Repressione scordata, Messico "inumano"

martedì 24 dicembre 2013


È passato poco più di un anno dall’insediamento del presidente Enrique Peña Nieto e dai disordini conseguenti alle presunte irregolarità delle elezioni politiche messicane del 2012. Il primo dicembre dell’anno scorso, a Città del Messico, si sono svolte manifestazioni per denunciare la presa del potere di Nieto, che hanno contato anche episodi di violenza e vandalismo, e ai quali la polizia ha risposto con estrema violenza e brutalità. “Siamo scesi in strada e in piazza a protestare contro le irregolarità e i metodi autoritari del Pri (Partito Rivoluzionario Istituzionale) - racconta Regina Lopez, fotografa messicana e attivista, arrestata per aver documentato le manifestazioni - E in un solo giorno hanno arrestato più di cento persone. Il giorno seguente hanno rilasciato alcuni di noi, ma più di settanta restarono in carcere. Dopodiché, io con altre 55 persone siamo stati liberati il 9 dicembre e altri ancora il 27 dello stesso mese, ma ancora adesso restano in carcere undici persone sotto processo con false accuse, e due di esse già condannate sono state rimesse in libertà dietro il pagamento della cauzione”.

Il caso di Regina è comunque uno dei più fortunati, come lei stessa afferma senza esitazione, in quanto la grande mobilitazione sulle reti sociali, e anche dei grandi mezzi di comunicazione hanno premuto sulla polizia e sul governo messicano per un trattamento non troppo duro contro i manifestanti e per un rilascio celere. Il problema resta comunque, e da quel giorno ad ogni manifestazione anti-governativa si susseguono arresti ingiustificati, giovani e non che protestano contro l’operato del governo e, solo per fare un esempio, contro il rincaro dei prezzi dei mezzi pubblici, rischiano la detenzione che, per chi ha buona sorte (come nel caso di Regina) si risolve in una liberazione dopo pochi giorni di carcere, per altri invece la libertà passa attraverso il pagamento di una cauzione e di un processo penale. A peggiorare le cose per coloro che ancora sono ospiti delle galere messicane è lo scemato interesse per le loro condizioni, l’attenzione dell’opinione pubblica, messicana e mondiale, diretta ad altri avvenimenti, e il silenzio sulla rete.

Disinteresse non giustificabile in quanto la mancanza di diritti e la drammaticità delle condizioni dei prigionieri politici non dovrebbe permettere un’indifferenza così generalizzata. “Nonostante io abbia solo subito violenze psicologiche e molestie da parte delle guardie carcerarie - racconta Regina - le condizioni generali dei reclusi in Messico sono pessime, non si ha attenzione per i diritti umani e per i prigionieri politici i trattamenti sono ulteriormente peggiori”. Come attestato in un documento della commissione dei diritti umani del distretto federale, chiamato recomendación 7/2013, le violenze fisiche a danno di uomini e donne sono terribili, torture, percosse, umiliazioni e intimidazioni sono metodi a cui la polizia ricorre continuamente.

In un solo caso una donna ha denunciato delle violenze di natura sessuale da parte degli agenti di polizia, ma la sua denuncia ancora aspetta una risposta da parte delle autorità. Da circa un anno ad oggi, il Messico vive questo stato di cose dove il governo e le autorità competenti restano sordi agli appelli della commissione dei diritti umani, la quale ovviamente non ha potere decisionale e d’intervento, e non tentano di arginare questo fenomeno di abuso di potere della polizia.


di Nicola Seu