arma del gas. Le relazioni fra Est e Ovest sono di nuovo a un “punto di rottura”, secondo le parole del leader del Cremlino.

Dall'altra parte del fronte di questa nuova guerra fredda (per ora solo economica), i ministri degli Esteri della Nato promettono, prima di tutto, una piena collaborazione con l'Ucraina. “Noi riaffermiamo – si legge nel documento conclusivo della Commissione Nato-Ucraina – che una Ucraina indipendente, sovrana e stabile, sulla via della democrazia e del governo della legge, è un fattore chiave per la sicurezza dell'area euro-atlantica, nella quale, come è dichiarato nella Carta della Partnership Speciale, l'Ucraina è parte inseparabile. L'Alleanza prosegue nel suo pieno sostegno della sovranità, indipendenza e integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti”. L'impegno è chiaro e si scontra con le principali aspirazioni russe. La prima delle quali è il riconoscimento delle elezioni locali nelle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk (elezioni che la Nato considera illegali) e l'annessione (di fatto, anche se non di diritto) della Crimea, tutte regioni comprese nei confini internazionalmente riconosciuti dell'Ucriana. In cosa consiste il sostegno della Nato? Si riconferma l'aiuto internazionale deciso nel vertice del Galles: “Stiamo rafforzando la nostra cooperazione nei settori della difesa e della sicurezza (…) Oggi siamo lieti di annunciare l'entrata in vigore dei Fondi Fiduciari e dei programmi di comando e controllo, comunicazione e sicurezza informatica, logistica e standardizzazione, difesa cibernetica, transizione militare e riabilitazione medica”. Si tratta, dunque, di un pacchetto di aiuti non militari, volti alla riorganizzazione della difesa ucraina (visibilmente in difficoltà nel conflitto nelle regioni dell'Est), ma nulla di simile ad un sostegno militare propriamente detto. Singoli Paesi Nato, piuttosto, stanno fornendo all'Ucraina aiuti non letali, dunque equipaggiamento militare, ma non armi. Mentre i feriti di guerra dell'esercito regolare ucraino sono già curati in ospedali tedeschi e di altri Paesi membri della Nato.

Quanto all'eventuale adesione di Kiev all'Alleanza, il segretario generale Jens Stoltenberg è stato chiaro: la proposta deve venire dal governo ucraino, dopodiché si aprirà la consueta lunga e farraginosa procedura di ammissione. Ma finora non se ne parla neppure, perché l'ultimo voto in merito, nella Rada di Kiev, ha sancito il non-allineamento dell'Ucraina. Solo la nuova maggioranza, emersa dalle elezioni, potrebbe decidere di ribaltare questa decisione. Per il resto, la Nato ribadisce la sua politica della “porta aperta”: nessun rifiuto pregiudiziale all'eventuale ingresso nell'Alleanza dell'Ucraina.

Nella conferenza stampa tenuta dopo il summit dei ministri degli Esteri, Jens Stoltenberg conferma l'approvazione della linea approvata nel vertice del Galles. Per rassicurare gli alleati orientali, al confine con la Russia, verrà dunque costituita una task force di intervento rapido (“Spearhead Force”) con truppe fornite da Germania, Olanda e Norvegia. Questo corpo di spedizione, che potrebbe essere spedito in un'area di crisi in pochi giorni, sarà definitivamente pronto nel 2016. Nel frattempo sarà operativa, già dall'inizio dell'anno prossimo, una Spearhead Interim Force, che comunque dovrebbe svolgere un ruolo di deterrente. Missioni di sostegno e ristrutturazione della Difesa verranno avviate in Georgia e prossimamente anche in Moldavia. Tutte mosse che il ministro della Difesa russo Sergej Shojgu già definisce “destabilizzanti”, proprio mentre il meeting della Nato è ancora in corso.

La domanda del giorno è però un'altra: nonostante l'incomunicabilità sull'Ucraina, riprenderanno i lavori del Consiglio Nato-Russia? Paolo Gentiloni, in mattinata, fa capire quale sia la posizione del nostro Paese, nel momento in cui afferma che con la logica da nuova guerra fredda “non si va da nessuna parte”, come dichiara all'intervistatore del quotidiano Il Messaggero. E in conferenza stampa, ribadisce che: “L'atteggiamento di determinazione nella difesa degli alleati è doveroso, le sanzioni sono un male necessario, ma bisogna lavorare per tenere aperti canali di discussione con la Russia, per arrivare a una soluzione politica”. Anche il ministro degli Esteri Frank Walter Steinmeier sottolinea che si sta entrando in un percorso molto pericoloso. Il livello di incomunicabilità con la Russia è addirittura peggiore rispetto ai momenti più bui della guerra fredda. E questo aumenta pericolosamente il rischio di incidenti militari.


di Stefano Magni