Costituzione, Tunisia ad una svolta storica

mercoledì 8 gennaio 2014


Tre anni dopo l’inizio della Rivoluzione, le speranze di completa apertura al processo democratico, con la redazione di una nuova Carta Costituzionale, sembrano finalmente andare verso una felice realizzazione. Il 14 dicembre scorso segna un punto di svolta con l’elezione del nuovo Primo Ministro Mehdi Jomaa, un giovane tecnocrate di 50 anni molto vicino al partito Nahdha (islamisti di Governo) ma anche visto di buon occhio dall’opposizione.

Il giorno del suo insediamento il nuovo Premier annuncia che la Tunisia ha bisogno di stabilità e fiducia nel futuro. Per fare questo, promette che farà di tutto per sollecitare l’Assemblea Nazionale Costituente ad approvare in forma definitiva la nuova Costituzione entro il 14 gennaio 2014 (anniversario della Rivoluzione). Già dai giorni successivi s’intravede il cambio di approccio. L’Articolo Uno della Costituzione viene approvato dall’Anc, con il rigetto dell’Islam quale religione di Stato, bensì ridimensionato a semplice riferimento etico. Sabato scorso è stato approvato, dopo lungo dibattito, l’articolo 6 che garantisce la libertà di coscienza e definisce lo Stato il “garante della libertà di coscienza”, assegnandogli la responsabilità di assicurare la neutralità delle moschee e luoghi di culto.

Ma è di ieri la notizia che, per la prima volta nel mondo arabo, la parità di sesso è stata proclamata senza discriminazione alcuna. L’uguaglianza dei tunisini e delle tunisine è entrata nella Costituzione, malgrado le strenue resistenze attuate dagli islamisti che continuavano a chiedere la “complementarietà del ruolo della donna rispetto all’uomo, in ambito familiare”. “Tutti i cittadini e le cittadine hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Sono uguali davanti alla legge senza alcuna discriminazione”, recita l’articolo 20, frutto del compromesso raggiunto tra El Nahdha e l’opposizione laica. Nonostante tutto questo sia considerato un successo dalle molte associazioni femministe tunisine, le organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International e Humans Rights Watch lo ritengono ancora riduttivo.

In un comunicato citano che “il testo non evoca chiaramente la parità tra uomini e donne e rischia di escludere gli stranieri in Tunisia. Il principio di uguaglianza e di non-discriminazione dovrebbe essere applicato ai cittadini come agli stranieri e dovrebbe riguardare la razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, le opinioni politiche e altro”. Seppur con queste distinzioni, che probabilmente troveranno idonea collocazione nei prossimi successivi articoli della Costituzione, la Tunisia è stata sin dal 1956 (leggi sul diritto di voto e sull’aborto) il Paese arabo con maggiori garanzie per le donne. Soprattutto grazie all’emergere della supremazia di queste radici culturali, di matrice mediterranea e non islamica, che nell’estate del 2012 il progetto di El Nahdha di introdurre il concetto di “complementarietà” tra uomo e donna suscitò una forte contestazione e proteste di piazza che oggi hanno finalmente costretto il partito a rinunciarvi.

Così come, nel corso dei mesi, ha dovuto rinunciare a introdurre l’Islam come fonte di diritto, in un compromesso volto anche ad arginare i fondamentalisti che nel corso di questi ultimi tre anni hanno seminato sangue e paura nel Paese. La nuova Costituzione garantisce inoltre le libertà di opinione, di pensiero, di espressione e d’informazione. Tutto sembra quindi orientarsi verso il pieno riconoscimento della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948. Resta ancora però la pena di morte. Un emendamento in tal senso è stato bocciato, malgrado che dall’inizio degli anni Novanta in Tunisia le condanne a morte siano state tutte convertite in “ergastolo”. Per il 14 gennaio è attesa l’approvazione definitiva della nuova Costituzione Tunisina.


di Fabio Ghia