Gli italoamericani che scelsero Chicago

venerdì 20 dicembre 2013


C’è una città importante degli Stati Uniti in cui la storia dell’emigrazione italiana, molto interessante e piena di contenuti, è per tutti incarnata da una personalità su tutti, senza alcun dubbio. Quella città è Chicago, e il personaggio che da sempre ne studia i flussi migratori italiani e la successiva presenza è Dominic Candeloro. Lo incontriamo all’indomani della pubblicazione della sua ultima opera a descrizione di questi temi, e lo ringraziamo per la sua grande disponibilità e per il suo infaticabile impegno a rappresentare l’italianità a Chicago.

Professor Candeloro, lei è di gran lunga la personalità più prestigiosa e importante quando si parla di emigrazione italiana a Chicago. Cosa può dirci su questo argomento?

Beh, vorrei iniziare con la fine. Oggi a Chicago circa il 7% della popolazione è italoamericano. Noi non siamo tra i primi cinque gruppi etnici a Chicago, oggi, e - rispetto alla costa orientale - non abbiamo avuto un numero significativo di personaggi politici eletti nelle istituzioni locali: non abbiamo mai avuto un sindaco a Chicago o un Governatore o un segretario di Stato in Illinois, e in effetti abbiamo avuto un solo tesoriere di Stato italoamericano, Jerry Cosentino, nel 1980. Ho scritto un libro intitolato “Chicago’s Italians. Immigrants, Ethnics, Americans”, che è stato pubblicato anche in italiano col titolo “Italianità a Chicago. Immigrati, etnici, americani”, nel quale spiego come i primi immigrati erano soprattutto piccoli imprenditori laboriosi che acquistarono immobili nel centro della città: queste proprietà col tempo aumentarono notevolmente il loro valore, e questo li rese ricchi. Erano fondamentalmente uomini d’affari provenienti da Genova, ma poi a Chicago iniziarono ad arrivare emigrati da una grande varietà di regioni italiane: ad esempio, dall’Altopiano Asiago tra il Veneto e il Trentino Alto Adige, da Ponte Buggianese in Toscana, da San Benedetto del Tronto nelle Marche (questi ultimi soprattutto a Chicago Heights), ovviamente ci furono poi molti siciliani, soprattutto nell’ultimo flusso migratorio dopo la Seconda guerra mondiale. La reputazione degli italiani a Chicago è stata naturalmente influenzata da Al Capone, ma questo sta cambiando ed è sempre più lontana dai nostri giorni: in ogni caso, abbiamo provato e continuiamo a cercare di combattere questi stereotipi. Abbiamo prodotto un documentario intitolato “And they came to Chicago”, e poi un altro chiamato “5000 mila miglia da casa”, per spiegare la storia dell’emigrazione italiana in questa città e ciò che questi uomini e donne hanno dato a Chicago e a questo Paese. Un paio di anni fa abbiamo scritto un altro libro, intitolato “Reconstructing Italians in Chicago”: a Casa Italia stiamo cercando di costruire un archivio di materiali a riguardo. Inoltre, molto importante è stata la presenza dei padri Scalabriniani di Chicago, che hanno avuto un grande ruolo nel preservare non solo la religione, ma anche l’italianità. Il momento di maggiore orgoglio per gli italiani di Chicago fu l’arrivo di Italo Balbo, il 15 Luglio del 1933. Per la prima volta gli italiani furono celebrati sulle prime pagine dei giornali di Chicago, che onoravano il genio italiano. Molti di loro si identificavano con Mussolini, sia a Chicago che altrove negli Stati Uniti: e questo, naturalmente, rese più difficile il momento in cui, con la guerra, l’Italia iniziò ad essere un nemico degli Stati Uniti. Soprattutto i giovani italiani a Chicago sentirono fortissima la pressione di abbandonare la loro italianità, inclusa la lingua: molti di loro, come accaduto in altre parti del Paese, si arruolarono nell’esercito e andarono a combattere. Questa esperienza “americanizzò” definitivamente coloro che tornarono a casa: l’idea di mantenere la lingua italiana o l’ipotesi di tornare in Italia furono abbandonate. Noi italoamericani divenimmo probabilmente molto omogenei a Chicago, dopo la guerra: poi però arrivò la nuova ondata di immigrati italiani, che riportò nuova italianità in città e, insieme con la rivoluzione delle tecnologie di comunicazione, rese possibile il fatto che l’italianità rimanesse viva. Eppure, penso che ora il senso della comunità italoamericana sia a rischio. I miei nipoti non hanno nomi italiani, e se non lavoriamo davvero duramente, essi perderanno definitivamente il loro senso di identità italiana.

