Crimea, Putin il “maratoneta”

sabato 22 marzo 2014


La mitica guerra di Crimea (mitica in Italia tanto da aver lasciato nella toponomastica una traccia indelebile, da Cernaia a Balaklava), fu uno stranissimo e breve conflitto senza praticamente conseguenze in un periodo quasi pacifico tra le guerre napoleoniche ed il conflitto franco- tedesco. La Crimea non fece scoprire all’Occidente che la Russia era di un’altra pasta rispetto agli altri Paesi orientali, dove polacchi, turchi, tartari, mongoli venivano guardati con timore, ma soprattutto con il disprezzo riservato alle culture barbare, anche quando ci fosse la fede in comune. Lo sapevano bene gli svedesi, cancellati tra le grandi potenze, e i napoleonici.

Dal punto di vista slavo il conflitto fu solo una tappa, magari insolita, del lungo e macerato trattamento che i russi riservarono a quella vasta e molle materia che era divenuta la Turchia, non a caso chiamata “il malato d’Europa”. La guerra di Crimea fu conseguenza del lungo elenco di guerre russo-turche dove si colloca al decimo posto cronologico. La Prima guerra del 1556-70 passò la sovranità del Khanato di Astrakhan allo zar Ivan il Terribile. La Seconda del 1676, a seguito della guerra polacco- turca, aveva diviso l’Ucraina a metà tra russi e turchi. La Terza del 1686- 1700, capitanata da Pietro il Grande e pagata dai veneziani, fece vedere ai russi non proprio il mar aperto del Mar Nero ma l’introduzione del mare- lago interno che lo precede, il Mar d’Azov. Nel 1710 Pietro il Grande non vide più il piccolo mare interno, perdendo in parte con il Sultano quanto vinto con il re svedese Carlo XII. Trent’anni dopo, la zarina Anna riconquistò le sponde dopo una sfortunata campagna condotta con gli austriaci. Tra la sesta e la settima volta, 1774 e 1792, mentre imperversava la Rivoluzione, la tedesca Caterina con la pace di Kuciuk Kainargi e poi di Iassy, strappò ai turchi l’ultimo Khanato, quello di Crimea, lontano ricordo dell’invasione mongola di 3 secoli precedente. La Crimea, guarda caso, prima fu formalmente uno Stato indipendente, poi venne annessa alla Russia.

I russi, nel loro mortale conflitto con i turchi, sperimentarono più volte l’incostanza degli europei: due volte abbandonati dagli austriaci già alleati, due volte attaccati da prussiani e francesi, improbabili alleati di Instanbul. Nell’Ottavo conflitto (1812) i turchi, spalleggiati da Parigi, attaccarono, conquistarono e persero l’odierna Moldavia, prima che cominciasse l’invasione napoleonica. Nel 1829 una Russia trionfatrice sugli equilibri europei, assieme all’UK, con il nono scontro arrivò al Mar Nero, al Danubio, a Gruzia e Armenia. Giocoforza considerava lo Stretto dei Dardanelli cosa propria; tanto più che nel ‘92 tutti gli stati europei avevano complottato per spartirsi completamente l’impero ottomano. Tutti gli europei ma non gli inglesi.

Alla notizia che a Hünkâr İskelesi i turchi avevano ceduto il controllo degli stretti a Mosca, scoppiò la nostra guerra di Crimea, quella mitica. Mosca a sorpresa si ritrovò tutti contro, ottomani, inglesi, francesi anche sardi. Alla notizia che c’erano anche i sardi, lo zar inutilmente chiese chi fosse il re di Cagliari. I russi non capivano cosa importasse agli europei già da tempo in tutto il mondo, dal Sudamerica all’India, di un mare chiuso come il Mar Nero, che in fondo era una questione tra loro e i turchi. Non capivano come i francesi potessero sollevare la questione dei luoghi santi dal momento che avevano fatto un calendario laico antireligioso, gli inglesi che odiavano i cattolici, tutti alleati dei mussulmani. Erano anche tremendamente delusi dagli austriaci che non sostennero Mosca che pure li aveva salvati dai moti del ‘48 ungheresi con un’opportuna repressione. I sardi, che poi si scoprì erano piemontesi, praticamente dei cosacchi francesi autonomi, per farsi notare, si fecero sgozzare nelle battaglie di Balaklava e della Cernaia, che infatti in russo vuol dire “La Nera” (Morte). I russi dovettero abbandonare la Sebastopoli fondata da Potemkin all’epoca delle guerre caterine. Fu un conflitto breve ma così sanguinoso che ne venne fuori la Croce Rossa. Ai colloqui di pace, tutti sembrarono scusarsi con i russi, che dalla sconfitta non subirono perdite. Fu invece l’occasione per gli inglesi e per il cosacco Cavour di tuonare contro il Papa, contro Napoli, contro l’Austria, insomma contro i reazionari.

Nel 1878 invece il trattato di pace fu l’epopea tedesca di Bismarck e del suo concerto europeo, nel quale la Russia vedeva il suo tentativo di prendere tutto il Mar Nero andare in fumo. La Dodicesima volta fu la prima guerra mondiale, dove il premio per Mosca erano ancora gli Stretti. Gli imperi turco e russo sparirono e gli eredi laicissimi, dopo tra le due guerre, divennero quasi alleati. Nel 1940-41 come scrisse D’Amoja, fascisti, nazisti, bolscevichi e kemalisti cercarono di accordarsi per la spartizione del mondo. Mosca voleva gli Stretti però e Berlino non voleva. A seguire l’invasione tedesca.

Anno 2014, ancora una volta l’Occidente è compatto contro la Russia per la Crimea (o Mar Nero, o Stretti). È un conflitto pleonastico. La flotta russa stava prima in Crimea come ci starà domani. Non c’era forza che la potesse stanare. Ieri si moriva per la Crimea e per i luoghi santi, oggi si requisiscono patrimoni per la libertà di Kiev. Ieri come oggi , i tedeschi sono titubanti, in attesa di capire quale sia il carro vincente, chi non ha forza, strilla - scandinavi e polacchi - ieri come oggi. Ieri come oggi parte degli ucraini dà loro ascolto e parte no. Perché allora l’Occidente anglofono (più di risulta quello francofono) è così deciso? Perché ogni passo della Russia va sempre nella stessa direzione, con lo stesso scopo. Che importa la Crimea, che importa l’Ucraina? Dato il là al passo, la strada (put’) di Mosca va verso gli Stretti, oppure alle spalle là dove i turchi soffrono l’insurrezione continua curda e dove i siriani li attendono grati. La Russia di Putin non segue la politica estera sovietica ma quella dello zar marciatore. A Putin, lo stradaiolo, camminare a lungo piace moltissimo. Era meglio evitare di fargli cominciare la maratona.


di Giuseppe Mele