Ucraina orientale, ecco l’annessione

mercoledì 9 aprile 2014


L’Ucraina rischia di essere invasa di nuovo. Dopo l’annessione della Crimea alla Federazione Russa, anche l’Est, in particolar modo le città di Luhansk e Donetsk iniziano a presentare gli stessi sintomi: occupazione delle sedi istituzionali da parte di minoranze armate, proclamazioni unilaterali di secessione dal governo di Kiev, richiesta di protezione al governo di Mosca. In Crimea questa richiesta ha ottenuto una pronta risposta. Nell’Est ucraino?

Quando avvengono eventi così distanti dalla nostra sensibilità di europei occidentali, occorre sempre distinguere fra il vero dal falso. Ed è facile cadere in una serie di trabocchetti tesi dalla disinformazione russa. Anche chi scrive ci è cascato parecchie volte. In particolar modo si deve distinguere fra due concetti apparentemente simili, ma opposti: l’autodeterminazione e l’annessione. Quello che è appena avvenuto in Crimea e ora si sta ripetendo in Ucraina orientale è un processo di annessione, anche se viene spacciato come espressione dell’autodeterminazione.

Ci sono alcuni dati di realtà che permettono di distinguere un’annessione da una libera adesione a un altro Stato. Il primo è la provenienza degli indipendentisti. Se arrivano dall’estero, sicuramente non si tratta di un indipendentismo genuino. A Donetsk e a Luhansk, le minoranze armate che hanno occupato le sedi amministrative e chiedono l’annessione alla Russia non sono costituite da cittadini ucraini di etnia russa, o di lingua russa. Non sono abitanti di quelle città orientali. Sono russi, a tutti gli effetti. Gli ucraini del posto li sanno distinguere anche solo dall’accento con cui parlano. Sono arrivati dalla Russia, a bordo di bus con targa russa. Questo non lo dicono solo gli attivisti del Maidan o fonti del governo ucraino, ma è confermato anche da fonti di intelligence statunitense. Tanto è vero che, forte di numerose prove nelle sue mani, il segretario di Stato americano John Kerry ha potuto condannare apertamente l’azione di “agenti provocatori russi in Ucraina orientale”. Non ucraini pro-russi, ma agenti provocatori russi che operano in Ucraina: c’è una bella differenza.

C’è un altro dato di realtà che permette di distinguere l’autodeterminazione dall’annessione: i numeri. La ribellione del Maidan coinvolse centinaia di migliaia di cittadini ucraina, di tutte le età e provenienze sociali. La ribellione della Crimea, così come quelle a cui assistiamo in questi due giorni a Luhansk e Donetsk, coinvolge poche migliaia (anche poche centinaia, in alcuni casi) di attivisti particolarmente organizzati e armati. In Crimea la situazione insurrezionale che ha portato all’unificazione con la Federazione Russa è stata creata da alcune migliaia di militari irregolari (privi di mostrine) la cui origine non è mai stata ufficializzata. Ma che tutti sanno provenire dalle vicine basi russe. Anche nelle città orientali, gli insorti sono molto pochi, nell’ordine delle migliaia al massimo. E sono particolarmente organizzati e violenti. A Luhansk, ad esempio, hanno disposto esplosivi all’interno del locale palazzo dell’amministrazione, per impedirne la riconquista. Si tratta di gente addestrata, determinata e disposta a fare tanti morti, se la situazione militare lo richiede.

Un terzo fattore sono i tempi. Ogni nazione o regione che aspira all’indipendenza sa che deve intraprendere un percorso lungo, lunghissimo. Il Kosovo, che viene spesso paragonato (impropriamente) alla Crimea, ha dovuto attendere 9 anni di amministrazione controllata dell’Onu prima di proclamare la sua secessione dalla Serbia. E tuttora alcune nazioni europee, fra cui la Spagna, non lo riconoscono. La Crimea, al contrario, ha atteso appena 2 settimane dopo che sul suo territorio sono comparsi i “misteriosi” soldati senza mostrine e distintivi, è stato imbastito un referendum in fretta e furia per dichiarare l’indipendenza. Che è stato vinto col 97% dei voti da chi voleva l’annessione alla Federazione Russa, quando solo un mese prima, ad esprimersi a favore di questo esito era solo il 40% della popolazione (secondo un sondaggio commissionato dall’allora governo pro-russo di Kiev). Nella città di Donetsk, la giunta provvisoria filo-russa vuole un referendum per l’annessione entro l’11 maggio, poco più di un mese. Troppo poco per parlare di un genuino percorso indipendentista.

Quello a cui stiamo assistendo, piuttosto, è un vecchio metodo di espansione territoriale. Un metodo che fu usato da Hitler per annettere l’Austria, i Sudeti (Cecoslovacchia) e Danzica (in Polonia), fino a far scoppiare la Seconda Guerra Mondiale. Un metodo analogo usato da Stalin per annettere la Polonia orientale, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania e tentare di conquistare la Finlandia. Un metodo usato più recentemente da Slobodan Milosevic per cercare di riconquistare la Croazia e la Bosnia-Erzegovina dopo la loro secessione. E usato nel passato recente anche dalla stessa Russia, per indebolire l’indipendenza di ex province dell’impero sovietico quali la Moldavia, la Georgia, l’Azerbaigian. E ora anche l’Ucraina.


di Stefano Magni