A Philadelphia apre l’Immigration Museum

sabato 31 maggio 2014


Philadelphia non è solo un luogo storico e fondamentale per la storia degli Stati Uniti, ma anche una delle più importanti città americane per la comunità italiana in America. In realtà, tutta la Pennsylvania è stata il punto di arrivo per centinaia di migliaia di italiani. Domani, in occasione delle celebrazioni per la festa nazionale italiana, Philadelphia vedrà l’inaugurazione di un luogo molto importante: l’History of Italian Immigration Museum, un fantastico progetto museale che celebrerà e rappresenterà l’esperienza italiana non solo a Philadelphia ma in tutti gli Stati Uniti. Siamo molto lieti di annunciare questo bellissimo evento, parlandone con uno dei co-fondatori del museo, Michael Bonasera.

Michael, per favore dicci qualcosa sulla storia l’History of Italian Immigration Museum. Chi ha avuto l’idea, e quando?

L’idea di creare un museo fu nacque in origine da Pasquale Nestico ed Ernesto Milani, che è anche membro del chapter italiano di Filitalia International, nonché uno storico dell’immigrazione molto interessato ad avere maggiori informazioni qui negli Stati Uniti. Quindi, il progetto di creare un museo fu poi approvato dal Consiglio di amministrazione di Filitalia International nel mese di novembre del 2012. Il museo è una no-profit nata sotto l’egida della Filitalia Foundation con questa visione: celebrare le radici italiane e il sogno americano, pienamente di concerto con la missione di Filitalia International: “Promuovere, proteggere e preservare il patrimonio, la lingua, la cultura e le tradizioni italiane in tutto il mondo, e incoraggiare lo studio della lingua italiana”.

Che cosa è Filitalia International?

Filitalia International è stata costituita nel 1987 sotto la guida di Pasquale Nestico e Michele Giampaolo. Abbiamo 26 chapters di cui 12 negli Stati Uniti e poi in Italia, Germania, Svizzera, Canada, e stiamo crescendo. Abbiamo il nostro centro di lingua e cultura dove offriamo lezioni di lingua italiana per bambini e adulti, con insegnanti certificati; organizziamo mostre di artisti italoamericani, eventi culturali, culinari ed enogastronomici; abbiamo un programma di borse di studio per ogni tipo di scuola, e stiamo lavorando con il nostro consiglio italiano per contribuire a promuovere il programma Advanced Placement (AP), dove i ragazzi più grandi delle scuole superiori possono frequentare corsi che assegnano crediti universitari. Sul nostro sito www.filitaliainternational.com sono ben descritte tutte le nostre attività.

Filitalia International è nello stesso edificio in cui sarà il museo?

Sì, la location è al 1834 East di Passyunk Avenue, a Philadelphia, Pennsylvania. Si trova nel cuore di Philadelphia, in una parte della città storica e prevalentemente italoamericana. Abbiamo iniziato con umili origini nel seminterrato della casa mia e di mia moglie Wanda... di concerto con il motto di Filitalia: “Umiltà, Giustizia, Onestà”. Anche i nostri fondatori iniziarono dal basso, quando vennero per la prima volta in America con poco più di quello che potevano portare sulla barca.

Quali attività si terranno nel museo, dopo la sua apertura?

Il museo è stato costituito per dare informazioni sulla storia dell’immigrazione italiana, partendo sin dai primi tempi del Nuovo Mondo con Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Giovanni da Verrazzano, Giovanni Caboto e altri: furono gli esploratori e scopritori delle regioni dell’emisfero occidentale. Si passa a raccontare alcune storie del periodo coloniale, ai tempi dei padri fondatori degli Stati Uniti: due di coloro che hanno firmato la Dichiarazione di Indipendenza erano di origine italiana. Successivamente ci si occuperà di raccontare la metà del Ottocento, con alcune personalità molto importanti come Costantino Brumidi, che è stato chiamato il “Michelangelo d’America”, che dipinse gli affreschi della cupola del Campidoglio a Washington... vogliamo evidenziare i successi culturali di questi primi italoamericani, perché hanno aiutato a costruire questo Paese, e contribuito ad ampliare la conoscenza americana della splendida cultura italiana, delle sue arti, dei suoi mestieri e delle attività, che portarono con loro quando vennero qui. Quindi da lì arriveremo a mostrare la storia del grande arrivo, quando milioni di immigrati italiani vennero in America, soprattutto dalla Sicilia e dall’Italia meridionale, e poi si dispersero in tutti gli Stati Uniti trovando nuovi luoghi da chiamare “casa”. Descriviamo molti mestieri e competenze che quegli italiani hanno mostrato e utilizzato per sopravvivere: erano sarti, falegnami, barbieri, conciatori e tutti avevano il desiderio di creare un nuovo ambiente familiare e una vita migliore per i loro figli... questa è la loro storia! Poi per concludere ci muoviamo avanti lungo il XX secolo, concentrandoci sul grande sacrificio relativo alla seconda guerra mondiale, di coloro che hanno servito nelle forze armate americane, dei familiari rimasti a casa ma che anch’essi parteciparono allo sforzo bellico. Questi sono tutti lasciti molto importanti, ma più di tutto noi vogliamo celebrare e sottolineare i loro successi: gli italoamericani hanno contribuito alla società americana in tanti modi, nel campo della scienza o dell’intrattenimento, della musica o dell’arte o dell’architettura, ci sono tanti esempi meravigliosi. Ad esempio, tra le collezioni permanenti che avremo, di una sono particolarmente orgoglioso e la consiglio ai lettori che ci verranno a visitare: un intero negozio di barbiere, com’era tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60, completo con tutti gli attrezzi del mestiere, rimasto intatto com’era allora. Siamo stati fortunati ad avere un membro della nostra organizzazione che ha ormai 76 anni, Sal Rosati, che aveva questo negozio di barbiere molti anni fa e fortunatamente lo ha conservato esattamente come era. Questa storia è interessante perché Sal Rosati è venuto qui da ragazzo, forse a 15/16 anni, nel 1953: e lui era già un cittadino americano, perché suo padre nacque qui. Il nonno crebbe qui la sua famiglia qui e nel 1918, quando tre dei suoi figli morirono a causa dell’influenza spagnola, preoccupato per la salute del resto della famiglia si trasferì in Italia. Più tardi, quando Sal Rosati arrivò a Philadelphia nel 1953, era per questo già un cittadino americano. Sal ci ha raccontato la storia di come suo nonno partecipò alla costruzione del Benjamin Franklin Bridge, che va da Philadelphia a Camden, New Jersey; narrandoci di come, a causa del freddo pungente dell’inverno sopra il fiume, il nonno portava tre cappotti per tenersi caldo mentre lavorava. Quando il ponte fu completato, era il ponte sospeso più lungo del mondo. Questa è solo una delle migliaia e migliaia di storie di dell’emigrazione italiana a Philadelphia e negli Stati Uniti.

