L’aspetto positivo dell’Usa debole

martedì 19 novembre 2013


Che il governo socialista francese di François Hollande abbia bloccato un cattivo accordo con Teheran, emergendo come l’eroe dei negoziati di Ginevra, per certi versi è una grossa sorpresa. Ma è anche una logica conseguenza della passività dell’amministrazione Obama. La politica estera americana è senza precedenti e in caduta libera, con una Casa Bianca inetta e distratta che presta a malapena attenzione al mondo esterno, e quando lo fa, si comporta in modo incoerente, debole e bizzarro.

Se ciò dovesse tradursi in qualcosa di così formidabile come la dottrina Obama, potrebbe suonare in questo modo: “Trattare male gli amici, coccolare gli avversari, sottovalutare gli interessi americani, ottenere il consenso e agire in maniera imprevedibile”. Unendomi al coro delle critiche anch’io disapprovo questa situazione. Ma l’azione francese dimostra che essa ha un lato positivo. Dalla Seconda guerra mondiale fino all’entrata in scena di Obama, il governo Usa ha sempre seguito lo schema di assumere la leadership negli affari internazionali per poi essere criticato per questo. Tre esempi. In Vietnam, gli americani sentirono il bisogno di convincere i sud-vietnamiti loro alleati ad opporre resistenza al Vietnam del Nord e ai vietcong.

Durante gran parte della guerra fredda, essi esercitarono delle pressioni sugli alleati dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (Nato) affinché resistessero alle pressioni sovietiche. Durante gli anni Novanta, gli americani esortarono i Paesi mediorientali a contenere e a punire Saddam Hussein. In tutti e tre i casi, gli americani sono intervenuti di loro iniziativa per poi pregare con insistenza gli alleati di lavorare insieme contro un nemico comune, un modello del tutto illogico. I deboli vietnamiti, europei e arabi avrebbero dovuto temere i loro vicini di Hanoi, Mosca e Baghdad più dei lontani e forti americani.

Gli abitanti del posto avrebbero dovuto pregare gli americani di proteggerli. Perché non è stato sempre così? Perché il governo Usa, convinto della sua visione superiore e della sua maggiore moralità, ha ripetuto lo stesso errore: vedendo gli alleati come ostacoli lenti e confusi e non come partner a pieno titolo, li ha ignorati, assumendosi le principali responsabilità. Con rare eccezioni (Israele e la Francia in misura minore), l’adulto americano ha trattato sconsideratamente in modo infantile gli alleati più piccoli. Ciò ha avuto la nefasta conseguenza di far sì che quegli alleati pensassero di essere inadeguati. Percependo che le loro azioni non erano importanti, si sono lasciati andare all’immaturità politica. Non essendo responsabili del proprio destino, si sono sentiti liberi di indulgere in un antiamericanismo e in altri comportamenti disfunzionali, come la corruzione in Vietnam, la passività in seno alla Nato e l’avidità in Medio Oriente.

Mogens Glistrup, un politico danese, comprese questo problema, proponendo nel 1972 che i danesi risparmiassero sulle tasse e sulle loro vite grazie all’abolizione dell’esercito da sostituire con una segreteria telefonica installata nel ministero della Difesa e con un solo messaggio registrato in russo: “Noi capitoliamo!”. L’approccio di Barack Obama fa sì che gli Stati Uniti abbandonino il loro abitudinario ruolo da adulto e si uniscano ai bambini. Reagendo alle crisi caso per caso e scegliendo di agire previa consultazione con altri governi, egli preferisce “capitanare da dietro” ed essere solo uno del gruppo, come se fosse il primo ministro del Belgio piuttosto che il presidente degli Stati Uniti. Paradossalmente, questa debolezza ha l’effetto salutare di mollare un sonoro ceffone agli alleati e di fargli prendere coscienza del fatto che Washington li ha coccolati per troppo tempo.

Alleati invidiosi e critici come il Canada, l’Arabia Saudita e il Giappone si rendono conto di non poter attaccare lo zio Sam, certi che lui li salverà da loro stessi. Essi ora vedono che le loro azioni contano, e ciò costituisce una nuova esperienza che fa riflettere. Ad esempio, i leader turchi stanno cercando di spingere l’amministrazione ad intervenire nella guerra civile siriana. Così l’inettitudine di Obama potrebbe trasformare i partner riluttanti ed egocentrici in attori più seri e maturi. Allo stesso tempo, la sua incompetenza fa presagire un cambiamento di reputazione da parte degli Stati Uniti, che da tata autoritaria diventeranno un collega molto apprezzato, riducendo così la collera diretta contro gli americani.

Naturalmente, una politica estera debole presenta il pericolo di una catastrofe (ad esempio, facilitare un breakout nucleare o non dissuadere un atto di aggressione da parte della Cina che porterebbe alla guerra), pertanto, l’aspetto positivo è proprio questo: una piccola consolazione per una nuvola grigia molto più grande. Ma non è l’opzione preferibile. Tuttavia, se fossero soddisfatte due condizioni – nessun disastro durante la presidenza Obama e un successore che riaffermi la forza e la volontà americana – gli americani e i loro alleati forse guarderanno a questo periodo come qualcosa di necessario che ha lasciato un retaggio positivo.

(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Daniel Pipes