L’Ue crede a Rouhani Israele è isolato

giovedì 3 ottobre 2013


C’era da attenderselo. L’Unione Europea, per bocca dei suoi diplomatici, propone di alleggerire le sanzioni all’Iran e di permettere al regime di Teheran di completare pure il suo programma di arricchimento dell’uranio. Si parla di produrre materiale utile (uranio arricchito) per la costruzione di bombe atomiche. Quasi un decennio di braccio di ferro contro il programma atomico devono portare a questo appeasement? In Iran non è cambiato nulla, nemmeno con l’elezione del nuovo presidente Rouhani.

Resta la preoccupazione per l’ostilità contro Israele, che l’attuale capo di governo di Teheran definisce “una ferita da mendare”. Resta la sua intenzione di portare avanti il programma atomico, arricchimento dell’uranio compreso. Eppure… “Io credo che se l’Iran dimostra che quel che sta facendo è pacifico – dichiara il ministro degli Esteri lituano (la Lituania è presidente di turno dell’Ue) Linas Linkevicius – lo possa continuare a fare”. Si riferisce al programma nucleare ovviamente. Dunque, c’è da pensare che, nei prossimi negoziati, lo stop all’arricchimento dell’uranio non sia più una condizione richiesta dalle democrazie occidentali.

C’è molta cautela pubblica per dichiarare questa svolta. Ma le dichiarazioni di Linkevicius e fonti diplomatiche lo confermano: l’Ue porrà meno vincoli, accetterà che l’Iran porti a termine un programma “limitato” e conceda più spazio alle ispezioni dell’Onu. Quel che è cambiato, in Iran, è solo l’atteggiamento. Ahmadinejad, con la sua retorica incendiaria, faceva paura a tutti. Rouhani, con i suoi modi garbati, dà speranza. Ma è possibile che ai governi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti basti un semplice cambiamento di immagine? Evidentemente sì. Ma anche perché (a questo punto è lecito ipotizzarlo) non sono mai stati convinti della necessità di prevenire l’atomica iraniana.

In primo luogo, l’opzione militare è sempre stata sventolata sulla carta, ma mai presa in considerazione nella pratica. Quando non hai la possibilità o la volontà di usare la forza per far rispettare i patti, tanto vale dar ragione alla controparte. È una regola antica quanto la stessa diplomazia. Nel lunghissimo braccio di ferro con l’Iran, c’era solo una nazione disponibile a usare la forza, alla mala parata: Israele. Ma questa nazione non ha mai avuto, né ha tuttora, i mezzi necessari per lanciare, da sola, un eventuale attacco preventivo.

Sia George W. Bush che Barack Obama non hanno mai dato “luce verde” a Israele per un attacco. Né si sono mai dichiarati disponibili a sostenerlo. Senza la minaccia concreta della forza (che nessuno ha mai voluto usare) non c’è alcuna possibilità di esercitare un’azione diplomatica determinata. Non a caso, l’Iran è stato rallentato nel suo programma nucleare, con sanzioni e sabotaggi più o meno dichiarati, ma mai fermato. Oggi appare a un passo dalla sua prima bomba atomica. Se l’Ue e, tutto sommato, anche gli stessi Usa, non avevano intenzione di fermare l’Iran, allora perché hanno condotto un braccio di ferro quasi decennale? Perché, evidentemente, non avevano altra scelta.

Un Ahmadinejad che negava l’Olocausto e parlava esplicitamente di distruzione di Israele, non poteva rimanere impunito. Ma basta un Rouhani per far emergere le vere intenzioni: lasciare libero l’Iran di completare il suo programma nucleare. Poi sarà quel che sarà. Netanyahu, che agli occhi dell’opinione pubblica occidentale appare come un “falco”, dunque screditato, è ormai l’unico che avverte che il nuovo presidente è “un lupo travestito da agnello”. Il premier israeliano, all’Onu, ha ricordato che sin dalla rivoluzione islamica del 1979, in Iran, “i presidenti si sono alternati. Alcuni di essi erano considerati moderati, altri falchi.

 Ma tutti hanno servito lo stesso regime, lo stesso credo estremista. Il presidente Rouhani, come tutti i presidenti arrivati al governo prima di lui, è un fedele servitore del suo regime”. Considerando che, agli occhi del regime iraniano e della sua dottrina religiosa, Israele è e resta il “piccolo Satana”, Netanyahu si dice pronto a difendersi, anche con la forza, anche da solo se necessario. Difficile che lo possa fare, senza il sostegno internazionale. Ma almeno ci proverà.


di Stefano Magni