Califfato, 700 morti per una sigaretta

mercoledì 22 ottobre 2014


Settecento morti per una sigaretta. È questo il modo di “governare” dell’Isis, nei territori siriani e iracheni che controlla. Lo scenario agghiacciante del massacro di Abu Hammam, Siria orientale, è emerso attraverso la testimonianza di un sopravvissuto, Abu Salem, in un'intervista rilasciata ieri al Washington Post.

Abu Salem è un leader tribale degli Shaitat, una delle più grandi tribù della Siria, nella provincia di Deir Ezzor. I suoi uomini si erano opposti con le armi in pugno al dilagare dell’Isis. La sua, dunque, non è una delle tribù che hanno stretto un’alleanza con gli jihadisti al confine fra la Siria e l’Iraq. Fino ad agosto gli uomini della tribù di Shaitat hanno tenuto testa all’Isis. Poi, quando Mosul (seconda città dell’Iraq) è caduta nelle mani degli jihadisti, la comunità di Abu Hammam non ha più avuto scampo. Circondata, isolata da ogni via di rifornimento, si è trovata assediata da un esercito del Califfo ormai in possesso di artiglieria e carri armati razziati dagli arsenali iracheni. Persa ogni ragionevole speranza di resistere, gli Shaitat sono giunti a un accordo: consentire all’Isis di stabilire un proprio presidio militare ad Abu Hammam, lasciando al potere, però, le tradizionali autorità tribali.

Questo compromesso pareva funzionare. Non c’erano particolari problemi di compatibilità religiosa. La tribù Shaitat, infatti, è sunnita proprio come gli uomini del Califfo Al Baghdadi. Eppure… è bastata una sola sigaretta, fumata fuori casa da un cittadino di Abu Hammam, per far saltare il fragile equilibrio. Fumare in strada, infatti, è vietato dalla legge coranica. Una pattuglia di jihadisti ha sorpreso il fumatore, lo ha arrestato e lo ha frustato in pubblico. Il fratello dell’uomo, determinato a vendicarlo, ha aperto il fuoco contro un’altra pattuglia dell’Isis, uccidendo un uomo armato. Arrestato a sua volta, è stato decapitato in pubblica piazza. A questo punto, ad Abu Hammam, è scoppiata un’insurrezione generale della popolazione. In un primo momento, gli uomini dell’Isis si sono ritirati. Ma sono tornati in forze e con l’artiglieria al seguito. Dopo un breve ma intenso bombardamento, la città è finita di nuovo nelle mani dei jihadisti. Ed è iniziato il massacro. Tutti i maschi maggiori di 15 anni (dunque quelli in grado di portare armi) sono stati passati per le armi. Fucilazioni di massa, decapitazioni, crocefissioni: 700 morti in tre giorni.

Il massacro di Abu Hammam non passerà invendicato. Abu Salem, ora rifugiato in Turchia, promette solennemente: “Siamo una comunità tribale. Non dimenticheremo mai di vendicarci, ma lo faremo da soli, a modo nostro. Non vogliamo l'aiuto di nessuno”. La strage in Siria, avvenuta ad agosto, ma sconosciuta fino ad ora, è un esempio dell’estrema brutalità dell’Isis. Ma anche della sua fragilità. Il suo potere, infatti, si fonda sul consenso (almeno passivo) delle comunità tribali sunnite e sfrutta la loro rivalità con sciiti, alawiti, turkmeni, curdi, cristiani. Trattando brutalmente i sunniti stessi (Abu Hammam non è un caso isolato), l’Isis si sta condannando all’isolamento. Quanto durerà il suo dominio?


di Stefano Magni