Italia e Stati Uniti sul grande schermo

sabato 29 marzo 2014


I film sono un modo meraviglioso per raccontare storie, e negli Stati Uniti molti milioni di persone – siano essi di origine italiana oppure no – amano le storie raccontate da e sull’Italia. È per questo che il cinema è uno degli strumenti più importanti della promozione della nostra cultura in America. Ogni anno, centinaia di eventi coinvolgono la proiezione di un film italiano da qualche parte negli Stati Uniti. Molto spesso avvengono sulle due coste. Ecco perché l’Italian Film Festival Usa è così importante: perché colma un vuoto, in altri luoghi degli Stati Uniti. Parliamo di questo con il presidente del festival, Barbara Klein, colei che ha avuto questa splendida idea, dieci anni fa.

Mrs. Klein, ci sono diversi Festival del cinema italiano in tutti gli Stati Uniti. Il vostro è diverso da ogni altro coinvolge ben 11 città! Ci dica qualcosa di più.

Sì, perché l’Italian Film Festival Usa si sviluppa oggi in undici città nel cuore degli Stati Uniti. L’obiettivo del festival è quello di promuovere il cinema italiano nelle città dove le persone non avrebbero altrimenti la possibilità di vedere film italiani. A differenza delle due coste, pochi film stranieri sono mostrati durante l’anno, nei cinema delle città in cui organizziamo la nostra kermesse. Il festival è iniziato nel 2005 a St. Louis e ha aggiunto un paio di città ogni anno. Quest’anno saremo a St. Louis, Detroit, Pittsburgh, Milwaukee, Indianapolis, Memphis, Cleveland, Boulder, Kansas City, Phoenix e Chicago. Il festival è organizzato interamente da volontari, il cui obiettivo è quello di incoraggiare le persone ad apprezzare il cinema, la lingua e la cultura italiana.

Nel vostro pubblico ci sono sia italiani nati in Italia che vivono e lavorano negli Stati Uniti, sia italoamericani. C’è un approccio diverso verso i nuovi film italiani tra queste due categorie?

Sì. Quando selezioniamo film che narrano di eventi storici, invitiamo un professore per introdurre il film in modo da dare al pubblico italoamericano uno sfondo per aiutarli a comprendere meglio il film. Il pubblico nato in Italia non ha bisogno di quel tipo di introduzione.

Dieci anni sono passati dalla prima edizione del festival. Dal suo punto di vista, quali sono le principali differenze - in termini di risposta del pubblico, di qualità dei film, della percezione generale del cinema italiano - tra il 2005 e adesso?

Il pubblico gode davvero e apprezza i film, come dimostrano i numeri relativi all’audience dei film. Il numero di partecipanti al festival è cresciuto ogni anno, e nel 2014 speriamo di raggiungere 10mila spettatori. Selezioniamo il meglio del cinema italiano, film con soggetti diversi, e una varietà di dramma, commedie e documentari. Tutti sono ottimi film.

Sono film in lingua italiana con sottotitoli in inglese?

Assolutamente, non possiamo fare altrimenti. Anche se molti degli organizzatori del festival, come me, sono insegnanti di lingua italiana che ne incoraggiano lo studio, ci rendiamo conto che per raggiungere un pubblico più vasto dobbiamo mostrare tutti i film con sottotitoli in inglese.

Avete mai pensato di introdurre la fiction televisiva italiana nei vostri contenuti? Alcune produzioni di questo tipo potrebbero essere molto interessanti e utili per spiegare alcune persone e alcuni eventi importanti per la storia italiana.

Uno dei primi film che abbiamo proiettato è stato “La meglio Gioventù”, che è fiction per la televisione italiana.

Avete anche una sezione chiamata “Meet the Directors”.

Sì. Abbiamo due registi che parteciperanno di persona al festival di quest’anno: Saverio Di Biagio con il suo primo lungometraggio “Qualche Nuvola”, e Massimo Ferrari con il suo documentario “Atlantis”.

Quali film hanno vinto le precedenti edizioni del festival?

