Vertice Italia-Russia, alta la posta in gioco

sabato 23 novembre 2013


Il prossimo martedì 26 novembre, qualunque cosa dicano i bollettini metereologici, sull’Italia tornerà un po’ di sole. Ne abbiamo bisogno. Perché quello che ci scalderà, facendo risalire le temperature, sarà il sole della grande diplomazia. Questa volta non si tratta di andare a prendere ordini a Bruxelles. Neppure si tratta di tenere bordone alle roboanti dichiarazioni del nostro premier, pronunciate a chiusura di un imbarazzante meeting italo-francese che potrebbe essere ribattezzato, con voluto doppio senso: “Il vertice dell’impotenza”. Non ci dovremo preoccupare delle pagelle che qualche illuminato burocrate vorrà affibbiarci. Per un giorno torniamo ad essere uno Stato sovrano che dialoga, alla pari, con un potenza di prima grandezza della comunità internazionale.

L’occasione è data dalla presenza del presidente Putin e di una solida rappresentanza del governo russo al vertice bilaterale in programma nella città di Trieste. In quella sede verranno affrontate importanti questioni di natura economica collegate alle partnership che i due Paesi hanno in alcuni settori strategici, sia civili sia militari. Certamente si parlerà di forniture di gas e di implementazione delle sinergie imprenditoriali nella produzione di manifatture industriali high-tech. Sappiamo bene quanto la Federazione Russa rappresenti un mercato fondamentale per l’economia italiana, giacché il nostro Paese ne è il quarto partner commerciale. Al 2011, si evidenziava un flusso di scambi attestato a un controvalore in euro di circa 27 miliardi.

Una massa importante ma ancora insufficiente rispetto all’estensione del bacino di potenzialità che le due economie hanno l’una rispetto all’altra, essendo del tutto complementari. In realtà il livello di interdipendenza dei due sistemi economici è molto più elevato di quanto non lo sia quello della Federazione Russa con altri Paesi suoi partner, a cominciare dal suo primo fornitore: la Germania. Con un espressione un po’ colorita si potrebbe azzardare che: la Federazione Russa ha bisogno dell’Italia quanto questa lo ha della Federazione Russa. Forse il rapporto più significativo, da citare a modello di partnership bilaterale, è quello stipulato tra la russa Gazprom e l’italiana Eni, per la costruzione e l’attivazione del metanodotto “South Stream” che dalla Russia porterà, attraverso il Mar Nero ed evitando di transitare sul suolo ucraino, il gas a tutta l’Europa centro-meridionale. Il terminale sarà in Italia.

Questa iniziativa russo-italiana in realtà non ha fatto la felicità di alcuni partner storici occidentali. In primo luogo degli Usa che vivono come un incubo la penetrazione economica russa nell’area dell’ovest Europa. Anche i tedeschi non l’hanno presa bene giacché, per ragioni strategiche proprie, punterebbero all’indebolimento dei partner europei più importanti a fini concorrenziali sul mercato interno. Non è un caso che gli stessi tedeschi abbiano lanciato un piano alternativo per un altro metanodotto che faccia lo stesso percorso, o quasi, del South Stream ma che termini a Vienna avendo servito tutta l’area balcanica. Il progetto l’hanno intitolato “Nabucco”.

Inoltre, molto attivi risultano i comparti produttivi dell’aero-spaziale, dell’aeronautica, e del trasporto ferroviario, oltre a quelli tradizionali del “made in Italy”: abbigliamento, pelletterie e accessori del vestiario. Ma lo sguardo del mercato è puntato sul segmento dell’elicotteristica. Dal 2012 è stata avviata la produzione del primo elicottero assemblato “ AW-139”, realizzato grazie a una joint-venture tra AOA “Elicotteri della Russia” e il gruppo “ Agusta Westland” di Finmeccanica. Il prodotto, sul quale molto si è scommesso, è destinato al mercato interno russo e a quello della Comunità degli Stati Indipendenti.

Il profilo economico-commerciale rappresenta la priorità nell’agenda dei lavori bilaterali. Tuttavia, è ipotizzabile che si voglia, e si possa, parlare anche di alcune questioni che attengono all’evoluzione del quadro geopolitico nello scacchiere mediterraneo-mediorientale, alla luce dei recenti avvenimenti. È auspicabile che la rappresentanza russa voglia verificare la disponibilità del governo italiano a sostenere la risoluzione di alcuni dossier, sulla scorta delle proposte formulate dalla sua diplomazia. D’altro canto non v’è dubbio che il Cremlino stia riprendendo quota sul fronte internazionale, dopo anni di seria difficoltà dovuta alla crisi economica interna.

