Immigrazione, Obama fermo in Texas

venerdì 11 luglio 2014


Barack Obama si è fermato in Texas. Ha cancellato la prevista visita sul lungo confine con il Messico, ma si è incontrato con gli esponenti del governo repubblicano locale, fra cui il governatore Rick Perry. Mentre noi italiani siamo alle prese con un problema di immigrazione dal Mediterraneo, dal confine di terra messicano-statunitense sta transitando un esodo di proporzioni bibliche: circa 50mila bambini non accompagnati dai genitori. Vengono mandati via dai loro genitori da tutta l’America latina, piagata dalla violenza, dall’instabilità politica e dalla guerra contro i narcos. Migliaia di essi sono vittime del traffico dei clandestini. Come mai proprio i bambini? Perché, dal 2008, la legge statunitense garantisce loro un trattamento privilegiato rispetto agli altri clandestini. Per salvare i minori dal traffico di esseri umani, il Congresso (allora a maggioranza democratica) aveva prescritto di fornire loro un rifugio negli Stati Uniti, una rappresentanza legale e la possibilità di verificare i loro casi, uno per uno, in tribunale. Nel caso non vi siano i requisiti, devono comunque essere rispediti a casa, ma in attesa di un verdetto possono rimanere negli Usa e dileguarsi. Questa legge non era mai stata più di tanto contestata, se non altro per ragioni umanitarie, ma ora il problema sta scoppiando nelle mani delle autorità del Texas, che sta subendo gli effetti dell’esodo. Le famiglie e le comunità locali fanno quello che possono per sfamare e ospitare i piccoli clandestini, ma il loro aiuto non è sufficiente. L’83% dei texani, sia democratici che repubblicani, chiede che la legge sull’immigrazione sia cambiata in senso più restrittivo.

Barack Obama, in Texas, è stato molto bravo (da avvocato quale è) a rovesciare la frittata e a dar la colpa all’opposizione: ritiene che per rafforzare i controlli e le strutture di accoglienza, siano necessari ben 3 miliardi e 700 milioni di dollari, un budget che però viene bloccato dalla Camera (ora a maggioranza repubblicana). I repubblicani, tuttavia, non hanno digerito questa critica, perché il loro obiettivo non è quello di rafforzare il sistema di sicurezza alla frontiera, quanto quello di cambiare la legge del 2008. Chiedono i respingimenti. Sarà anche una proposta dura, ma, fanno notare i repubblicani, gli Usa non possono permettersi di sobbarcarsi tutto il peso di questa emigrazione massiccia di minori e bambini.

“Gli aerei dovrebbero atterrare e ri-decollare tutti i giorni per riportare questi bambini nei loro Paesi d’origine – dichiara, ad esempio, il senatore repubblicano Tom Coburn – Il presidente ci ha appena chiesto 3,7 miliardi di dollari. Per meno di 20 milioni, possiamo farli volare tutti in prima classe”. Un altro senatore repubblicano, Joe Heck, dichiara al Wall Street Journal, semplicemente che: “Se dobbiamo autorizzare nuove spese (come chiede Barack Obama, ndr) dobbiamo cambiare politica, per far sì che (l’esodo in corso, ndr) non si ripeta”.

Da un punto di vista legale, il problema è anche nei tempi. Perché un immigrato clandestino dall’area Nafta (dal Messico o dal Canada, dunque) può essere rispedito al Paese d’origine immediatamente dopo l’identificazione. Ma per un immigrato privo di documenti, per il quale non si riesce a individuare l’origine, la procedura cambia: il clandestino può essere trattenuto dalla polizia per un massimo di 3 giorni e poi deve essere scarcerato. I repubblicani, dunque, chiedono il cambiamento anche di questa legge, adottando per tutti una procedura analoga a quella in vigore per l’area Nafta, anche se non è chiaro come possano rimpatriare entro 72 ore immigrati clandestini di cui non conoscono l'origine (escludendo che li possano scaricare sul Messico).

Da un punto di vista politico, la questione è ancora più spinosa, perché democratici e repubblicani hanno interessi diametralmente opposti sulla questione immigrazione. I democratici, infatti, vincono nelle città a più alta densità di immigrati. In Texas, ad esempio, nelle elezioni del 2012 Obama si è aggiudicato (per soli 1000 voti) la contea di Harris dove la popolazione di immigrati è pari a 1 milione di persone, un quarto della popolazione totale. Di questo milione di immigrati, solo un terzo ha la cittadinanza ed è dotato di diritto di voto, ma gli interessi fra chi ha appena preso la cittadinanza e chi aspira ad averla (magari ottenendo leggi più favorevoli) spesso coincidono. In tutto il Texas, nelle elezioni del 2012, il candidato repubblicano Mitt Romney aveva staccato Obama di 16 punti, ma aveva perso in tutte le 29 contee in cui il tasso di popolazione immigrata superava il 15%. I democratici, dunque, hanno tutto l’interesse ad accogliere, i repubblicani a respingere. Ne va del loro futuro. A meno che i repubblicani non decidano di cambiare strategia, sposando la causa di immigrati latino-americani, quasi sempre cattolici, molto spesso conservatori e in ogni caso gran lavoratori. Se, invece di respingerli, i repubblicani decidessero di convertirli in massa alla destra, forse troverebbero la quadra. Ma come dirlo ai texani, esposti a un esodo al cui confronto quello che vediamo a Lampedusa è una gita al mare?


di Stefano Magni