Ci sono posti di Chicago che sono o sono stati importanti per l’emigrazione italiana?

Non c’era un’unica Little Italy a Chicago: c’erano una dozzina di quartieri italiani, e ognuno di loro aveva una chiesa, di solito una chiesa scalabriniana che ai tempi erano gestite da italiani, ma ora sono gestite da preti messicani. C’è un monumento che fu inviato da Mussolini per il primo anniversario del volo di Italo Balbo, che si trova sul lungolago: si tratta di una colonna romana proveniente da Ostia Antica. Alcune persone lo hanno visitato, alcune persone volevano buttarlo giù, perché ricordano Balbo come un criminale fascista: ma alcuni di noi lo ricordano come un eroe, come se fosse un astronauta dell’epoca, che ha reso orgogliosi molti italiani, ed era forse il meno discutibile delle persone al potere durante il Fascismo. Nella parte ovest di Chicago, nel quartiere di Taylor Street, è possibile trovare resti della presenza italoamericana: ma l’Hull House, per esempio, è ora un museo. Parlando di oggi, all’inizio di dicembre ha aperto un luogo che sicuramente rappresenta l’eccellenza italiana e definisce l’Italia a Chicago: Eataly. È un grande successo, visitato da moltissima gente. Molti italoamericani sono diventati ceto medio aprendo i propri piccoli ristoranti, pizzerie, o altre attività legate al cibo: la nostra cucina è fortemente legata alla cultura italiana, e a Chicago questo è particolarmente vero. Ad esempio, le più grandi catene alimentari e panetterie di Chicago sono italiane.

Il suo ultimo libro si chiama Italian Women in Chicago: Madonna Mia! Qui debbo vivere?”. Si concentra sulle donne italiane emigrate e su come hanno vissuto il loro arrivo negli Stati Uniti.

Sì, ho lavorato a questo libro insieme a Gloria Nardini - che sarà in Italia per presentare il libro nel marzo 2014 presso il Campus della Loyola University a Roma. Si tratta di un’antologia che si concentra sull’esperienza di alcune donne a Chicago: è sorprendente, ci furono moltissime donne che ebbero successo in quello che fecero! A Chicago oggi le donne sono ai vertici delle società, hanno raggiunto posizioni politiche importanti, anche più di quanto sia accaduto agli uomini italoamericani. Il libro racconta anche le donne italiane di Chicago che andarono a lavorare, specialmente nel commercio di vestiti e tessuti, e che furono coinvolte nella sindacalizzazione delle imprese americane. Il libro spiega la dura esperienza a Chicago di queste donne provenienti dall’Italia. Pensiamo a noi stessi come a una donna proveniente da una piccola città italiana. Non importa quanto sia povera, l’Italia è ancora un Paese molto bello, è il posto in cui sei nata, hai vissuto, è la tua casa: e poi immaginiamo di arrivare nella zona più difficile di Chicago, nel 1880 e 1890, con tutto il traffico congestionato, il sovraffollamento, la criminalità, gli italiani quotidianamente discriminati, che vivono in pessime condizioni. Fu uno shock tremendo per tutti loro: una nuova cultura, una nuova lingua, nuove e molto peggiori condizioni meteorologiche, una nuova società e, soprattutto, un impatto molto negativo sulla loro nuova vita. Così, l’espressione: “Qui debbo vivere?”. C’è una storia che simboleggia il messaggio del libro: si tratta di una donna che andò alla Hull House per un evento, e vide fiori freschi per le decorazioni: e lei rimase molto sorpresa, chiedendosi se fossero venuti direttamente dall’Italia. Non aveva mai avuto modo di rendersi conto, fino a quel momento, che c'erano fiori anche negli Stati Uniti.

