«Ora gli italiani esportino tecnologia»

sabato 4 gennaio 2014


La comunità italoamericana ci dà a volte l’opportunità di incontrare uomini e donne decisamente versatili: persone di grande successo nel loro lavoro, che servono anche alcune istituzioni italiane con passione e dedizione, mettendo a disposizione con orgoglio il loro tempo e la loro esperienza per l'interesse dell'Italia negli Stati Uniti. L’ospite della nostra prima intervista del 2014 è certamente uno di questi: Steve Acunto ha molti ruoli perché ha molte qualità e un grande cuore, che batte per l'Italia e per gli italoamericani. E' un onore e un piacere per noi iniziare l'anno parlando con lui.

Mr. Acunto, lei è il nuovo chairman (Presidente del Consiglio di Amministrazione) della Scuola d'Italia Guglielmo Marconi di New York, l'unica scuola del Nord America che fornisce una classica educazione bilingue radicata nella tradizione italiana ed europea. Ci dice qualcosa in più su questo autentico pilastro della comunità italiana a New York?

New York è una comunità molto internazionale. Si parlano 114 lingue tra il Queens e Brooklyn, Manhattan, il Bronx e Staten Island. La Scuola d'Italia è una delle quattro che sono bilingue, insieme ad una francese, una tedesca e una giapponese. Ancora più importante del fatto di essere bilingue, la scuola offre una eccellente formazione nella tradizione classica delle nostre scuole italiane. Così La Scuola d'Italia, con i nostri 260 studenti, è anche al servizio di una comunità diversificata: composta non solo dai figli degli italiani che vivono qui, ma anche da un pubblico più ampio che sta scoprendo sempre di più il valore di un insegnamento plurilingue. Quindi, la nostra scuola è in una posizione unica per il mercato scolastico internazionale di New York. Noi siamo una parte importante del Sistema Italia a New York, una rete con molte parti. Al centro c'è il Consolato, e attorno ad esso ci sono altre importanti istituzioni: la nostra scuola, l'Istituto Italiano di Cultura, la Camera di Commercio Italiana, lo IACE (Italian American Committe on Education), l'ufficio dell’ICE, l'ufficio dell’ENIT. Ciopriamo davvero tutti i settori, e le istituzioni collaborano in modo molto positivo: il sistema è organizzato molto meglio della maggior parte delle imprese, e la nostra leadership in queste istituzioni è eccellente.

Lei è anche Presidente della Italian Academy Foundation, che è attiva dal 1947 nel campo della diplomazia culturale, presentando realtà italiane al pubblico americano. Quali sono le attività e la storia della Fondazione?

La Fondazione nacque dopo la seconda guerra mondiale per la volontà di individui che volevano essere sicuri che l'immagine negativa che l'Italia aveva avuto durante la guerra fosse annullata dagli sforzi degli Italiani d’America. Io fui coinvolto 20 anni fa. Quando la Fondazione era in difficoltà economiche mi chiesero di diventarne il Presidente: io lo feci e aiutai la Fondazione a risollevarsi economicamente, attraverso capitali della mia famiglia e anche grazie ad alcuni contributi di altri, al fine di continuare ad avere un altro veicolo culturale per la presenza e la promozione negli Stati Uniti di artisti, musicisti, scrittori italiani. Dal 1947 pubblichiamo anche la rivista “Italian Journal”, che è molto ben apprezzata e sempre riconoscibile dalla sua copertina blu. I nostri lettori sono americani, non italiani: andiamo sempre al di fuori dei confini della comunità italoamericana. Ora mia figlia Claudia, che vive a Roma, è l'editore: ma la rivista è distribuita negli Stati Uniti. Negli ultimi due anni abbiamo prodotto un film che ha vinto alcuni premi, chiamato “Just ancient loops”, uno spettacolo a Broadway chiamato "The red and the black” e un nuovo cd di musiche di Francesco Paolo Tosti. Abbiamo anche sponsorizzato un concerto alla Carnegie Hall con la musica di Giuseppe Verdi proprio nel duecentesimo anniversario del suo compleanno. E ancora, abbiamo organizzato una serie di ricevimenti, mostre e altri eventi: in questo momento al Boca Museum of Art a Boca Raton, in Florida, è in corso la mostra sui futuristi italiani che abbiamo sponsorizzato e che nel 2014 porteremo al Guggenheim Museum di New York. Saremo co-sponsor anche di una iniziativa molto bella e importante chiamata "Sacrum", a Washington DC. Inoltre abbiamo già in programma un concerto il 19 marzo, il giorno di San Giuseppe, presso la Union League Club di New York con due pianista italiani.