Avrete anche un centro per la genealogia familiare...

Si, infatti una delle cose molto importanti per i nostri soci è che molti di loro qui negli Stati Uniti sono italiani di prima o seconda generazione: siccome sono anziani e hanno una storia da raccontare, abbiamo l’obbligo di provare a recepire quelle storie mentre sono ancora con noi, e documentarle in modo che possano essere conservate. Sarebbe una tragedia non essere in grado di impararle e conservarle mentre possono essere raccontate ancora da chi le ha vissute.

Puoi dirci qualcosa sulla storia dell’immigrazione italiana a Philadelphia?

Sì, ma prima di tutto vorrei sottolineare che anche se il nostro sarà il primo museo italiano a Philadelphia, dopo molti anni di tentativi falliti da parte di altri prima di noi, l’oggetto del nostro progetto non è solo l’immigrazione italiana nella nostra città. Si tratta di una celebrazione dell’emigrazione di italiani provenienti da ogni regione d’Italia verso tutto il mondo. Coloro che emigrarono qui furono davvero tanti, provenienti da tutta Italia, e penso che era una delle cose belle di questa sfida che abbiamo intrapreso sia quella di raccontare le loro storie. L’emigrazione dei primi anni del Novecento a Philadelphia era prevalentemente dal sud dell’Italia, molto spesso dalla Sicilia, dalle regioni più povere. Abbiamo scoperto che ci sono molti club e gruppi che provenivano da una specifica città o regione d’Italia e continuano oggi a riunirsi per incontrarsi e socializzare qui a Philadelphia: c’erano e ancora ci sono club di calabresi, di siciliani... anche uno dalla piccola città di Montecilfone, in provincia di Campobasso. Ce ne sono così tanti, penso che siano centinaia di club. Un’altra cosa importante è che alcune di queste organizzazioni hanno ormai solo 20 o 30 o 50 membri, e probabilmente non hanno un sito web, ma hanno la stessa passione e amore di quelli più grandi. Io spero che l’istituzione del museo qui a Philadelphia possa incoraggiare i membri di questi club più piccoli a raccontarci le loro storie, e a diventare una parte permanente del museo e del centro genealogico. Abbiamo certamente avuto un grande numero di eminenti italoamericani in molti modi: per esempio qui a Philadelphia negli anni ‘70 abbiamo avuto un sindaco di origine italiana molto amato, Frank L. Rizzo. Inoltre, la Basilica Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, la più grande chiesa cattolica in Pennsylvania, situata nel centro di Philadelphia, in gran parte fu decorata al suo interno da Costantino Brumidi.

Cosa significa per te essere un italoamericano?

Beh, mi viene la pelle d’oca... tanti pensieri passano per la mia mente! Sono un italoamericano orgoglioso di esserlo e credo che sia perché ritengo prima di tutto una benedizione il fatto di avere un’eredità culturale meravigliosa come quella italiana, grazie ai miei nonni che sono venuti in questo paese e hanno lavorato così duramente per iniziare una nuova vita - e avere successo! E grazie anche a mio padre, Trentino, che ha instillato in me il suo amore per l’arte e per la musica, e che mi ha insegnato l’importanza dell’apprendimento, su tanti diversi livelli: io sono molto orgoglioso di avere origine italiana. La cultura italiana è così ricca e bella: il mio nome completo è Michael Angelo Trento Bonasera, quindi, anche il mio nome mi ricorda della nostra arte e della incredibile bellezza che è stata realizzata dall’Italia rinascimentale: e Michelangelo era solo uno dei tanti maestri che rendono la cultura e il patrimonio artistico italiano così grande. Gli italiani di tutto il mondo hanno molto da offrire e molto da condividere: e davvero moltissima cultura italiana viene dalla storia delle sue numerose medie e piccole città. Così, a volte mi è capitato di sentire qualcosa come: “Se non sei della mia città non sei mio paesano”. Penso che sia difficile avere tutti gli italiani uniti in una unica comunità con una causa condivisa che parte dal nostro grande patrimonio comune. La mia speranza è che il museo possa agevolare questa speranza di rendere la comunità italiana più unita: saremo più potenti insieme, con l’obiettivo di contribuire a rendere più facile il portare avanti le nostre battaglie culturali, proteggere il nostro patrimonio e condividere le sue ricchezze con il mondo. Per cui prego tutti coloro che leggeranno queste mie parole di unirsi a noi nella nostra ricerca e di diventare un membro dell’History of Italian Immigration Museum, visitando il sito www.filitaliainternational.com.


di Umberto Mucci