Bozzo, una storia di successo in Usa

martedì 26 novembre 2013


Nel descrivere i protagonisti di diversi aspetti relativi al rapporto tra Italia e Stati Uniti, spesso abbiamo incontrato giovani di successo (almeno, giovani per gli standard italiani), altre volte affermati manager o imprenditori, altre ancora rappresentanti istituzionali. La persona protagonista dell’intervista di oggi assomma in sé tutte e tre questi aspetti, unite ad un amore per l’Italia e una cortese disponibilità che, pure, sono caratteristiche riscontrate in altri nostri graditi ospiti, ma che continuano ad impressionarci favorevolmente, bersagliati come siamo da notizie negative che arrivano dal nostro amato e difficile Paese. Claudio Bozzo ha 46 anni ed è presidente di Mediterranean Shipping Company Usa, e contestualmente anche della Camera di Commercio italiana a New York. Sullo stesso oceano su cui un tempo viaggiavano alla ricerca della sopravvivenza economica milioni di nostri connazionali, oggi l’azienda da lui guidata è leader nel trasporto di prodotti italiani, ambasciatori di un’Italia che è apprezzata e può, anzi deve promuoversi ancora di più, presso gli americani innamorati di noi italiani e del nostro stile di vita. Lo incontriamo alla vigilia del gala della Camera di Commercio, che si è tenuto il 22 novembre novembre a New York, momento di celebrazione e di racconto di un pezzo d’Italia bello, di successo e orgoglioso delle proprie radici.

Presidente, lei è a capo della Camera di Commercio italiana a New York, la più antica in America e una delle più antiche al mondo. Ci racconti qualcosa sulla storia di questa istituzione, e magari qualcosa sui numeri e sulle attività di oggi: avete appena compiuto 125 anni, ma al tempo stesso siete proiettati verso il futuro …

Vero, la Camera è la più antica in America e la seconda più antica Camera italiana all’estero e abbiamo festeggiato il nostro 125^ anniversario l’anno scorso, in un modo eccellente: abbiamo avuto un anno record in termini di tutto, dal numero di eventi che abbiamo organizzato al numero dei nostri membri, dal numero di visti rilasciati al risultato finanziario della nostra istituzione. È stato un momento storico per noi: ma abbiamo ancora una lunga strada da fare e stiamo ancora cercando di migliorare. Quest’anno avremo un altro anno record, il che significa che siamo sulla strada giusta. Cinque anni fa, quando sono diventato presidente, ci siamo dati alcuni obiettivi, e siamo perfettamente in linea con il loro raggiungimento: l’obiettivo principale è stato quello di fare in modo che la Camera diventasse un’organizzazione di cui gli italiani e italo-americani qui a New York fossero orgogliosi. Prima di tutto, abbiamo voluto essere un’organizzazione in attivo, senza alcun aiuto proveniente da Roma: abbiamo voluto essere in grado di trovare i fondi per operare qui negli Stati Uniti, perché viviamo in un Paese ricco e noi volevamo dipendere solo da noi e da nessun altro, e abbiamo già raggiunto questo risultato. Abbiamo voluto anche raggiungere l’obiettivo di essere la migliore e la più riconoscibile tra le Camere di Commercio Estere che operano negli Stati Uniti: e abbiamo raggiunto anche questo obiettivo. Infatti quest’anno ho avuto l’onore di essere eletto presidente dell’Associazione di tutte le Camere di Commercio europee negli Stati Uniti. Questo è un chiaro riconoscimento del fatto che le altre Camere europee hanno visto ciò che abbiamo realizzato in questi anni. Un altro obiettivo su cui ci siamo concentrati era di dimostrare il grande cuore del popolo italiano, mediante alcune consistenti donazioni: lo scorso anno scorso siamo stati in grado di donare 100mila dollari per “Operation Smile”, che aiuta i bambini nei paesi poveri. Siamo stati molto orgogliosi di questo, mostrando che siamo “una piccola camera con un grande cuore”, come diceva il nostro pay-off. Inoltre, abbiamo conseguito il risultato di aumentare il numero dei nostri soci: il tasso di adesione alla nostra Camera, che naturalmente è completamente su base volontaria, è cresciuto molto in questi anni. Ora abbiamo un po’ più di 400 aziende associate alla Camera, ed è un numero che aumenta ogni anno. È un dato che riteniamo molto significativo. Le aziende non si unirebbero alla Camera se non volessero ottenere qualcosa in cambio! Anche per quanto riguarda la più importante delle nostre missioni, la creazione di scambi commerciali tra l’Italia e gli Stati Uniti, siamo soddisfatti dei risultati. Il numero di missioni che abbiamo organizzato tra i due Paesi è più che quadruplicato e abbiamo un tasso molto alto di successo nell’aiuto alle imprese italiane che si aprono al mercato degli Stati Uniti. Un altro aspetto importante che vorrei citare è che abbiamo un rapporto molto produttivo con le altre istituzioni italiane negli Stati Uniti: il Consolato di New York, l’Ambasciata a Washington, l’Ice, l’Enit. Un paio di anni fa siamo stati molto felici e orgogliosi di essere incaricati di organizzare un evento speciale in occasione della visita del Presidente Napolitano a New York, e questo ha testimoniato la fiducia che la Camera ha acquisito nell’organizzazione di incontri, missioni e altro tipo di eventi, che posso dire con orgoglio essere sempre di molto successo e ogni anno più affollati e apprezzati rispetto all’anno precedente.