Lei è anche coinvolto come responsabile della biblioteca di Casa Italia di Chicago, una delle principali istituzioni che preservano la cultura italiana nella sua città. Quali sono le attività di Casa Italia?

I padri Scalabriniani stavano facendo un ottimo lavoro a Chicago a metà degli anni 1930, con molte parrocchie, e decisero di aprire un seminario, dove avrebbero potuto formare per la carriera di sacerdoti ragazzi italoamericani di Chicago. Così il Seminario del Sacro Cuore fu fondato a Stone Park: sono 17 ettari, grande come un isolato cittadino, e oggi è composto dall’edificio originale più due o tre edifici e un ampio spazio aperto con un padiglione. È stato ed è ancora oggi una risorsa fantastica: nel 1970 gli Scalabriniani spostarono il seminario fuori città, ma tennero la proprietà, e dedicarono una parte ad un centro culturale italiano, che oggi è una parte di Casa Italia). Negli anni ‘90 si trasferirono definitivamente fuori Chicago: a quel punto la comunità di imprenditori italoamericani, guidata da Renato Turano (che ora è un senatore eletto nel Parlamento italiano) e altri, diedero vita a Casa Italia, con l’obiettivo di farne una sorta di Federazione delle Organizzazioni Italoamericane di queste zone, per centralizzarne le attività in un solo luogo, e riuscirono a raccogliere i fondi per firmare un contratto di locazione a lungo termine della proprietà. Il Comitato civico degli italoamericani vi si trasferì, e Fra Noi – un giornale italoamericano – fece lo stesso, come poi fecero un certo numero di altre organizzazioni. Da circa un anno Casa Italia ha un nuovo direttore esecutivo, Vito D’Ambrosio, che ha pianificato molti tipi diversi di eventi e attività: conferenze pubbliche, feste, corsi di lingua italiana per studenti di ogni età, campi estivi per bambini dai 4 ai 13 anni. Casa Italia ha un grande futuro, e abbiamo un progetto su cui sto lavorando insieme alla Loyola University, un collegamento tra le cose culturali di cui ci occupiamo e i contenuti accademici di loro competenza. Il presidente dell’università, Michael Garanzini, ha promesso di impegnare 500mila dollari se la comunità riesce a raccoglierne altrettanti, per una dotazione che creerebbe una posizione permanente in studi italoamericani alla Loyola University. Oggi quindi il mio obiettivo è quello di collegare la biblioteca e l’archivio di Casa Italia con una cattedra di studi italoamericani a Loyola, e sto impegnando molto del mio tempo a raccogliere fondi per questo progetto. In realtà, penso che questo è il tipo di progetto che dovrebbe essere fatto in tutto il Paese, soprattutto in istituzioni e università cattoliche, per aiutare a mantenere l'eredità italiana per il futuro.

A proposito: solo pochi giorni fa, lei ha organizzato un convegno di grande successo alla Loyola University di Chicago in materia di immigrazione italiana e di religione. La domanda che faceva da sottotitolo alla conferenza è esattamente quella che giriamo a lei: che ruolo ha avuto la religione cattolica nella vita degli immigrati italiani?

