venerdì 6 dicembre 2013
“Siamo noi i vostri fratelli minori. Noi parliamo di libertà, quando voi combattete per essa”. Questa è la voce che sta iniziando a circolare fra i dissidenti russi, fra cui Boris Nemtsov, che il 1 dicembre si è fatto arrestare, assieme ad altri attivisti russi, di fronte all’ambasciata ucraina di Mosca. Sta arrivando anche lì la battaglia delle strade di Kiev, ribattezzata Euro Maydan (“la piazza per l’Europa”), scaturita dalla protesta contro un governo pro-russo che ha escluso deliberatamente l’Ucraina dall’accordo di partnership con l’Unione Europea.
“Noi sosteniamo il percorso ucraino verso l’integrazione europea – ha dichiarato Nemtsov all’agenzia Interfax – Sostenendo l’Ucraina, sosteniamo anche noi stessi”. Altri 30 scrittori e poeti russi hanno firmato una lettera aperta ai manifestanti di Kiev, in cui affermano, fra l’altro: “La vostra battaglia per il diritto di scegliere il vostro futuro sarà difficile, ma noi speriamo nel vostro successo. Questo sarebbe un segnale anche per noi in Russia, affinché anche noi possiamo difendere i nostri diritti e la libertà. Noi siamo con voi”. La sollevazione di Kiev sta avvenendo proprio nel secondo anniversario della grande protesta contro l’elezione di Russia Unita a Mosca, la più grande manifestazione di piazza dal 1991. Per questo motivo gli attivisti per la democrazia e i diritti umani russi sono speranzosi nel successo dei loro colleghi a Kiev.
Ma allo stesso tempo, constatando il palese fallimento della protesta decabrista del 2011 (Putin ha consolidato il suo potere e non sembra affatto in crisi), qualcuno dei democratici russi avverte gli ucraini di non ripetere gli stessi errori. “Il successo di ogni impresa umana dipende, almeno in parte, dalla capacità di immaginare un futuro – scrive uno smaliziato Masha Gessen, dagli Stati Uniti, sulle colonne del New York Times – Gli occidentalisti in Russia hanno ottenuto così pochi risultati nell’ultimo decennio (ma direi anche nell’ultimo secolo) che ormai hanno essi stessi difficoltà ad immaginare qualcosa di diverso da un completo fallimento. Ma ora gli ucraini ci stanno dimostrando che l’esito può anche essere differente. Se avranno successo, possono cambiare il futuro, non di uno, ma di due fra i più grandi Paesi d’Europa”.
Il secondo, ovviamente, è la Russia stessa. L’Ue stessa sta iniziando a dimostrare un interesse concreto nel successo dell’Euro Maydan. Con una mossa anche simbolicamente importante, il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, è andato a parlare con i leader d’opposizione Arseny Yatsenyuk e Vitaly Klitchko. Westerwelle è andato in piazza, in mezzo ai manifestanti, a portare un po’ di voce di quell’Europa occidentale a cui aspirano. Politici polacchi sono presenti dall’inizio delle proteste e non mancano mai di far sentire la loro solidarietà. Fra le repubbliche ex sovietiche, sono i georgiani i più partecipi.
Le loro bandiere spuntano in mezzo a quelle ucraine: benché governati da un partito giudicato filo-russo, i georgiani non dimenticano l’esperienza della Rivoluzione delle Rose, la prima nell’ex Unione Sovietica contro un regime post-sovietico. La posta in gioco, dunque, sta diventando altissima: un successo contro il presidente post-sovietico Viktor Yanukovch in Ucraina potrebbe intaccare il “sistema Putin”, un modello fatto di dipendenza economica e politica dalla Russia, grandi interessi di Stato e controllo mediatico. Il “sistema Putin” regge finché mantiene il consenso della popolazione, gli oligarchi sono ammansiti con minacce e/o blandizie e i governi europei si dimostrano più vicini agli interessi Mosca che non ai suoi rivali.
Se uno o più di questi elementi dovessero mancare, il sistema crollerebbe, così come all’epoca cadde quello sovietico. Per questo le minacce di Putin contro i ribelli ucraini e quelli del suo Paese si stanno intensificando. E contemporaneamente è partita la sua massiccia “offensiva di pace” per convincere i partner europei a sostenere la sua causa. Agli italiani (soprattutto di destra) anti-tedeschi, anti-Ue e filo-Putin, a tutti coloro che dicono “fare come in Russia”, la rivolta ucraina già non piace. Con loro, Putin sfonda una porta aperta. Ne leggeremo delle belle (e già iniziamo a leggerne) su complotti americano-massonici, con Soros e il club Bilderberg inevitabilmente tirati dentro, tutti intenti a creare una “finta rivoluzione” ucraina che in realtà sarebbe un golpe contro Yanukovich e anche contro Putin stesso.
L’Euro Maydan, visti i numeri, è però una vera rivoluzione. Quasi mezzo milione di civili disarmati, intenti a sfidare una polizia antisommossa (addestrata con metodi sovietici), non si mobilita perché “pagata da Soros”. Se la posta in gioco è alta, l’esito è ancora totalmente imprevedibile. Dipenderà dalla reazione del governo di Kiev, che proprio ieri ha lanciato un ultimatum di 5 giorni (4, contando da oggi): o i manifestanti sgombreranno la Piazza dell’Indipendenza o interverrà la polizia con mano ancor più pesante che nei giorni scorsi. Partita ancora tutta da giocare.
di Stefano Magni