Il gala ha spesso una grande importanza per le istituzioni e le associazioni americane: è spesso anche il momento per le numerose iniziative di charity messe in atto. Cosa prevedeva il programma dell’edizione di quest’anno?

Il gala è da sempre un momento di festa e di unione tra noi italiani. È anche l’occasione per mostrare ogni anno la nuova Italia e mantenerne aggiornata l’immagine. Ogni anno cerchiamo di trasmettere un nuovo messaggio. Quello di quest’anno è l’introduzione di due nuovi libri pubblicati dalla Camera insieme con Primi Dieci Society: Primi Dieci e Primi Dieci Under 40. L’obiettivo di questi due libri è di catturare l’essenza di chi siano stati i migliori italiani di quest’anno negli Stati Uniti: non solo nel business, ma in qualsiasi settore. Noi pubblicheremo e distribuiremo questi libri presso tutto il network italoamericano e italiano negli Stati Uniti, e anche presso aziende e istituzioni in Italia. Diventerà una pubblicazione annuale e si potrà iniziare a raccogliere questi volumi per collezionare la storia di successo di italoamericani e italiani negli Stati Uniti. Questo è per noi anche il primo passo verso l’obiettivo di creare una associazione, la Primi Dieci Society, che accoglierà tutte le persone che vengono premiate in modo da poter rimanere in contatto l’uno con l’altro. Vogliamo anche creare un evento in Italia, il “Cortina Think Tank” - perché si terrà a Cortina d'Ampezzo - in cui porteremo questi Primi Dieci in Italia e li faremo incontrare con gli imprenditori italiani di qualsiasi età, al fine di scambiare opinioni e per creare una rete di collegamento tra Italia e Stati Uniti. Noi crediamo che l’Italia abbia inventato quello che chiamiamo l’“Internet umano”: siamo il Paese con il maggior numero di emigrati in tutto il mondo che hanno raggiunto posizioni molto importanti, sia nel mondo degli affari che della politica. Promuovere e rafforzare il legame tra Italia e Stati Uniti significa essere in grado di aiutare ancora di più le aziende italiane nei loro programmi di internazionalizzazione.

Abbiamo la percezione che lei dia una forte importanza ai giovani italiani …

Assolutamente. Un altro obiettivo che abbiamo raggiunto come Camera di Commercio è stato quello di sviluppare una rete di giovani, il futuro del nostro Paese. Molti giovani italiani vengono a New York anche solo per lavorare un anno o due e poi tornare in Italia o spostarsi altrove. Abbiamo voluto aiutarli a conseguire una corretta mentalità manageriale, così abbiamo creato il “Young executives program” (Yex) che nel corso degli anni è diventato un progetto molto importante, con 1100 giovani coinvolti che non pagano un dollaro, perché è la Camera a finanziare il progetto. Il Yex organizza una trentina di eventi l’anno tra networking, eventi culturali, commerciali e di beneficenza. Abbiamo anche creato un “certificato di Internazionalizzazione” che si riceve dopo aver completato trenta lezioni riguardanti diversi aspetti del business. Aiutare i giovani italiani in America a sviluppare il loro impegno e il loro amore per l’Italia è una cosa molto importante per tutti noi alla Camera. Ma mi lasci dire anche che un altro gruppo che abbiamo creato all’interno della Camera, e del quale sono molto orgoglioso, è il “Women Forum”, nato per aiutare le donne italiane a fare affari qui negli Stati Uniti con altre donne: W2W, da donna a donna, una strada privilegiata per le imprese. Stiamo lavorando molto per promuovere questa opportunità perché crediamo che il cambiamento di cui abbiamo bisogno non possa venire senza il contributo delle donne italiane.

Se c’è un posto in cui convivono le due anime dell’italianità in America, quella più radicata degli italoamericani e quella della nuova giovane emigrazione di qualità che porta i talenti italiani negli Stati Uniti, quel posto è senza dubbio New York. Dal suo punto di vista come convivono queste due anime, che non sempre si riconoscono come diverse facce della stessa medaglia?

