Cipro si unisce al Medio Oriente

martedì 12 novembre 2013


La Repubblica di Cipro è entrata nel vortice della regione più instabile al mondo grazie ai nuovi ritrovamenti di riserve di gas e petrolio, a una bizzarra politica estera turca e a una guerra civile in Siria. Anche se i leader di questa isola del Mediterraneo mostrano una certa abilità nell’affrontare queste nuove minacce e opportunità, essi hanno però bisogno di sostegno da parte di una forte Marina statunitense, qualcosa che al momento non è possibile.

La scoperta di giacimenti sottomarini ciprioti di gas e petrolio segue di poco altri ritrovamenti avvenuti nelle acque territoriali israeliane, non lontani da lì ed effettuati dalla stessa compagnia statunitense Noble e dai suoi partner israeliani Delek e Avner. La stima attuale è di 5 trilioni di metri cubi di gas; quanto al petrolio, il valore stimato è di 800 miliardi di dollari, una somma enorme per un piccolo paese il cui PIL attuale è di 24 miliardi di dollari.

La maggior parte di questa energia sarà probabilmente esportata in Turchia o in Europa. Un gasdotto che trasporti il gas in Turchia sarebbe un progetto più economico e più facile da realizzare, ma finché le truppe turche continueranno a occupare il 36 per cento di Cipro, questo non accadrà. Una recente decisione della Corte Suprema israeliana di permettere al governo israeliano di decidere quali quantità di energia esportare ora offre altre possibilità: Cipro potrebbe scambiare gas con Israele, gas che andrà poi in Turchia, oppure le due alleate potrebbero costruire a Cipro un terminale per la liquefazione del gas naturale.

Se l’Egitto, Gaza, il Libano e la Siria dovessero finire per trovare giacimenti gassiferi e unirsi al mondo moderno, anche loro potrebbero partecipare, trasformando l’area compresa tra l’Egitto e Cipro in una risorsa veramente importante; secondo l’US Geological Survey, il bacino del delta del Nilo e quello levantino insieme contengono circa 345 trilioni di metri cubi di gas naturale e l’equivalente di 3,4 miliardi di barili di petrolio.

Questi nuovi giacimenti possono aiutare a risolvere o infiammare il problema cipriota. Il governo di Cipro nel 2003 delimitò saggiamente i suoi confini marittimi con l’Egitto, lo stesso fece nel 2007 con il Libano, e nel 2010 con Israele. Nicosia ha raggiunto degli accordi per lo sfruttamento di nuovi giacimenti con la compagnia petrolifera francese Total, con l’italiana Eni e con la sudcoreana Kogas. Ma su questo tesoro incombe la Turchia che è affamata di energia. Ankara vuole che il suo Stato fantoccio di Cipro del Nord riceva una parte dei proventi delle nuove risorse, mentre l’invasione turca dell’isola del 1974 solleva timori che il suo eccentrico e furbo premier, Recep Tayyip Erdogan, possa invadere il territorio della repubblica. Erdogan e il ministro degli Esteri Ahmet Davutoĝlu hanno perseguito una politica estera ambiziosa il cui slogan era “Zero problemi con i vicini” che, paradossalmente, ha invece portato a “zero amici”.

Rapporti tesi con la Georgia, l’Armenia, l’Azerbaijan, l’Iran, l’Iraq, la Siria, Israele, l’Autorità palestinese, l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Serbia lasciano presagire un ritorno di Ankara a vecchie abitudini e che essa si scagli contro Cipro e la Grecia. In entrambi i casi, ad esempio, si potrebbero incoraggiare dirompenti flussi di profughi. Ed è qui che entra in gioco la brutale guerra civile in corso in Siria a soli 70 miglia (110 km) di distanza. Finora, Cipro non ha risentito molto di questo conflitto, ma la sua vicinanza geografica, le sue minime capacità di difesa e la sua adesione all’Unione europea (il che significa che un immigrato illegale che arriva a Cipro può raggiungere facilmente la Germania o la Francia) la rendono assai vulnerabile. I 2,2 milioni di profughi siriani in fuga dal 2011 hanno finora evitato Cipro preferendo piuttosto andare (in ordine decrescente) in Libano, Giordania, Turchia, Egitto e in Iraq.

La situazione però potrebbe però rapidamente cambiare se gli alawiti che vivono più vicino a Cipro prendessero in gran numero il mare. Oppure, se Ankara incoraggiasse i siriani a emigrare a Cipro Nord per poi sgattaiolare attraverso il confine nella Repubblica di Cipro. Diversamente dal vicino Israele, anch’esso circondato, Cipro non ha un’opzione militare né dispone di barriere di protezione: il personale delle forze armate turche, pressappoco 700.000 unità, si avvicina al numero di abitanti della Repubblica di Cipro che è di circa 850.000 persone. In altre parole, la popolazione turca è quasi cento volte più numerosa di quella cipriota. Nicosia, però, può creare alleanze, soprattutto con Israele, per rafforzare la propria sicurezza. Israele, a sua volta, ci guadagnerebbe dall’utilizzo del gas come merce di scambio, dalla profondità strategica per le sue forze aeree e dal fatto di avere un amico diplomatico.

Come mi ha detto un collaboratore del presidente del presidente cipriota Nicos Anastasiades: “Noi siamo l’ambasciatore di Israele nell’Unione europea”. Fin qui tutto bene. Ma la Marina statunitense ha perso potere nel Mediterraneo al punto che Seth Cropsey, un ex ufficiale della Marina Usa, asserisce che la Sesta Flotta si è ridotta ad avere una nave ammiraglia di stanza in Italia e qualche cacciatorpediniere lanciamissili con base in Spagna. Questa forza navale ha urgente bisogno di essere rivitalizzata per sostenere gli alleati Usa nel Levante mentre le tensioni aumentano ulteriormente nella vicina regione.

(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Daniel Pipes