Stragi nelle scuole Usa: solo una non-notizia

martedì 15 aprile 2014


Non sono passati neppure due anni dal massacro della scuola Sandy Hook, di Newtown (Connecticut), costato la vita a 20 bambini e 6 adulti. Le vittime per massacri scolastici, negli Stati Uniti, in questo breve lasso di tempo, sono state 28, in 45 differenti attacchi. L’ultima tentata strage è avvenuta giusto la settimana scorsa: 20 feriti, nella scuola superiore Franklin Regional a Murrysville (Pennsylvania). Prima di iniziare a scrivere le solite cose sulla violenza causata dalla diffusione delle armi negli Usa, è meglio spazzar via qualche facile luogo comune.

Prima di tutto, non esiste alcuna statistica che dimostri la correlazione fra stragi e videogiochi. I giochi violenti sono sempre esistiti, hanno sempre fatto paura ai genitori, ma non sono mai stati la causa di morti e massacri. Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, soprattutto negli Usa, pochi ricordano quanto fosse diffusa la paura per i giochi di ruolo, ancora quelli da tavolo (come D&D) e non elettronici. Associazioni di genitori, religiosi e comunità locali cercavano di “disintossicare” i giocatori.

Eppure i pochi casi di incalliti master e player coinvolti in casi di suicidi od omicidi erano già matti di loro: i loro giochi erano semmai una distrazione dalla loro follia. Da quando i giochi sono passati dal tavolo al computer e da questo alla playstation, non è cambiato nulla, solo la tecnologia. Chi è matto resta matto, chi non lo è si diverte e basta.

Non è affatto detto che il numero delle stragi sia direttamente proporzionale alla diffusione delle armi da fuoco. Chi giunge a questa conclusione, la deduce abbastanza semplicisticamente dal fatto che gli Usa siano il Paese con la maggior diffusione di bocche da fuoco al mondo (l’89% dei cittadini è possessore di almeno un’arma) e siano ormai famosi per le stragi nelle scuole, così come lo sono per la Statua della Libertà, per la Casa Bianca e per Hollywood. Ma siamo sicuri che questa fama corrisponda al maggior numero delle stragi nelle scuole? Dobbiamo, prima di tutto, non perdere mai di vista le dimensioni. Quei 28 morti in 45 attacchi sono tanti in senso assoluto, ma se consideriamo che negli Usa ci sono 55 milioni di studenti dai 5 ai 18 anni (76 milioni di studenti, se includiamo anche le università), quella cifra di 28 morti appare veramente piccola: un morto assassinato o suicidato ogni 2,7 milioni di studenti. Il tasso di violenza nelle scuole della Gran Bretagna è 32 volte più alto, giusto per citare un Paese europeo di cultura molto simile a quella americana, ma dove le armi da fuoco sono decisamente meno diffuse. La strage o i singoli omicidi nella scuola rappresentano l’eccezione anche rispetto alla criminalità negli Usa presa nel suo complesso, dove il tasso di omicidi è 127 volte più alto.

Dunque, la strage nella scuola americana va presa per quella che è: l’eccezione. Rispetto ad altri luoghi di lavoro o di svago, strade o piazze delle grandi città, la scuola è ancora un posto molto sicuro. Mandare un figlio in una scuola non è rischioso quanto mandarlo a spasso nel Bronx o nelle vie di Detroit e Baltimora. Il problema è che: se ne parla tantissimo. Come abbiamo visto, il tasso di omicidi e suicidi nelle scuole britanniche è 32 volte più alto rispetto a quello nelle scuole americane, ma non se ne sente mai parlare. Chi vive in Francia sa che nelle peggiori scuole di Marsiglia e delle banlieue di Parigi si rischia la vita più che a Murrysville e nella Columbine High School, teatro della strage più nota degli Usa. Dunque perché proprio l’America deve diventare famosa per le sue stragi scolastiche?

La risposta è tutta nella politica. Il controllo delle armi è una delle “battaglie di civiltà” per eccellenza che dividono i Democratici dai Repubblicani. Sono due concetti opposti di Stato che si scontrano. I Democratici vorrebbero, chi più chi meno, europeizzare l’America, guardano al Vecchio Continente e al suo modello sociale di mercato come al futuro a cui ispirarsi. Il nostro modello implica uno Stato ben armato che controlla cittadini disarmati. I Repubblicani, al contrario, sono fieri difensori del modello americano, nato dalla Rivoluzione del 1776, che implica cittadini ben armati in grado di difendersi (se necessario) anche dal loro stesso Stato. La battaglia si svolge soprattutto a colpi di propaganda. I Democratici e il loro potentissimo circo mediatico non perdono occasione di accusare i loro avversari ad ogni singola strage nelle scuole, per ottenere nuove leggi sulle armi da fuoco. Il dibattito, cresciuto a dismisura dopo la strage della Columbine, resa celebre dal democratico Michael Moore con il docu-film “Bowling a Columbine”, è estremamente politicizzato. E quando la politica (e i suoi finanziatori, Nra da un lato e numerose lobby anti-gun dall’altro) entra in gioco, si perde la realtà e si entra nel regno dello slogan, del luogo comune: l’America diventa il Paese dove si spara nelle scuole. Punto. Non si discute più.


di Stefano Magni