Il pretesto dello scudo anti-missile

sabato 28 giugno 2014


Un nuovo fronte di conflitto diplomatico fra Europa e Russia si è aperto ieri, con la firma degli accordi di associazione con l’Ue da parte di Ucraina, Moldavia e Georgia. Ma il braccio di ferro più duro lo vedremo nei prossimi mesi su un altro tema “caldo”, quello dello scudo antimissile di cui si sta dotando la Nato. La Russia lamenta già da una settimana di non essere stata coinvolta nella conferenza annuale sulla difesa anti-missilistica a Magonza. Fonti in italiano, come “La Voce della Russia”, usano toni duri, come “ora Washington potrà farla da padrone anche in questa località quieta e accogliente” (Magonza, ndr). E la minaccia di rispondere con lo schieramento di batterie di missili Iskander nella enclave di Kaliningrad e in Bielorussia, puntati sulle basi Nato in Europa, resta sempre latente dal 2008 ad oggi.

Ieri abbiamo già scritto su queste colonne riguardo agli aspetti pratici di questo programma Nato di difesa dalle minacce balistiche (http://www.opinione.it/esteri/2014/06/27/magni_esteri-27-06.aspx) e abbiamo visto, per lo meno, che si tratta di un sistema puramente difensivo. Non stiamo infatti parlando di missili puntati sulla Russia, come ai tempi della Guerra Fredda, ma di uno scudo ad alta tecnologia, capace di intercettare missili in volo. La Russia punta il dito sulla Nato, perché, secondo la tesi del Cremlino, questa capacità militare potrebbe ridurre il deterrente nucleare. Detto in parole povere: potrebbe impedire ai russi di attaccare, lanciando (nella disgraziata ipotesi che si verifichi questo scenario) missili balistici contro bersagli in Europa e negli Usa. Siccome l’esercito convenzionale russo è ancora in gran parte obsoleto e il peso militare della Federazione Russa si basa quasi interamente sul suo deterrente nucleare, Mosca teme di perdere anche questa carta. Ora, però, occorre andare oltre alle dichiarazioni ufficiali di diplomatici e politici russi e bisogna vedere se questo insieme di sistemi difensivi, coordinati in un’unica struttura di comando e controllo della Nato, sia effettivamente una “minaccia” al deterrente nucleare russo.

Fonti interne alla Nato, che preferiscono mantenere l’anonimato, ci spiegano chiaramente che: “Nel progettare l’architettura di un sistema anti-missile, abbiamo escluso minacce provenienti dalla Russia fin dall’inizio e stiamo guardando, piuttosto, a pericoli di missili balistici eventualmente lanciati da Paesi al di fuori dell’area euro-atlantica”. Anche una volta completato lo schieramento della difesa anti-missile nel 2020, la Nato non sarà in grado di intercettare un eventuale lancio massiccio di missili russi: “Prima di tutto per un discorso di numeri (troppo pochi intercettori), ma anche di posizione e di velocità. Gli intercettori Sm-3 schierati in Polonia e Romania (in realtà Mosca ha affermato che è soprattutto la Polonia il problema) non hanno la velocità necessaria a raggiungere e colpire un missile balistico intercontinentale russo eventualmente lanciato contro gli Stati Uniti. Perché dal momento che un missile dovesse essere lanciato dalla Russia e un satellite di sorveglianza raccogliesse tutti i dati che servono all’intercettazione, sarebbe già troppo tardi per poterlo colpire”.

La possibilità tecnologica di ridurre il deterrente nucleare russo, in ogni caso esiste: “Ma non è solo legata agli intercettori che stiamo schierando in Europa. Va vista nell’insieme dei sistemi che ormai esistono. C’è la difesa missilistica della Nato, ma non è la sola. Ci sono altri sistemi in via di costituzione in Asia orientale e negli Stati Uniti continentali. Poi c’è già una superiorità nello spazio in atto e in prospettiva. E infine c’è una superiorità occidentale in fatto di armi convenzionali, il Prompt Global Strike: la possibilità di colpire un obiettivo ovunque nel mondo e senza neppure essere visti. L’insieme di questi elementi potrebbe ridurre (anche se non eliminare) il deterrente nucleare russo. Ma il problema che abbiamo avuto è che il dibattito con Mosca non è stato del tutto aperto. Non abbiamo mai discusso in questi termini la natura del problema. Abbiamo infatti sempre parlato di Nato e Russia, mentre queste sono tematiche che andrebbero affrontate fra Washington e Mosca”.

Ma se il problema non è l’Europa in sé, che ha uno scudo inadatto a fermare una minaccia russa, come mai il dibattito si concentra solo sulle basi europee? “Non è possibile comprendere fino in fondo l’atteggiamento russo. Si possono solo raccogliere e analizzare alcuni elementi. Prima di tutto, la Russia non ha mai del tutto accettato che la Polonia entrasse nella Nato e non digerisce il fatto che sia riarmata con sistemi occidentali. E questo è un dato di fatto. Dopodiché, si può anche pensare che la Russia agisca diplomaticamente soprattutto sul fronte europeo perché qui trova anche tanti simpatizzanti, in Italia, in Germania, in Francia e la lista è pure più lunga, per cui c’è stato il tentativo di spezzare il programma dal suo interno. C’è anche un aspetto psicologico: la Russia non vuol mostrare di essere debole di fronte a 28 Paesi. Un conto è mettere tutte le carte sul tavolo (superiorità nello spazio, Prompt Global Strike e tutti i sistemi anti-missile in Europa, Usa e Asia) in un dialogo bilaterale con Washington, tutt’altro è parlare pubblicamente di fronte a 28 Paesi, fra cui anche ex repubbliche sovietiche come Estonia, Lettonia e Lituania ed ex membri del Patto di Varsavia, come la Polonia”.

Inizialmente si parlava di costituire un sistema comune russo-europeo, ma “… superficialmente si trattava di una buona idea, ma era vuota di contenuti. Perché per fare un sistema comune occorre una solida fiducia reciproca. La Russia (e neppure la Nato) non è mai stata disposta a delegare ad altri una parte della propria difesa. Oltre al fatto che un accordo raggiunto con la Nato e con gli Usa avrebbe potuto creare problemi seri fra la Russia e la Cina”. Ora che si è aperto un nuovo fronte di crisi in Ucraina e poi con l’accordo di associazione firmato da Ucraina, Georgia e Moldavia, cambierà qualcosa nel programma di difesa anti-missile della Nato? “Non cambierà, nel senso che non sarà diretto contro la Russia. Benché negli Usa vi sia sempre qualcuno intenzionato a creare uno scudo capace di contrastare anche la Russia, questo argomento non trova il consenso necessario fra i 28 membri della Nato. Fino a questo momento non se ne è mai parlato. L’argomento di fondo è che non ci sono i soldi necessari a mettere in piedi un sistema di difesa capace di annullare un deterrente come quello russo. Non abbiamo i soldi in Europa, non li hanno nemmeno gli americani”.


di Stefano Magni