“Sorpresa”, Al Qaeda è ancora viva

martedì 24 settembre 2013


Tre stragi in meno di una settimana. La prima non ha fatto notizia, è avvenuta in Nigeria: un villaggio di cristiani è stato attaccato dalle milizie di Boko Haram (legate ad Al Qaeda) e completamente devastato. I morti sono almeno 140, ma il bilancio potrebbe essere molto più grave. La seconda strage ha fatto molto più notizia, perché c’erano tanti occidentali fra le vittime: l’attacco del centro commerciale Westgate (di proprietà israeliana) a Nairobi, Kenya. Anche in questo caso i terroristi erano appartenenti a una milizia legata ad Al Qaeda, gli Shebaab, le milizie fondamentaliste islamiche somale.

Il bilancio è meno grave rispetto al massacro nigeriano (68 morti, secondo un bilancio ancora provvisorio), ma la strage ha lasciato il mondo sotto shock. Non solo per la visibilità internazionale dell’obiettivo (un luogo frequentato da turisti di tutto il mondo), ma anche per le modalità brutalmente razziste con cui i terroristi hanno agito. Come in altri casi del passato recente, i qaedisti hanno selezionato accuratamente le loro vittime in base alla loro appartenenza religiosa. I kenioti e gli stranieri musulmani sono stati risparmiati, gli altri sono stati assassinati a freddo, come in una replica su scala ridotta di un genocidio.

Nella rivendicazione lanciata dagli Shebaab su Internet, gli autori della strage vantano questa modalità di assassinio di massa su basi religiose, affermando che i musulmani siano stati risparmiati, mentre gli infedeli sono stati implacabilmente eliminati. Proprio mentre i terroristi somali compivano la loro strage, a migliaia di chilometri di distanza, a Peshawar, nel Pakistan settentrionale, due terroristi suicidi irrompevano in una chiesa, nel pieno di una messa, per assassinare quanti più cristiani potevano. Ne hanno uccisi 60, secondo un bilancio ancora provvisorio, compiendo la peggiore strage di cristiani in Pakistan degli ultimi tempi. Anche qui, il mandante ed esecutore dell’attentato è una milizia di Talebani pakistani alleati di Al Qaeda.

L’ideologo e leader qaedista, Ayman Al Zawahiri lo aveva detto in modo molto esplicito: avrebbe colpito al cuore gli interessi occidentali. Questi attentati si svolgono lontani dal cuore dell’Occidente e sembrerebbero più un antefatto, un preludio a qualcosa di più grande. La stessa Al Qaeda, quando a comandarla c’era ancora Bin Laden, colpì gli occidentali in Kenya e Tanzania tre anni prima di sferrare l’attacco a New York e Washington. La tentazione, allora come oggi, è sempre quella di considerare ogni fatto di sangue come un caso a sé. Ogni milizia ha i suoi differenti obiettivi politici. Ogni Paese ha problemi locali. La Nigeria non è il Kenya, il Kenya non è il Pakistan. Però Al Qaeda è sempre Al Qaeda e i suoi obiettivi non sono locali, ma universali.

Quando combatte in Siria, non mira a Damasco, ma a Gerusalemme e all’Europa. Quando crea dei suoi piccoli stati islamici in Africa, non lo fa pensando alla Somalia o al Kenya, ma puntando piuttosto a creare una base d’azione contro l’Occidente, Israele e i regimi arabi “apostati”. Il triplice massacro in Africa e Asia ha risvegliato l’opinione pubblica su Al Qaeda. Nel suo piccolo commento pubblicato domenica su La Stampa, Domenico Quirico, appena liberato dalla sua lunga prigionia in Siria, ricorda ai suoi lettori che è in corso una guerra fra Occidente e un Islam fondamentalista totalitario.

C’è da chiedersi come questa realtà, già palese negli anni ’90, sia stata dimenticata. Le risposte a questa domanda sono molteplici e tutte radicate nelle mode culturali occidentali dell’ultimo decennio. La prima è la rimozione o negazione dell’11 settembre. La teoria cospirativa secondo cui l’attacco a New York e Washington fu un’operazione segreta della Cia, un auto-attentato, è ormai talmente diffusa che Al Qaeda è uscita dal quadro.

La forte opposizione alla guerra contro Saddam Hussein è stata talmente diffusa, radicata e rafforzata ulteriormente da tonnellate di contro-informazione (“mai esistita Al Qaeda in Iraq”, “mai esistite le armi chimiche”, “Al Qaeda è un falso pericolo creato dagli americani”), da far credere che la rete di Bin Laden fosse una mezza invenzione della Cia. Quando lo stesso sceicco del terrore è stato ucciso ad Abbottabad, non sono pochi gli organi di informazione che hanno messo in dubbio o non hanno creduto alla notizia. In alcuni casi, affermati giornalisti di sinistra hanno anche negato l’esistenza in vita di Bin Laden, o hanno ipotizzato la sua filiazione alla Cia. La Primavera araba ha creato ulteriore confusione nell’informazione.

Ribelli islamici radicali, talvolta legati ad Al Qaeda, che combattono contro i dittatori locali e “per la democrazia”, hanno ottenuto l’appoggio militare (in Libia) e politico (in Siria) delle democrazie occidentali. Creando la falsa impressione che la rete del terrore possa anche essere un alleato, in alcune circostanze. Obama, con la sua politica di sostegno alle Primavere arabe e la sua volontà (finora insoddisfatta) di intervenire in Siria, è solo l’ultima tappa di un percorso di rimozione politica e culturale del pericolo di Al Qaeda. Tre stragi lontane sono un primo segnale di sveglia.


di Stefano Magni