“Contro la crisi vince il made in Italy”

martedì 24 settembre 2013


Pensateci un attimo. Avete mai visto un film o una fiction americani in cui se si cita con ammirazione un capo di abbigliamento, sia esso maschile o femminile, questo non sia italiano? Non lo troverete. Nell’immaginario collettivo americano, non c’è abbinamento più di classe, di qualità e del quale andare fieri, di quello che unisce il settore della moda e dell’abbigliamento con il nostro Paese. E’ il capofila del Made in Italy, storicamente. L’Italia continua ad eccellere nel settore della moda. Mettendo insieme l’attitudine creativa con l’abitudine a lavorare e innovare rispettando la tradizione, un tessuto connettivo composto da moltissimi artigiani che affiancano alcuni nomi che si stanno affermando con merito e altri storici brand conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, la moda italiana rappresenta qualcosa di cui ognuno di noi può andare fiero. Gli Stati Uniti lo sanno e la adorano da tanto, e ciò nonostante costituiscono ancora un mercato molto fertile. Ne parliamo con il nuovo Presidente di Sistema Moda Italia, una delle più grandi organizzazioni mondiali di rappresentanza degli industriali del tessile e moda: Claudio Marenzi è un giovane e dinamico imprenditore del settore, nominato all’unanimità Presidente di SMI dopo essere stato designato a tale incarico da un’apposita Commissione, a seguito di un ampio confronto condotto con le realtà territoriali.

La moda è uno degli elementi più importanti del Made in Italy. Non c’è dubbio che noi italiani abbiamo nel nostro dna l’eleganza, l’innovazione e il genio creativo che serve per eccellere in questo settore. A suo avviso qual è il segreto per questo primato? Ci racconta brevemente la storia della moda italiana e perché è vincente?

 Alle spalle c’è sicuramente la millenaria storia culturale e artistica che fa dell’Italia un unicuum a livello mondiale che ha contaminato e contribuito allo sviluppo di un tessuto artigianale inimitabile e, in tempi, più recenti dell’industria del tessile abbigliamento. Tutto questo si concretizza nell’incessante innovazione che caratterizza tutti i comparti della filiera che è alla base del successo del prodotto finale ‘made in Italy’. Le piccole e piccolissime dimensioni delle aziende della filiera sono spesso viste come un fattore di debolezza ma, al contempo, spiegano la straordinaria ricchezza delle proposte che emergono a partire dalla filatura, dalla tessitura, dalla nobilitazione fino alla confezione. La moda italiana ha successo nel mondo perché racchiude l’essenza di una condizione di vita orientata al bello che in tutto il mondo ci viene invidiata.

Qual è lo stato del sistema moda Italia oggi, dopo anni di durissima crisi? Ci può dare qualche cifra a descrizione del vostro settore?

La lunghissima crisi che ha caratterizzato gli ultimi 5 anni, di cui si comincia a vedere qualche timido segnale di inversione di tendenza, ha duramente colpito la filiera del tessil-abbigliamento-moda. In questi anni circa diecimila aziende hanno cessato la loro attività e complessivamente si sono persi più di 60.000 posti di lavoro. Il fatturato complessivo tuttavia, grazie soprattutto all’export, non è mai sceso sotto i 51 miliardi di euro e il saldo della bilancia commerciale del settore ha continuato ad essere positivo. Nel 2012, ad esempio, è stato pari a oltre 8,7 miliardi di euro e in crescita rispetto all’anno precedente.

 Sappiamo che negli Stati Uniti chi vuole distinguersi per eleganza, qualità e gusto, sceglie di vestire italiano. Quando è iniziata questa magnifica “invasione” italiana nel mercato americano? C’è stato un pioniere che può intestarsi questo primato, o è stato un movimento spontaneo che ha trovato nel mercato americano il suo sbocco naturale?

 L’invasione, come dice lei, ha probabilmente le sue radici con le grandi migrazioni di fine Ottocento e del Novecento verso gli Stati Uniti. Tra i tanti emigranti c’erano anche molti sarti che hanno sicuramente contribuito a diffondere una cultura del bello e ben fatto, soprattutto nel campo dell’abbigliamento maschile. Verso di loro nella prima metà del secolo scorso, si indirizzarono alcuni importanti produttori di tessuti di qualità che affermarono il valore di alcuni marchi. Marchi che poi sono diventati leader anche nell’abbigliamento. Nel secondo dopoguerra ci fu il successo dell’abbigliamento femminile grazie anche ad alcune straordinarie testimonial americane, in prima luogo Jacqueline Kennedy, innamorate delle creazioni di stiliste e stilisti italiani allora emergenti. Il boom della moda, maschile e femminile, degli anni ’80, una moderna invasione che ha avuto come apripista il genio creativo e imprenditoriale di Giorgio Armani e di Gianni Versace, ha poi fatto il resto.

Parliamo del presente della moda italiana negli USA. Come sta andando? Anche qui, ci può dare qualche numero?

Il mercato Usa negli ultimi anni ha subito un significativo rallentamento. Già nella seconda parte dei 2012, tuttavia, si era registrata una positiva inversione di tendenza, che è proseguita nel 2013. Nel 2012 il totale del valore delle nostre esportazioni di prodotti tessili e di abbigliamento ha superato 1,6 miliardi di euro, in crescita del 15,1% sull’anno precedente. L’export di abbigliamento è stato di 1,3 miliardi di euro, pari all’80% del totale. Tra i prodotti che hanno evidenziato le dinamiche più positive si segnalano il vestiario esterno sia maschile (+19,0%) sia femminile (+5,9%), la maglieria esterna (maschile e femminile). Crescita anche per la camiceria: quella femminile mostra un trend del +20,8% mentre quella maschile del +7,1%.

C’è spazio per crescere ancora? Se lei dovesse fare una previsione circa l’export del sistema moda italiano negli Stati Uniti, su cosa e dove punterebbe?

Assolutamente sì, tenendo conto che degli Usa siamo solo l’undicesimo Paese fornitore di prodotti del Tessile-Moda. Abbiamo, dunque, grandi margini di crescita. Dobbiamo solo conoscere di più e meglio ciò che vogliono i consumatori americani e attrezzarci di conseguenza non tanto sulla qualità del prodotto, quanto nelle attività di marketing, comunicazione e nella logistica. Su marketing e comunicazione, sia quando ci presentiamo come sistema, sia come singole aziende, abbiamo molto da imparare e soprattutto da migliorare. Ma, soprattutto, abbiamo bisogno di un maggior impegno nei servizi logistici per abbattere i tempi di attraversamento merci e soddisfare meglio le esigenze del mercato americano estremamente sensibile a tale argomento. A tal fine si potrebbero studiare forme di cooperazione tra aziende coordinate da Sistema Moda Italia.


di Umberto Mucci