La crescita di peso del gigante ex comunista è inversamente proporzionale al moto in caduta libera della politica estera dell’amministrazione Obama la quale, in pratica dall’inizio del primo mandato presidenziale, non ne imbrocca una. Peggio, la sua politica appare debole e confusa per un verso, e ondivaga e umorale per altro verso. La vicenda dell’improvvisa escalation dell’atteggiamento americano rispetto alla crisi siriana ne è un esempio lampante. In quella occasione, la mediazione russa si è dimostrata vincente perché basata sul buon senso. E il pericolo di una guerra allargata, per il momento, appare allontanato. Di recente, l’amministrazione Obama ha compiuto l’ennesimo passo falso.

Washington ha apertamente criticato la soluzione dell’intervento dei militari in Egitto, i quali si sono fatti carico di fermare la corsa del presidente Morsi all’islamizzazione del Paese. Il presidente americano ha deciso di sospendere, a titolo ritorsivo, gli aiuti finanziari e la fornitura di armamenti, entrambi indispensabili al nuovo governo di transizione per riportare l’Egitto fuori dalla crisi economica che ne minaccia la stabilità e, allo stesso tempo, la sicurezza. I vertici del Paese nordafricano non si sono lasciati intimidire. Forte della disponibilità dichiarata dalla monarchia Saudita a sostenere finanziariamente l’azione di risanamento dei conti pubblici, intrapresa dal nuovo governo di transizione, il premier Hazem Abdel Aziz Al Beblawi si è rivolto ai governanti russi per l’acquisto di materiale bellico. La fornitura sarebbe stata quantificata in circa quattro miliardi di dollari. Di questi una parte sarebbero coperti dai finanziamenti sauditi.

Il resto la Russia dovrà cederlo a credito. Si tratterebbe di dotare l’Egitto di sistemi di difesa antimissilistica, di aerei caccia tipo Sukhoi-Su e Mig nonché di elicotteri d’attacco, probabilmente quegli stessi che sono attualmente in coproduzione con l’Italia. Sul fronte navale la commessa riguarderebbe unità di piccola stazza per il pattugliamento costiero (corvette) dotate di sistemi di difesa antimissilistici. L’estrema disponibilità mostrata nel corso delle trattative dal ministro degli Esteri Russo, Serghej Lavrov, probabilmente nasconde finalità strategiche molto più rilevanti del semplice affare commerciale.

I russi, ad esempio, potrebbero voler incrementare la presenza della loro Marina da guerra nel Mediterraneo mediante l’allestimento di una base navale avanzata in aggiunta a quella storicamente operativa a Tarsus in Siria. Potrebbero i governanti egiziani sottrarsi a una richiesta di disponibilità logistica a fronte della tanta generosità mostrata dai russi nel momento del bisogno? Ma un evento del genere cambierebbe totalmente la geografia degli assetti strategici nell’intero quadrante Mediterraneo. Eppure gli americani sembrano non preoccuparsi della situazione visto il comportamento difficilmente comprensibile tenuto con le autorità egiziane.

Ma la Russia è attivamente impegnata alla soluzione di un altro dossier: quello relativo alla corsa dell’Iran a dotarsi di armi nucleari. L’ultimo vertice di Ginevra del gruppo di contatto dei 5+1, si è concluso in modo sorprendente. Il Dipartimento di Stato Usa avrebbe di fatto accettato una compromesso molto soft per l’Iran. La soluzione però ha fatto infuriare Israele rimarcando ancora una volta la divaricazione in atto tra l’Amministrazione Obama e il governo di Gerusalemme. In questa crepa ha provato a incunearsi il governo russo, particolarmente dinamico in queste ore. In pratica, Putin ha provato a convincere personalmente Netanyhau ad accettare una nuova soluzione intermedia, contenuta nel documento modificato. Un esito positivo della mediazione darebbe un altro indiscusso successo alla sua politica estera.

Per conseguire il risultato, il presidente russo è intenzionato a battere tutte le strade utili. Putin è oltremodo cosciente dei buoni rapporti che l’Italia è riuscita a mantenere con il regime degli ayatollah. È recentissimo l’incontro tra il ministro Bonino e il suo omologo iraniano Zarif. Non sarebbe da escludere l’ipotesi che lo stesso Putin chieda all’Italia di unirsi agli sforzi profusi per convincere gli iraniani ad accettare una soluzione negoziata sulla questione del nucleare che abbia il gradimento di Israele. Se ciò avvenisse, si restituirebbe all’Italia un ruolo che i partner occidentali si sono, con pervicace costanza, rifiutati di riconoscere. Ora, alla luce di questo scenario estremamente fluido, l’Italia potrebbe ritagliarsi un ruolo internazionale significativo.

