Sta arrivando la terza Intifada

mercoledì 9 luglio 2014


Che in Medio Oriente si possa arrivare a gran passi ad una terza Intifada palestinese, è sempre più palese. Che ci si stia arrivando per una serie di azioni e reazioni incontrollate delle due parti, per la cosiddetta “spirale di violenza”, è invece palesemente smentito dai fatti.

Sabato era già evidente, secondo l’indagine condotta dalla polizia israeliana, che ad uccidere un adolescente palestinese Mohammad Abu Khdair, fossero stati sei estremisti ebrei. Sono state dunque escluse definitivamente le piste alternative dell’indagine (la faida fra famiglie palestinesi, o un omicidio a sfondo sessuale). E per il popolo ebraico, incredulo e indignato, si è profilata la peggiore delle ipotesi: sei concittadini hanno applicato la legge del taglione, senza attendere il corso della giustizia ordinaria, hanno ammazzato un ragazzo palestinese qualunque, per vendicare l’omicidio di Eyal, Gilad e Naftali, i tre studenti ebrei rapiti e assassinati lo scorso 12 giugno. Qui avrebbe potuto innescarsi la “spirale di violenza”. Ma non si è affatto innescata. Perché sia la polizia che le autorità israeliane hanno fatto di tutto per disinnescarla sul nascere. In primo luogo, l’indagine della polizia è stata molto più rapida del previsto. I presunti colpevoli del delitto Khdair sono stati individuati e arrestati. Paradossalmente, la loro cattura è avvenuta prima ancora della cattura degli assassini dei tre ragazzi ebrei, tuttora a piede libero e ricercati. Il governo ha condannato, senza riserve, l’omicidio dell’innocente palestinese. Incoraggiate dall’atteggiamento delle autorità, le famiglie di Naftali Frenkel e di Abu Khdair hanno stabilito un contatto. Privati cittadini palestinesi di Hebron si sono recati in visita alla famiglia Frenkel, per porgere le loro condoglianze. Così come lo zio di Naftali ha porto le sue alla famiglia della vittima palestinese. Insomma, non c’è alcuna spinta alla vendetta fai-da-te.

Tuttavia, l’arresto dei sei presunti (saranno tali fino alla conclusione del processo) assassini di Khdair non ha affatto placato l’insurrezione palestinese, che tuttora è in corso soprattutto a Gerusalemme Est (dove è stata distrutta ieri la linea della metropolitana leggera, fiore all’occhiello della città) e sta dilagando anche nelle città israeliane a maggioranza araba, come a Nazareth. La rivolta dei palestinesi sta assumendo le dimensioni di una Intifada, una sollevazione come quelle del 1987 e 2000 e soprattutto sta vivendo di vita propria, è ormai slegata dagli omicidi dei ragazzini. Sta assumendo anche una dimensione sempre più militare. Da Gaza, la pioggia di razzi e colpi di mortaio, non solo non si è placata, ma sta intensificandosi di giorno in giorno. Hamas aveva proclamato una tregua nel fine settimana, ma i bombardamenti subiti dalle città israeliane meridionali sono aumentati: 80 razzi lunedì e 130 razzi ieri (almeno fino al pomeriggio). La pioggia di proiettili non è diminuita neppure in seguito al lancio di un’offensiva aerea israeliana, l’Operazione Protective Edge, che ha portato alla distruzione di almeno 150 obiettivi militari nella striscia di Gaza.

Siamo dunque di fronte ad un’offensiva in piena regola contro Israele, lanciata sia all’interno delle città, sotto forma di insurrezione, sia ai confini meridionali, con continui lanci di razzi. Ma non parliamo di vendetta per l’omicidio Khdair. Si tratta di un’operazione troppo complessa per essere scaturita da un moto di rabbia spontaneo e soprattutto… è iniziata prima della vendetta ebraica per l’omicidio di Eyal, Gilad e Naftali. I razzi, infatti, iniziavano a fioccare da giugno, quando le indagini della polizia erano ancora in corso. Fra i palestinesi, che si facevano fotografare con le tre dita alzate e si postavano su Facebook, era già ben chiara da settimane l’idea di una “terza” (il senso delle tre dita alzate) Intifada, oltre che dei tre ragazzini ebrei deliberatamente rapiti per scatenare un casus belli.

Che qualcosa fosse nell’aria era evidente fin dal momento della formazione di un governo di unità nazionale Fatah-Hamas e dalla conseguente rottura del processo di pace: l’unico punto programmatico che accomuna i due partiti è infatti la lotta di “liberazione” contro Israele. Non si spiega in altro modo la coalizione di due formazioni armate che si combattevano almeno dal 2007, con centinaia di morti. Le acque son rimaste calme finché c’era una visita del Papa da proteggere. Ma poi, esattamente come dopo la visita di Giovanni Paolo II nel 2000, si sono sciolte le briglie della violenza.


di Stefano Magni