Ho vissuto qui per 20 anni, ed ecco il mio pensiero. Gli italoamericani e gli italiani che di recente sono venuti qui in America condividono praticamente lo stesso amore per l’Italia. Ma è un amore per due diverse idee di Italia. Quando si va all’estero, in qualche modo l’Italia si ferma nel momento in cui la si lascia: si rimane attaccati all’immagine di Italia che si ha nella mente. Così diverse generazioni di italiani hanno diverse percezioni di Italia, e sono innamorati ognuno della sua Italia, che a volte è diversa da quella di un altro italiano. Così quello che vuole e cerca di fare la Camera di Commercio è di mantenere aggiornata l’immagine del nostro Paese, per gli italiani che vivono negli Stati Uniti, e di favorire la comunicazione tra i vari gruppi: e il fatto che tutti sono innamorati dell’Italia, anche se di diverse versioni di essa, lo rende più facile. Non c’è, però, un’associazione che unisce questi due modi di interpretare l’amore per l’Italia: c’è ancora un po’ di divisione, e ci piacerebbe davvero essere in grado di costruire un ponte tra i due tipi di italiani nel Stati Uniti. In entrambi i libri Primi Dieci, per esempio, abbiamo sia gli italoamericani che i nuovi italiani negli Stati Uniti, e questo non è un caso.

Lei è anche presidente di Mediterranean Shipping Company Usa: un colosso italiano nel settore dello spostamento merci, ai vertici mondiali di questo comparto. Sullo stesso oceano che un tempo trasportò milioni di italiani verso quella che chiamavano “Lamerica”, com’è oggi il rapporto tra Italia e Stati Uniti dal punto di vista del trasporto, stavolta delle merci? Come e dove si può migliorare?

MSC è per me un chiaro esempio di una compagnia italiana di successo. Un errore che non fu fatto da MSC, ma che molte aziende italiane commettono quando vanno all’estero, e lo dico sia da presidente di MSC che della Camera di Commercio italiana a New York, è che spesso tendono a cercare di controllare tutto dall’Italia, e a fare le cose nel modo italiano. Ma quando si apre una società all’estero, devi abbracciare il modo locale di fare business, e quindi bisogna lasciare un po’ di potere nelle mani di chi ti rappresenta a livello locale. Io sono stato molto fortunato perché il proprietario di MSC, Gianluigi Aponte – che considero un genio non solo in questo settore commerciale, ma in generale come imprenditore –ha capito molto bene questo concetto e ha lasciato al mio predecessore e poi 9 anni fa a me l’occasione di gestire le cose nel modo che abbiamo pensato corretto, avendo a che fare col mercato statunitense. Ovviamente sono molti gli input che ci arrivano dal quartier generale in Italia, ma abbiamo anche un grande grado di libertà e veniamo molto ascoltati. Oggi siamo la prima compagnia di trasporto negli Stati Uniti, e, naturalmente, noi rappresentiamo un po’ un ponte tra i due Paesi: e sta a noi decidere quanto vogliamo che sia largo questo ponte. Se il ponte è di piccole dimensioni (una piccola nave), i prezzi salgono; viceversa, un grande ponte (una grande nave) significa costi più bassi. Penso che il nostro ruolo sia stato e sia quello di aiutare l’Italia nella sua relazione con il mondo. Abbiamo aumentato il numero di porti che serviamo, il servizio che diamo, le dimensioni delle navi: ed essendo italiani, avendo una passione per l’Italia, questo ponte lo abbiamo fatto crescere sempre di più, ed è destinato a continuare a crescere di modo da aiutare le aziende italiane ad esportare le proprie eccellenze all’estero. Non c’è dubbio che abbiamo un debole per le imprese italiane.

Come va il Made in Italy negli Stati Uniti?

Continua ad avere un enorme potenziale in America. Siamo molto benvoluti in tutto gli Stati Uniti, i nostri prodotti sono molto apprezzati, gli americani riconoscono e ammirano la nostra qualità e la nostra creatività e la combinazione tra le due: l’Italia è un fornitore di sogni per gli americani. Così, nonostante tutto ciò che stiamo attraversando in Italia in questo momento, qui c’è ancora un amore incredibile per il nostro Paese e per i nostri prodotti. Il potenziale rimane enorme. Sappiamo che molte aziende italiane stanno guardando a est, in Asia, al fine di espandere il loro mercato e vendere i loro prodotti: non hanno torto, quei Paesi sono in via di sviluppo, con molte opportunità. Ma quelli sono anche luoghi dove a volte è difficile fare affari. Gli Stati Uniti, al contrario, sono un Paese in cui l’imprenditore è ancora un re, dove chiunque è disposto a vendere troverà un modo per vendere, dove è molto facile fare affari, soprattutto se sei italiano. Questo è un Paese che è passato attraverso molte recessioni, ma è sempre venuto fuori più velocemente di chiunque altro: il sistema è sano, le istituzioni aiutano le aziende a crescere, la concorrenza tra Stati membri per attirare e mantenere le aziende sul loro territorio crea una concorrenza che è molto positiva per il mercato e per le aziende. E credetemi, c'è un enorme spazio per aumentare la penetrazione dei prodotti italiani, in tutti gli Stati Uniti. Ogni azienda italiana che ha fatto una scommessa e ha deciso di venire negli Stati Uniti o di espandere le sue operazioni qui, ha avuto molto successo. Qui ci sono opportunità che nessun altro Paese dà.


di Umberto Mucci