Putin in Austria arriva a tutto gas

giovedì 26 giugno 2014


A cosa servono paginate di sconsolate dichiarazioni dell’ex commissario tecnico Cesare Prandelli sul disastro dell’Italia… calcistica? Presto detto: a nascondere le notizie vere, quelle che nel tempo finiscono per incidere nella carne viva della nazione. La più silenziata di tutte è stata la visita ufficiale di Vladimir Putin, l’altro giorno, in Austria.

L’incontro, richiesto dal presidente austriaco Heinz Fischer, ha riguardato cose concrete. I leader dei due Paesi hanno parlato di Ucraina, riaffermando la volontà di produrre tutti gli sforzi necessari per una soluzione rapida e pacifica della crisi in atto. Inoltre, alla presenza del cancelliere federale Werner Faymann, hanno discusso del progetto “South Stream” che dovrà portare il gas russo nel sud Europa, bypassando lo snodo ucraino.

L’argomento è di grande importanza perché rappresenta la risposta netta delle autorità austriache ai palesi tentativi dell’amministrazione di Washington di impedire il completamento dell’opera. Vi è un interesse forte del partner transoceanico ad ostacolare l’intensificarsi dei rapporti commerciali tra i Paesi europei con il player russo. Tuttavia, la leadership viennese ha saputo dire di no all’oltranzismo di Obama, che voleva tutti i Paesi Ue appiattiti sulle posizioni della Casa Bianca.

L’iniziativa diplomatica è certamente una mossa “azzeccata”. Il guaio è che analoga posizione l’avrebbe dovuta assumere l’Italia, anche alla luce dell’inizio imminente del suo semestre di presidenza europea. Così non è stato, a riprova del fatto che il capo del Governo, Matteo Renzi, di là dagli effetti speciali con cui veste i suoi spot propagandistici, abbia abdicato all’idea che l’Italia possa muoversi autonomamente sullo scacchiere internazionale. A prescindere, cioè, da cosa pensino gli altri partner occidentali, Casa Bianca e cancelleria tedesca in primis.

Eppure, la vicenda del South Stream dovrebbe starci a cuore non meno di quanto sia nei pensieri dei nostri vicini d’Oltralpe. Si dimentica che nel consorzio delle imprese costruttrici della megaopera transnazionale vi è anche, con una significativa quota societaria, la nostra Eni. Forse sfugge ai nostri governanti che il “sistema Paese” dipenda dal gas russo per un buon 30 per cento del fabbisogno complessivo. Per queste ragioni viene da chiederci perché mai Renzi non abbia preso il coraggio tra le proprie mani e abbia deciso di invitare, lui per primo, il leader russo a discutere di pace e di cooperazione? Non si tratta di rivendicare un primato campanilistico. La questione è ben più delicata.

A novembre dello scorso anno, l’allora Governo Letta, nel corso di un vertice bilaterale con la Russia, aveva siglato numerosi accordi e partenariati commerciali. Dopo l’incontro di Trieste, in pochi mesi è cambiato il mondo e poco ci è mancato che, con l’escalation della crisi ucraina, venisse giù tutto. Ora la situazione sembra equilibrarsi nuovamente, nonostante le continue minacce statunitensi. Non sarebbe stato il caso di chiedere a Mosca una verifica degli accordi raggiunti offrendo, in cambio, la costruzione di un ponte di dialogo, come proposto in queste ore dal presidente austriaco Fischer? Non che Renzi sia un tipo timido. Ha già visto svariate volte la Merkel, Hollande e il presidente Barak Obama. E Putin? Forse che quelli della Farnesina abbiano perso il numero del centralino del Cremlino?

Voci di corridoio, diffuse dalla stampa, sostengono che sia Washington che Berlino abbiano mostrato irritazione per l’iniziativa austriaca. Sarà! Ma i viennesi, pensando agli interessi della loro economia e dei loro cittadini, se ne sono infischiati dei mal di pancia altrui e hanno steso il tappeto rosso delle grandi occasioni all’arrivo dello “zar” Putin. Noi, invece, l’unica cosa che abbiamo saputo fare è stata di spedire in Mar Nero, su richiesta dei nostri alleati, nave “Elettra”, un’unità di supporto polivalente della Marina militare, che tradotto significa: spionaggio satellitare.

In precedenza l’Osce (guidata da un capace italiano, l’ambasciatore Lamberto Zannier) aveva individuato il nostro Paese come possibile mediatore nella crisi ucraina. Dopo l’assunzione di un atto politicamente sensibile come quello di inviare una nave spia ad osservare i movimenti degli interlocutori russi, dovremmo meravigliarci se al Cremlino decidessero di infilare nel freezer tutti i piani di cooperazione già sottoscritti con la solita italietta ballerina?


di Cristofaro Sola