È ovvio che il dinamismo di Putin ha un obiettivo principale da colpire. Si tratta di riequilibrare i rapporti di potere attualmente consolidati sia sul fronte mediorientale sia su quello europeo. Rispetto al Medioriente la partita ingaggiata dai russi di contrasto del colosso americano è ormai giocata alla luce del sole. Quella invece che riguarda l’Europa è meno evidente, si presenta più sotterranea giacché sono i principali Stati nord-europei nel mirino di Mosca. In particolare non piace la pressione esercitata da questi, con la Germania in testa, sui Paesi europei del blocco orientale, un tempo satelliti dell’Unione Sovietica. I tedeschi, in particolare, chiedono a questi Paesi di fare una scelta definitiva di campo a favore dell’area Ue e di conseguente presa di distanze dall’ex alleato russo. Questa almeno è l’argomentazione di Mosca.

Naturalmente le autorità di Bruxelles ribaltano l’accusa d’indebita interferenza alla stessa Russia. In tal senso, si è pronunciato il commissario Ue all’ampliamento e la politica europea di vicinato, il ceco Stefan Fule, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo del 11 settembre scorso. Nella prospettiva dell’allargamento del mercato europeo interno, i Paesi dell’oltrecortina hanno rappresentato per il capitalismo occidentale altrettanti nuovi mercati da espugnare. Per i russi, invece, gli stessi Stati, di cui alcuni oggi membri dell’Unione Europea, continuano a destare un interesse prevalentemente strategico. Quale potrebbe essere, invece, l’interesse dell’Italia in questa complicata partita?

In primo luogo, il nostro Esecutivo potrebbe spendersi per evitare che la Germania, da un lato, spinga la Ue in una sorta di “guerra economica” contro la Federazione Russa mentre, dall’altro si predispone a consolidare in proprio i rapporti di partenariato privilegiato con Mosca. Inoltre, si fa un gran cianciare da molte parti dell’insopportabile egemonia che proprio la Germania eserciterebbe su tutti i Paesi dell’ “area euro” a esclusivo beneficio dei suoi interessi particolari. S’invocano scelte che mirino a ridurre l’influenza germanica sulle politiche economiche e finanziarie di Bruxelles. Naturalmente senza successo alcuno. All’interno di una comunità di Stati sovrani ciò che fa la differenza, stabilendo inevitabili gerarchie, è, in primo luogo, il peso economico produttivo che ogni singola realtà statuale può mostrare di possedere.

Comanda chi è più forte. È la regola. Gli altri hanno tre possibilità per rovesciare lo “status quo”. La prima: possono chiamarsi fuori e cambiare strada. Si tratterebbe però di prendere qualche rischio per cui occorrerebbe una certa dose di coraggio di cui francamente non se ne vede traccia in giro. La seconda: possono unirsi e fare fronte comune contro il più forte nella speranza di condizionarne le mosse. Questa strada però in Europa appare poco percorribile giacché difficilmente i Paesi membri si prestano a fare blocco, rinunciando a giocare la partita in proprio. La terza possibilità starebbe nell’allargare il campo di gioco ad altri competitor.

Nel caso specifico potrebbe essere la carta vincente quella di cercare di portare il gigante russo ancor più all’interno delle dinamiche, sia economiche sia strategiche, tanto della zona europea quanto, più in generale, della sfera d’interessi dell’Occidente sviluppato. In questa prospettiva l’Italia potrebbe avere un ruolo decisivo. Dovrebbero, i nostri odierni governanti, avere il coraggio e l’umiltà di riscoprire lo “spirito di Pratica di Mare”, unica grande intuizione di politica estera attribuibile al nostro Paese almeno negli ultimi vent’anni. Dunque, questa è la posta in gioco che le parti si troveranno sul tavolo, il prossimo 26 novembre. Putin è un intelocutore forte e intende dimostrarlo anche mettendo in conto un gesto simbolico di estremo impatto politico.

Fonti diplomatiche di Mosca non escludono che, nel corso della giornata romana ufficiale, il Premier russo possa recarsi in visita dal nostro ex presidente del Consiglio, Berlusconi, proprio il giorno prima che un Senato popolato da parvenu della politica si appresta a votarne l’espulsione. Non sembra anche a voi che con un simile gesto Putin voglia dire qualcosa a un po’ di personaggi nostrani? Lo comprenderanno i tre principali destinatari del messaggio, parlo del trio Napolitano-Letta-Alfano, o se la caveranno facendo la parte dei “Tre Gesù di Ypsilanti”? Direte: ma quella era una roba da matti, follie da ospedale psichiatrico. E perché, quella a cui stiamo assistendo sulla pelle di uno statista del nostro tempo storico cos’è? È roba normale?


di Cristofaro Sola