La Guerra Fredda nell’Oceano Pacifico

giovedì 28 novembre 2013


Guerra Fredda nel Pacifico. I due contendenti, questa volta, non sono Usa e Urss (nemmeno Usa e Russia): gli Usa sono sempre loro, ma il loro avversario è la Cina, questa volta. Come ai “bei” tempi della tensione con l’Urss, due vecchi bombardieri americani B-52, disarmati e in volo di routine, sono stati tracciati dalle difese aeree cinesi. Nessun caccia si è alzato in volo per intercettarli, scortarli o allontanarli, ma, come ha confermato il ministro della Difesa di Pechino, l’altro ieri, sono stati seguiti dai radar e identificati. Da un punto di vista militare si è trattato di un piccolo gesto americano, a cui i cinesi hanno risposto con un gesto altrettanto piccolo, praticamente solo simbolico.

Non si può certo parlare di “incidente militare”, tantomeno di “crisi”. Semmai, quello di martedì è stato un avvertimento. La prossima volta l’incidente potrebbe scoppiare realmente. Come è potuto accadere? Pechino ha annunciato unilateralmente l’allargamento del proprio spazio aereo difensivo. La nuova area, riconosciuta solo dal regime di Xi Jinping, comprende (guarda caso) anche i cieli sopra le isole Senkaku, territorio giapponese che la Cina ritiene come “proprio”: quelle isole, nella toponomastica della Repubblica Popolare si chiamano Diaoyu e secondo la sua storiografia ufficiale sono sempre appartenute alla Cina continentale.

I giapponesi “usurpatori” (solo secondo Pechino) ne rivendicano il possesso perché furono i primi a colonizzarle e sfruttarle economicamente, con una fabbrica di prodotti ittici che ebbe una breve vita nella prima metà del secolo scorso. Di fatto si tratta di isolotti disabitati, di poco interesse strategico e dal valore economico nullo.

Si fa sempre un gran parlare delle meravigliose riserve ittiche, petrolifere e di gas che si trovano sui loro fondali, ma non è questo il vero interesse di Pechino. Il regime cinese vuol mostrar bandiera in acque che ritiene proprie e affermare la propria potenza in mare. La flotta cinese è ancora l’embrione di una flotta d’alto mare, ha appena una portaerei, la Liaoning una vecchia unità sovietica riadattata negli anni scorsi. Quanto basta, però, per avviare prove di forza in acque regionali. Puntualmente, dopo l’incontro ravvicinato con gli americani, la Lianing è stata inviata nel Mar Cinese Meridionale, al largo delle isole rivendicate, giusto per dimostrare a Washington che, al prossimo passo falso, si potrebbero levare in volo anche i caccia della marina cinese. Anche dal punto di vista statunitense, il volo dei bombardieri B-52 è da intendersi come una prova di forza fine a se stessa.

“Vediamo se i cinesi fanno sul serio”, si saranno chiesti al Pentagono, dopo aver ricevuto l’annuncio cinese dell’estensione dello spazio aereo difensivo. I due vecchi apparecchi sono dunque decollati senza concordare il piano di volo con le autorità cinesi, visto che hanno sorvolato aree che, nelle mappe statunitensi, sono parte dello spazio aereo nipponico, dunque alleato. I cinesi hanno risposto mostrando agli americani di “fare sul serio”: hanno agito con gli aerei americani come se questi stessero sorvolando la Cina. E adesso? La reazione statunitense è stata ferma: l’ambasciatrice a Pechino, Caroline Kennedy, ha denunciato gli effetti di “destabilizzazione” dell’azione cinese.

Gli alleati degli Stati Uniti nel Pacifico hanno reagito di conseguenza: l’Australia ha convocato l’ambasciatore cinese per spiegazioni, ma soprattutto il Giappone (bersaglio dell’azione di Pechino) sta prendendo provvedimenti drastici. Ieri, a Tokyo, è stata portata a termine la prima grande riforma della difesa, con la costituzione di un Consiglio di Sicurezza. Il che vuol dire che, sulle questioni militari, il premier avrà un potere decisionale e discrezionale molto più ampio.

Il Giappone sta potenziando sia esercito che marina, ha revisionato la sua strategia, per la prima volta dal 1945, da mera autodifesa a “difesa collettiva”: potrà mandare truppe combattenti e navi da guerra anche all’estero, a partecipare a missioni alleate. Questo piccolo avvenimento nel Pacifico, apparentemente insignificante, potrebbe essere solo il primo piccolo antipasto del nuovo confronto fra grandi potenze.


di Stefano Magni