Abbiamo una pagina del nostro sito web http://www.italianfilmfests.org che elenca i vincitori anno per anno, determinati dal feedback delle schede che ogni anno vengono distribuite agli spettatori ad ogni proiezione. Dal 2005 in poi, i vincitori sono stati “La meglio gioventù” e “I cento passi” di Marco Tullio Giordana, “Alla luce del sole” di Roberto Faenza, “Rosso come il cielo” di Cristiano Bortone, “La giusta distanza” di Carlo Mazzacurati, “Si può fare” di Giulio Manfredonia, “18 Anni dopo” di Edoardo Leo, “Benvenuti al sud” di Luca Miniero e “Terraferma” di Emanuele Crialese.

Quest’anno, un film italiano è stato premiato sia con un Golden Globe che un Oscar. Quale sarà l’impatto sul vostro festival, e sulla circolazione del cinema italiano negli Stati Uniti?

Certamente ci saranno più persone interessate al cinema italiano. “La grande bellezza” ha avuto una vasta distribuzione nelle sale negli Stati Uniti. Il nostro festival riguarda film italiani che il pubblico non ha avuto l’opportunità di vedere, quindi non abbiamo incluso “La grande bellezza”, ma siamo molto orgogliosi che la star del film di Tony Servillo sia in due dei film che proietteremo quest’anno: “Il gioiellino” e “Viva la libertà”. Siamo sicuri che il nostro pubblico sarà interessato a venire a vedere questi film interpretato da Servillo.

Qual è l’idea di Italia che il vostro pubblico si è fatta da questi dieci anni di film italiani? È diversa da quella che esce dai giornali e dal web?

Per molti dei nostri spettatori, il nostro festival è un modo per vedere immagini dell’Italia e connettersi con la terra dei loro antenati. Molti di loro hanno un’idea del loro vecchio Paese che è costruita sui racconti dei nonni, quindi questo è un modo di conoscere l’Italia moderna. Per gli altri, che non hanno alcun legame ancestrale con l’Italia, è un modo per interessarsi del nostro Paese e della sua cultura. Molti, dopo aver visto i film che mostriamo, sono interessati a venire a visitare l’Italia. Attraverso i film, il pubblico impara a conoscere la cultura e la storia italiana. Quando abbiamo proiettato “Buongiorno notte” su Aldo Moro, o quando abbiamo presentato “Noi credevamo” sull’unificazione d'Italia, abbiamo avuto discussioni sul contenuto dei film per rendere le persone più consapevoli circa eventi così importanti della storia d’Italia.

La mia ultima domanda è su St. Louis e il Missouri, dove lei vive. Qual è la storia dell’emigrazione italiana in quella zona?

Ci sono italoamericani la cui provenienza risale a tutte le regioni d’Italia, ma principalmente sono due le aree italiane dalle quali provengono i gruppi più numerosi: la Sicilia (molti da Termini Imerese) e la Lombardia occidentale (molti da Cuggiono e Arconate). Questi immigrati si stabilirono in due diverse Little Italy a St. Louis. L’area siciliana era a downtown; l’altra, fondata da immigrati provenienti dalla Lombardia occidentale, era ed è tuttora chiamata “The Hill” e comprende la chiesa di S. Ambrogio, dove si celebra una volta al mese una messa in lingua italiana. Purtroppo, l’area siciliana è stata distrutta per poter riqualificare l’area urbana e costruire uno stadio. Molti dei siciliani si trasferirono nel “The Hill”, che oggi è un quartiere molto prosperoso noto per i suoi ristoranti, negozi, supermercati etnici e un forte senso di orgoglio italiano. Purtroppo, non molti italoamericani qui parlano la nostra lingua. Io insegno italiano e molti dei miei studenti sono di origine italiana, e vogliono imparare la lingua dei loro nonni.

C’è una grande presenza italiana oggi?

Sì. Ci sono molti italiani nati in Italia che ora vivono a St. Louis. Sono imprenditori e commercianti, o lavorano per le multinazionali, nel campo dell’istruzione o della medicina. Ad esempio, ci sono alcuni ricercatori italiani presso la Washington University School of Medicine, una delle più prestigiose università degli Stati Uniti. Tutti assistono e sostengono l’Italian Film Festival Usa: per loro è l’occasione di vedere gli ultimi film italiani su un grande schermo.


di Umberto Mucci