In Ucraina la nuova cortina di ferro

sabato 3 maggio 2014


L’operazione militare ucraina per cercare di riprendere il controllo delle regioni dell’Est è entrata nella sua fase esecutiva. Le truppe di Kiev hanno smantellato una decina di check-point abusivi attorno alla cittadina di Sloviansk, epicentro del fronte russo. Ma hanno anche iniziato a subire gravi perdite: due elicotteri sono stati abbattuti dai “separatisti”. E, visto il moltiplicarsi delle dichiarazioni bellicose del Cremlino, il governo provvisorio ucraino teme sempre di più un possibile intervento armato del potente vicino.

Leggere il conflitto in corso come una guerra civile ucraina è comunque fuorviante. I “ribelli pro-russi”, evidentemente hanno armi capaci di abbattere elicotteri e sono capaci di usarle. Non si tratta dunque di milizie improvvisate, ma di professionisti addestrati. Non si tratta di pezzi di esercito ucraino che hanno disertato per la causa russa, ma di militari russi, sebbene non in veste ufficiale. Quella in corso, dunque, è già un’invasione russa, anche se non dichiarata e non plateale. Quando il Cremlino afferma (come ha fatto ieri) che uno scontro in Ucraina può “condurre il Paese alla catastrofe” e chiede che si riunisca d’urgenza il Consiglio di Sicurezza, lo fa sapendo di avere già proprie truppe sul terreno e in azione contro l’Ucraina.

Proprio perché l’intervento del Cremlino è già iniziato, la controffensiva ucraina è caratterizzata da estrema prudenza. Si combatte a intermittenza, alternando fasi distensive e pause ad azioni militari. Lo scontro a Sloviansk, per ammissione dello stesso governo provvisorio di Kiev, è volta a contenere la pressione dall’Est, ma non a rovesciarla. Perché, oltre un certo limite, le forze ucraine non sono in grado di intervenire. Kiev ragiona in prospettiva, per il futuro: per ovviare a questa debolezza, il presidente Olexander Turchynov ha restaurato la leva obbligatoria. I riservisti saranno richiamati e il Paese verrà posto sul piede di guerra.

La Nato ha avviato alcune forme di cooperazione blanda. Specialisti della comunicazione coopereranno con Kiev per diffondere informazioni nell’Est, dove si è venuto a creare un buio informativo riempito dai soli media russi. Gli Stati Uniti, la settimana scorsa, avevano già approvato l’invio di aiuti non bellici all’esercito ucraino, in modo da sostenerne la logistica. Oltre non è pensabile andare: non si può rischiare una guerra fra Nato e Russia. Anche la Nato, dunque, ragiona in prospettiva: il segretario alla Difesa statunitense, Chuck Hagel, ha esortato gli alleati europei a rivedere i loro tagli ai bilanci della difesa. Nel mondo di ieri, ha fatto capire Hagel, ci si poteva cullare nell’illusione che la fine della guerra fredda avesse posto termine al pericolo di un’invasione, alle aggressioni di uno Stato nazionale ai danni dei vicini. La crisi in Ucraina dimostra proprio il contrario: l’Europa occidentale deve ricominciare a pensare in termini di auto-difesa dei propri territori. Il vicesegretario generale della Nato, Alexander Vershbow: “La Russia ha chiaramente dichiarato di considerare la Nato come un avversario. Allo stesso modo, noi dobbiamo iniziare a vedere la Russia non più come un partner, ma come un avversario”.

Forse i protagonisti internazionali di questa vicenda non se ne stanno ancora rendendo conto, ma dopo 23 anni di speranze (o illusioni?), la contrapposizione militare fra Est e Ovest è ricominciata. Probabilmente avremmo dovuto accorgercene nel 2008, quando la Russia invase la Georgia. Abbiamo invece deciso di prenderci altri 6 anni di vacanza. Ma ormai ogni possibilità di voltare lo sguardo dall’altra parte è finita: la guerra fredda è ricominciata. Il suo confine non è più in Germania, ma in Ucraina. È tempo, per tutti i governi europei, di fare scelte di campo decisive.


di Stefano Magni