Lei vive nel Westchester, dove è il Vice Console Onorario italiano. Ha anche anche scritto un libro, chiamato "Westchester County: la mela d'oro di New York ". Può descrivere ai nostri lettori questa splendida parte di New York? Ci sono molti americani di origine italiana nel Westchester?

Sono onorato dell’incarico di Vice Console Onorario nel Westchester, che è a nord di New York City, e in tutta la valle dell'Hudson: il 18% di chi vive in queste zone ha radici italiane, abbiamo quattro generazioni di italiani. Il mio obiettivo è sempre stato quello di sostenere la cultura e il commercio italiani. Abbiamo anche un gruppo molto attivo qui, chiamato la Coalition of the Italian American Organizations. La Contea del Westchester è una delle prime cinque negli Stati Uniti per qualità di vita. Si tratta di una delle comunità più ricche del mondo, ed è anche il centro di molte importanti aziende e istituzioni. Il Westchester era, proprio come la Contea di Nassau, un cosiddetto "dormitorio" per la città di New York City: in passato molte persone che lavoravano a New York City si trasferirono qui con le loro famiglie. Per gli italiani, la migrazione è avvenuta di solito nella seconda generazione: la prima visse nella città, la seconda si trasferì qui quando iniziò ad avere successo. Ora, la maggior parte degli incarichi elettivi politici di questa zona è ricoperta da italoamericani.

Un altro dei suoi incarichi è quello di Presidente del gruppo che ha fondato, CINN ...

CINN è una holding che possiede altre aziende nei settori assicurativo, editoriale e dell’intrattenimento. Siamo molto forti nel settore assicurativo: pubblichiamo la rivista di assicurazioni più antica in America, fondata 124 anni fa e successivamente da noi acquisita. Io siedo anche nel Consiglio di Amministrazione di US RE e Tag Financial.

Lei conosce molto bene l'Italia e gli Stati Uniti, e il rapporto tra i due paesi, da diversi punti di vista. Che cosa dovrebbe fare l'Italia per promuovere se stessa negli Stati Uniti meglio di quanto non faccia adesso?

La mia famiglia ha avuto molto successo nel settore bancario: il mio bisnonno era già un banchiere quando venne qui, fece molti soldi e poi tornò in Italia: quindi la mia non è la tipica famiglia italiana negli Stati Uniti. Ma quando le tipiche famiglie italiane vennero qui per lavorare, i loro migliori strumenti per farsi apprezzare erano la musica e la cucina. Oggi dobbiamo oltrepassare la cucina, l’arte e la moda: dobbiamo promuovere la tecnologia italiana, la comunicazione e la scienza che vengono dal nostro paese. Così quattro anni fa la Fondazione ha iniziato un progetto chiamato "Lynx XXI", su ispirazione e come tributo all’Accademia dei Lincei del XVII secolo, per presentare l'Italia che eccelle nel campo medico e scientifico: per me, è lì che dobbiamo concentrarci. Un'altra cosa che dobbiamo fare è quello di favorire e sostenere i prodotti italiani contemporanei. Dobbiamo portare un grande rispetto verso il passato, ma dobbiamo anche guardare verso la promozione di ciò che l'Italia produce oggi: arte, tecnologia, manifatture di grande qualità. L'Italia di oggi non è apprezzata come dovrebbe essere, ed è quello sul quale dobbiamo lavorare, perché siamo allo stesso livello – e in alcuni casi, migliori - degli altri grandi paesi europei.


di Umberto Mucci