Sanzioni a Mosca, Ucraina perde Luhansk

mercoledì 30 aprile 2014


L'Ucraina dell'Est è in piena escalation di conflitto. La città di Luhansk è stata “espugnata” da alcune decine di uomini armati di spranghe, che hanno fatto irruzione nella sede del governo regionale e hanno issato la bandiera russa, confrontandosi con la polizia (ma senza scontrarsi con le forze dell'ordine) e proclamando la loro intenzione di unirsi alla Russia. Si tratta, come nel caso di Donetsk, di azioni mirate, condotte da piccoli gruppi ben organizzati. Mosca nega ogni legame con loro, proclama a gran voce che si tratta di gruppi locali, di ucraini sinceramente pro-russi. Intanto, però, nella regione di Donetsk e in particolar modo nella città di Sloviansk, le milizie pro-russe (o russe?) tengono in ostaggio 40 prigionieri, soprattutto studenti ucraini ritenuti “spie” del partito di estrema destra Pravy Sektor, e anche 7 osservatori europei dell'Osce, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, anch'essi accusati di “spionaggio”. Il sindaco di Kharkov, un ex uomo di Yanukovich poi passato alla causa del Maidan, è stato colpito da un proiettile alla schiena. E' un chiaro messaggio per chiunque “tradisca”.

Con metodi tipici dei terroristi, i miliziani hanno mostrato in televisione i loro prigionieri e chiedono un riscatto di tipo politico, non economico: possono rilasciare i prigionieri, in particolar modo quelli dell’Osce, solo in cambio della fine delle sanzioni alla Russia. Dunque nell'Est ucraino operano milizie “solo locali”, che però fanno direttamente gli interessi di Mosca. Così come, negli anni '90, il dittatore serbo Slobodan Milosevic si lavava le mani delle azioni e dei crimini commessi dalle “milizie serbe di Bosnia” (organizzate, però, da ufficiali e armate dall'esercito regolare di Belgrado), adesso Putin può fare di nuovo il “ponzio pilato” in Ucraina. Pochi gli credono, nella comunità internazionale. L'intento di destabilizzare l'Ucraina, da parte della Russia, è sempre più evidente. Pur non muovendo direttamente le truppe, ma mantenendole minacciosamente ai confini, milizie e irregolari, non identificabili come soldati dell'esercito russo, stanno già espugnando un altro pezzo del Paese. E l'obiettivo principale, impedire le elezioni, è quasi riuscito. Il governo di Kiev ha infatti annunciato che, il prossimo 25 maggio, data delle elezioni generali, il voto potrebbe anche non tenersi nelle regioni orientali, a causa della forte mancanza di sicurezza nell'area. I grandi assenti sono l'esercito ucraino e le forze dell'ordine fedeli a Kiev. Anche nel caso di Luhansk, gli assalitori hanno agito indisturbati, pur essendo molto pochi e privi di armi da fuoco. Nella regione di Sloviansk vi sono sabotaggi e trasferimenti di milizie da una città all'altra completamente incontrastati. Kiev sa di non poter usare la mano pesante, per due ragioni molto semplici: non può contare fino in fondo sulla fedeltà delle sue forze armate e sa che un intervento armato vero e proprio causerebbe una risposta militare russa, come in Georgia nel 2008, come è già stato detto chiaro e tondo dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, la settimana scorsa. Il governo provvisorio guidato da Arseny Yatsenyuk si sta dunque rassegnando all'idea di perdere il controllo di più di una propria regione, dopo aver già completamente perso la Crimea?

Probabilmente sì, considerata l'assenza di risposte energiche alla crisi. Il nucleo più fedele delle forze ucraine, la Guardia Nazionale, ha iniziato a reclutare il mese scorso e occorrerà più di un anno prima che possa essere operativo. La sicurezza dell'Ucraina, insomma, dipende solo dall'estero. E che tipo di appoggio potrebbero mai dare l'Ue, la Nato o gli Stati Uniti? Dagli Usa arriva la conferma della linea di Barack Obama: sanzioni mirate contro le personalità della “cerchia interna” di Vladimir Putin. Fra questi figura Igor Sechin, stretto collaboratore del presidente russo e magnate della Rosneft. Poi figurano alti dirigenti civili e militari, fra cui Sergej Ivanov, capo di gabinetto, Igor Sergun, direttore del Gru (servizio segreto militare), Vladislav Surkov, stratega elettorale di Putin, Dmitri Rogozin, vice-premier. L'Ue segue esattamente la stessa strategia, colpendo, con sanzioni economiche mirate, alcune delle personalità già colpite dalle misure restrittive americane (come Igor Sergun) e aggiungendone altre, fra cui Dmitri Kiselijov, anchorman putiniano che il mese scorso aveva fatto sensazione dichiarando che la Russia fosse pronta a trasformare gli Usa in “cenere radioattiva”. Poco colpiti, invece i settori produttivi. L'unica istituzione economica presa di mira è la Bank Rossija. Ma petrolio, gas e settore estrattivo restano illesi. Il motivo di questa scelta è chiaro: si vogliono evitare gli effetti collaterali sull'economia europea. Dunque le grandi aziende russe continueranno a esportare come prima, ma solo i grandi oligarchi della cerchia di Putin e alcuni funzionari e politici di rilievo subirebbero danni personali. Obama, insomma, ha seguito il consiglio del dissidente russo Garry Kasparov, che suggeriva di colpire il potere russo, ma non i russi in generale, di mettere gli uomini al vertice di fronte alla scelta fra la lealtà a Putin e al loro portafogli.

Che effetto hanno queste sanzioni? Per ora nullo. Anzi, la borsa di Mosca ha aperto lunedì in positivo. I mercati hanno segnalato, con un collettivo sospiro di sollievo, la debolezza delle sanzioni: le si attendeva molto più pesanti. Il test è più verificabile nel medio periodo: solo nei prossimi mesi/anni si potrà verificare quanto gli uomini di Putin siano più fedeli al capo o al loro tornaconto personale. Nel medio periodo, poi, tutta questa crisi avrà certamente un impatto negativo sull'immagine della Russia. E la fuga di capitali lo testimonia. Obama (lo si è capito sin da subito) è il presidente del soft power, è convinto che la “perdita della faccia” sia importante tanto quanto una sconfitta in battaglia. C'è però un problema: anche per i russi valgono le stesse regole? A loro interessa realmente di salvaguardare una buona immagine nel mondo? Se queste misure punitive, economiche e politiche, avranno un impatto nel prossimo futuro, nel frattempo l'Ucraina potrebbe anche scomparire come entità politica. Ed è questo che interessa a Mosca.


di Stefano Magni