Beh, l’emigrazione italiana ha fatto per lungo tempo a meno dei sacerdoti. C'era il serio rischio che gli italiani perdessero la loro religione, o diventassero protestanti: così padre Giovanni Battista Scalabrini fondò il suo ordine dei Missionari di San Carlo (anche detti Scalabriniani) alla fine del XIX secolo, ed essi ebbero un ruolo fondamentale a Chicago, gestendo decine di chiese. Poi fondarono la Holy Name Society, aiutando in vari modi i poveri ed i bambini: senza dimenticare la loro “italianità”, e quindi l’insegnamento della lingua italiana, ma anche mediante principi tipicamente americani come il fatto di poter contare sui volontari, di coinvolgere club e associazioni, oltre alle famiglie, nell’organizzazione e nella realizzazione delle attività. E così, in un’atmosfera italiana, gli immigrati italiani diventarono americani, almeno in parte. Allo stesso tempo, il cattolicesimo stava prendendo il sopravvento a Chicago: quando arrivarono i primi italiani, la maggioranza degli abitanti di Chicago era protestante. Ma, poiché essere italiano significava essere cattolico, la massiccia emigrazione italiana causò il fatto che dagli anni Trenta la maggioranza degli abitanti era diventata cattolica. Così la religione e la Chiesa cattolica hanno funzionato in entrambi i sensi: hanno aiutato gli italiani a mantenere la loro religione cattolica e con essa la loro “italianità”, ma li ha anche aiutati a capire e poi a diventare un po’ più americani. Inoltre, non era tanto la Chiesa, quanto la religione, ad essere rappresentata con le feste. Si potrebbe pensare che le feste – con le sfilate per le strade, la statua in processione e le persone che mettevano soldi su di essa, e poi i fuochi d’artificio e tutte quelle cose – fossero offensive per la maggioranza protestante, e fossero dunque una delle cose alle quali gli italiani avrebbero potuto rinunciare. Ma invece no, anzi, al contrario le feste divennero una delle cose preferite per gli immigrati italiani, che vi concentrarono molte loro attività e la loro identità: e anche se alcune di esse vengono più organizzate, ce ne sono ancora molte a Chicago e attraverso tutti gli Stati Uniti, grandi e piccole. Esistono per motivi religiosi, per motivi etnici, e anche per motivi commerciali: molte persone fanno un sacco di soldi grazie ad esse, ma è un fatto positivo. Tuttavia, c’era anche molto conflitto intorno alle feste. Prima di tutto, in Italia molti anarchici e socialisti di estrema sinistra iniziarono a venire negli Stati Uniti, ed erano contro la religione cattolica. Poi, a volte c’era competizione per il potere ed il controllo tra la chiesa e i leader delle varie feste dei Santi patroni. Anche in questo campo, a Chicago l’emigrazione dopo la Seconda guerra mondiale ha portato altre e nuove tradizioni e celebrazioni: così si continua ad organizzare cene di gala, feste, processioni: alcune di loro sono piccoline, altre sono davvero di grande successo.

Qual è oggi la più grande festa religiosa a Chicago?

Ci sono due grandi feste a Chicago, oggi. La prima è per la Santissima Maria Lauretana, patrona di Altavilla Milicia, in provincia di Palermo: è molto grande, ci fu un’enorme emigrazione dopo la guerra da lì, che si aggiunse a quella di prima della guerra. La festa attira migliaia di persone, nel periodo del Labor Day, a inizio settembre. La seconda è nata dopo la guerra, all’inizio degli anni ‘70: è la Festa di San Francesco di Paola (dalla Calabria), e viene celebrata nel campus di Casa Italia. Anche questa attrae molte migliaia di persone, anche visitatori provenienti da Calabria, e personaggi del mondo dello spettacolo anche piuttosto famosi... è un grosso evento. Oltre a questo, nel campus di Casa Italia in estate c’è ogni domenica una festa diversa. Ora, in questo periodo dell'anno, il campus di Casa Italia ospita invece un villaggio di Natale, che avrà molti eventi tra i quali una messa con un presepe vivente, canti natalizi, cornamuse, moltissimo divertimento per adulti e bambini.


di Umberto Mucci